Cosenostre Nicola Tranfaglia Una filosofia otto-novecentesca, ché è andata a lungo di moda, invitava i suoi seguaci (ed erano tanti) a ritenere che fosse razionale tutto il reale (e viceversa) ma credo che oggi si troverebbe in difficoltà ad applicare il precetto alla politica italiana. L'assurdo e il paradosso sembrano, infatti, dominare le cose più importanti e decisive nel nostro paese, anche se non è detto che qualche nascosta "razionalità" possa esserci, almeno nelle intenzioni. Le ultime polemiche su "Samarcanda" e sul "Maurizio Costanzo Show" sono lì a dimostrarlo. Siamo in una situazione di grande confusione a proposito della lotta alla mafia, il ministro Scotti si affanna ad annunciare o a promettere provvedimenti di polizia-che non fermano la carneficina costante e il suo collega della Giustizia Martelli vorrebbe farci credere che asservendo i giudici al potere esecutivo la giustizia italiana sarebbe più efficace contro Cosa Nostra. Un grande polverone, insomma, per creare nell'opinione pubblica la sensazione che il governo si sta muovendo (le elezioni sono vicine e i partiti sono già sul piede di guerra) ma nessuna seria · strategia politica e culturale bensì soltanto la ripetizione di un copione logoro e inutile: l'illusione ricorrente che la repressione da sola risolva il problema. Come se non fosse bastata l'esperienza del prefetto fascista Cesare Mori negli anni Venti in Sicilia che colpì manovalanza e quadri della mafia ma non impedì che essa risorgesse negli anni Quaranta più forte di prima. Ebbene in questa situazione, caratterizzata non più dall'immobilismo ma dalla mistificazione e dalla confusione emergenziale della politica Andreotti-Scotti-Martelli, l'attenzione si concentra su Santoro e Costanzo e sulla loro trasmissione e si vuol far credere agli italiani che, se le istituzioni vacillano, in fondo la colpa è dei media che parlano di mafia e in particolare dei conduttori che hanno organizzato la trasmissione incriminata. Intendiamoci: le critiche al tono a volte spettacolar-savonaroliano di Santoro o a certe battute all'acqua di rosa di Costanzo si possono condividere e altre, dal punto di vista estetico o giornalistico, si potrebbero fare. La stessa. cerimonia delle luci accese suscita reazioni contrastanti tra chi ritiene che sia un segno, sia pure tenue, di mobilitazione contro la mafia e chi ne sottolinea la scarsa Foto di Luigi Baldelli (Agenzio Contrasto). IL CONTESTO utilità, lo scarico di coscienza che provoca negli spettatori. Infine, come ha ricordato qualcuno nelle settimane scorse, il giornalismo-verità c'è stato molte volte nei settimanali e quotidiani italiani e in tempi anche più difficili di questi. Un film di non grande qualità (a mio parere) ma di notevole successo di pubblico come Il muro di gomma ha ricordato a ragione che ci furono alcuni giornalisti italiani che ebbero una funzione importante a proposito di quell'altro terribile mistero nazionale che è la strage di Ustica. Ma tutto questo, e altre cose che si potrebbero dire, non mutano il giudizio di fondo. Nel vuoto del potere politico i magistrati negli anni Settanta assunsero una rischiosa (per loro ma anche per il nostro ordinamento costituzionale sulla divisione dei poteri) supplenza nella lotta al terrorismo. Negli anni Novanta, di fronte a un altro vuoto o meglio al boicottaggio esercitato attivamente dalla classe politica di governo contro la lotta alle mafie, alcuni mass media assumono una sorta di supplenza tentando di mobilitare l'opinione pubblica su un problema che rischia di affondare la ·democrazia repubblicana. Naturalmente la forza dei mass media è diversa e assai meno grande di quella delle istituzioni dello Stato. Può, a prima vista, apparire maggiore per l'impatto spettacolare che ha ma si tratta di un'illusione, i media seguono regole che non consentono una campagna costante e di lunga dur a, oltre che di grande profondità, come oggi sarebbe invece necessaria per debellare le mafie e· dunque rischiano di darci la sensazione che qualcosa di decisivo succeda senza che veramente avvenga. Riemerge insomma il noto potere dei mass media che consiste nel far confondere ai suoi fruitori realtà e finzione, quel che avviene sul palcoscenico e quel che avviene nel mondo e di conseguenza anche l'illusione che la condanna della mafia proclamata sullo schermo abbia conseguenze politiche effettive nel Palazzo. Ma su tutta la vicenda si stagliano l'assurdo eil paradosso di cui· parlavo all'inizio. Si discute e si spacca il capello sulla correttezza di Santoro e sui limiti di "Samarcanda" e non ci si rende conto che si sta giocando una partita cruciale nella quale quelli che ci rappresentano (o dovrebbero farlo) si agitano scompostamente ma non lottano davvero contro Cosa nostra e le sue numerose alleate. Spiegare perché ciò avvenga e quali siano gli interessi e le culture che reggono l'attuale sistema di potere (soprattutto democristiano ma anche socialista e laico, con alcune appendici consociative dell'opposizione di sinistra) richiederebbe un discorso più lungo e difficile. Prima o poi, bisognerà riprenderlo.
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