Linea d'ombra - anno IX - n. 65 - novembre 1991

IL CONTESTO dello spettatore - il flusso o il gioco della trasmissione. Se fossi stato io conduttore, io non gli avrei dato soltanto due minuti; e non per via di quell'opportunistico vezzo di dimostrarsi democratici dando spazio alle opinioni e agli interessi contrari, ma perché veramente quell'onorevole era capace (e appena in due minuti è stato lo stesso in grado) di farci indovinare lo spessore, la mentalità, la.storia di chi ci rappresenta inParlamento. Né si tratta di alimentare la sorpresa o lo scandalo: un deputato con quelle incertezze grammaticali, con quella cortigianeria, con quel vuoto, con quella arroganza... aggiunge inaspettati elementi e perfeziona la conoscenza di una reale e concreta classe politica che ci ostiniamo a immaginare diversamente. Noi conosciamo i leaders, i rappresentai:iti della grande politica, oppure le piccole figure degli assessori locali, ma c'è una grande area intermedia, che ri'on incontriamo né supponiamo mai. Davvero se avessi dovuto, come autore di fiction, raffigurare un deputato italiano, non mi sarebbe mai venuto in mente un personaggio così. LamaggioranzQvergognosa Piergiorgio Giacchè · Una cosa è certa: non basta accendere le lampadine di tutta Italia per "fare luce". E probabilmente non basta.fare luce per ottenere una qualche utilità o una qualche conoscenza in più contro la mafia e la criminalità organizzata. Ma non è agire o sapere quello che conta per davvero. È contarsi, semmai, la prima e l'ultima ambizione del telespettatore: per una volta contarsi davvero attraverso l'applausometro dell'Enel, invece di essere contato (o appena calcolato) dall' Auditel; oppure di essere addirittura dato per scontato dalla enorme macchina della stampa e propaganda, che fa notizia, commento, valutazione ormai tutta da sola, rivelando un distacco dalla cosiddetta società civile, che i partiti se lo sognano. Quello che non stupisce più, ma fa scandalo ancora, è questa sorta di cortocircuito tumorale, che la macchina massmediologica ogni volta ripropone avvitandosi su di sé, specchiando sempre se stessa, rivelandosi sempre più impotente a trasmettere altro da sé, traducendo l'antica definizione sociologica del "mezzo di comunicaiione di massa" in un risultato càpovolto e deforme: il "mezzo" è il televisore elettrodomestico che si accende - come una lampadina - in tutte le case, mentre la "massa" è il sovrabbondante, straripante messaggio di se stessa, dei suoi personaggi, dei suoi giochi, della sua vita quotidiana, che si sovrappone, ignorante, alle persone e alla loro vita sociale e civile. Nemmeno le buone intenzioni di una manifestazione, nemmeno il trucco di ·trasmettere da dentro un teatro, davanti a un pubblico vivo, riesce a funzionare come avvenimento reale ripreso in diretta, ma come (lo spiega Rulli in queste pagine) una sorta di celebrazione ''dal vivo" di un evento televisivo. Lo si può constatare sia prima, che durante, che dopo: "minuto per minuto", la partita è sempre l'evento televisivo. È la storia-,la vita della trasmissione quello che si mette davvero in mostra (mentre di mafia o di altro si parla), ·quello che la stampa "fedelmente" registra e· commenta. Nel caso "Samarcanda/ Maurizio Costanzo Show", prima si è fattOrumore su quello che era l'avvenimento televisivo dell'anno, non importa se per celebrare la Pax tra le due Emittenze o per riprovare la confusione dei Marchi di due libere e contrapposte Aziende; durante, non ci si è potuti trattenere dal sottolineare la tecnica e i tempi della staffetta, privilegiando l'avvenimento del passaggio del testimone più della sostanza e della novità effettiva delle testimonianze; dopo, subito dopo e fino .all'oggi inoltrato, i diverbi sulle censure a posteriori o i rimproveri degli errori, le beghe tra Santoro e Ferrara per scoprire chi è il più moderato(Re), le compensazioni di Costanzo che dedica un'intera trasmissione al ministro Scotti, e ancoragli infiniti tradizionali strascichi che, molto di più dell' Auditel, fanno la fortuna di una trasmissione. E la mafia? E la criminalità? In fondo la si conosce sempre meno. "La mafia non esiste", davanti allo strapotere e allo stravedere della Tv; o almeno si fa strada l'idea che esiste, contro la mafia, soltanto l'arma della televisione; o in ultimo ci si convince che sia sufficiente un atteggiamento del tutto simile alla "omertà", cioè il tacito convincimento e di onorata indignazione del teleutente-che è peraltro sempre più distante e intoccato dai pur lunghissimi tentacoli della Piovra. Un atteggiamento sufficiente, ma non soddisfacente, visto che una manifestazione di milioni di telespettatori non smuove niente o nessuno sulla questione criminale, mentre attiva numerosi interventi e interessi sulla questione televisiva. Con ciò non si potrebbe dire nulla contro la televisione, che è l'unica a fare la sua parte, se appunto questa parte non fosse eccessiva e, in ultimo depressiva. Dopo essere stati mobilitati via etere, coinvolti in una mega-assemblea, impegnati a stabilire un contatto (via enel o via sip, la televisione sta da tempo dimostrando come democraticamente si spezza la dittatoriale "unidirezionalità" del mezzo!), stimolati e rico oscenti nella parte sana e settentrionale della nazione, cosa davvero si può fare di più? E, ahimé, come si può sperare che sia ancora utile un impegno politico "terreno", un volontariato sociale più umile, delle relazioni e delle corioscenze più dirette ma circoscritte, se la Grande Manifestazione Televisiva non basta nemmen9 lei a cambiare le cose? E così può darsi che l'Italia silenziosa, ancorché passata da Maggioranza a Totalità, resa quasi visibile e alto-parlante dalla tv che ormai la rappresenta (e, a forza di ospiti, interviste, giochi e premi ... quasi la incarna), mentre festeggia la compatezza e la completezza delfronte antimafia, deve accontentarsi del Consenso, ma comincia a non crederci più. "Coraggio, il consenso è un· attimo. Fa meno male di una puntura. Non vi costa nemmeno, ma Disegno di Cork.

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