Linea d'ombra - anno IX - n. 64 - ottobre 1991

STORIE/KUREISHI Sono sempre più affascinata da questa mia nuova identità; tutta esotismo e interiorità. puntata di sotto, e agganciati al sostegno come tante scimmiette, cominciano a lanciare un mucchio di insulti razzisti da quelle loro boccacce. · "Schifosa mangia-curry, schifosa mangia-curry, schifosa mangia-curry!" · L'autobus è ripartito. lo sono rimasta di sale. E finalmente è comparsa, la mia Nadia: assonnata, tutta stropicciata intorno agli occhi, e scura. Si è seduta al tavolo, con le ciglia a mala pena separate e non ancora pronta per fare quattro chiacchiere. Le ho portato da mangiare insieme a un bicchiere di vino che lei ha.rifiutato alzando una mano. Le ho piantato gli occhi dritto davanti ai suoi, ma lei non mi ha neanche guardata. Per rompere il silenzio, le ho fatto sentire allora un disco di jazz - il primo di Wynton Marsalis. Le ho chiesto se le piaceva, e lei non ha fiatato. In effetti al primo ascolto può anche non sembrare un granché. Così, me ne sono stata lì a guardarla mangiare. Vedevo che non voleva essere.scocciata. Poi, ha lasciato quasi tutto ed è rimasta seduta. Ed ecco allora che io subito ne approfitto per passarle un paio di jeans neri 501 con la chiusura a bottoni, più una polo di cashemere (rubata) e una giacca di pelle nera. "Pròvateli." Mi sembra perplessa. "È questo il tipo di roba che voglio vederti addosso. Puoi metterti tutti i miei vestiti, se vuoi." Lei rimane sempre lì ferma, e allora io piano piano la spingo in camera da letto e chiudo la porta. Fortuna da niente che si ritrova: quella è la giacca più bellaèhe ho! Aspetto ancora un po', e alla fine esce senza essersi provata niente. "Nina, non credo sia il caso." Ma io so come ottenere quello che voglio~La spingo più decisc:1 in camera da letto, ed ecco che poco dopo esce fuori, di spalle e con le mani sul viso. "Fammi vedere." Lei si mette a girare con le braccia alzate e i capelli per aria. "Allora?" "Il nero sta proprio bene con i tuoi capelli", faccio fatica a dirle, mentre l'unica cosa che mi riesce di pensare: 'Dio mio, è davvero molto meglio di me!' Così sbalorditiva, pericolosa, vulnerabile, superiore, e poi quella gemma ficcata nel naso! "Ma non ho un po' l'aria da ... da dura?" "Mli sicuro! Adesso sì che siamo pronte. Andiamo a fare un giro, d'accordo? Ti mostro un po' la città e tutto quello che c'è da vedere." "Ma non sarà mica pericoloso?" "Naturalmente sì. Ma tanto ci ho questo" glielo mostro. "Dio mio, Nina. Me l'immaginavo." Cavolo, questa sì che è una rogna e va a finire che mi rovino! Sta' a vedere che neanche le ho spiegato tutto e lei ha già stabilito che tipo sono. "Lo hai mai usato?" "Solo due volte. La prima, in un locale contro un razzista, e poi contro uno scippatore che voleva sapere se avevo qualche gioiello da dargli." Il volto di Nadia si fa deciso. Distoglie lo sguardo da me: "Io sto facendo pratica per diventare medico. È la mia stessa vita che si oppone al male." Poi si avvia verso la porta, e io richiudo il mio coltello. Ed ecco allora, caro papà, quello che ho mostrato a mia sorella in giro per la città. Innanzitutto, l'ho trascinata fuori dal nostro appartamento, per i lunghi androni del caseggiato. Per prima cosa, quiridi, ha visto il vento rimbombare attraverso quelle finestre ormai tutte scassate. Poi ha dovuto trattenere il respiro per le pu:lze schifose che sempre si sentono passando di là. Cani chiusi abbaiano. Più avanti, ha visto pure la porta su cui un id.iota tempo fa ha scritto: Non mi rubbate tanto non c'è più niente da svaliggiare che o levato tutto!". E non si è persa nemmeno quel muro dove qualche coglione è andato a scrivere con una.bomboletta: "Nina è una cagna in calore." A quel punto però, ho chiamato l'ascensore. Ma proprio quando sto per portarla fuori dal palazzo, ecco che è successa la cosa peggiore di tutte. Ci sono tre ragazzini, di dieci o undici anni, che escono da un .appartamento scavalcando la porta che avevano sfondato per entrare. I vicini se ne stanno lì a borbottare. Quei piccoletti, intanto, si sono presi un bel televisore, un forno a microonde, e uno porta sotto braccio le scarpe da ginnastica preferite di qualche povero cristo. Fatto sta che a un certo punto gli cadono. "Ehi, senti", dice allora a Nadia (è appena arrivata!) e Nadia subito s'irrigidisce tutta. "Ehi, me le raccogli?" Lei si gira verso di me e vede che canticchio una canzone, Just my imagination. In effetti io non ho per niente paura di quei piccoli deficienti, ma è il pensiero della pessima impressione che possono fare a lei che mi sta distruggendo. Alla fine, comunque, Nadia piglia quelle maledette scarpe. "Me le infili qui?", fa il piccoletto mostrandole l'ascella. "Ma non saranno un po' grandi per te?", gli dice Nadia. "Fanculo." Subito ce ne siamo andate, e finalmente usciamo all'aria aperta. Ci siamo incamminate allora, verso South Africa Road e il "Pubbliche Oscenità", il locale che c'e laggiù. Per strada corrono dei bambini che giocano a pallone dietro i reticolati. Abbiamo incrociato delle vecchie, che coi loro cappottoni pesanti sembrano proprio degli scaldabagni sfondati messi lì a camminare su quei piedi piccoli piccoli. Sbuffando, spingono carrelli pieni di cioccolata e cibo per gatti. Io intanto, mi sento tutta agitata e disposta a raccontare qualsiasi cosa. Ho un disperato bisogno di parlare perché spero . così di spiegare a Nadia che, quello che le sto facendo fare, è una visita guidata dei miei giorni e del mio cuore. Così, a un tratto, ho preso a spiegarle (non ne posso proprio fare a meno): qui è successo questo; li è successo quest'altro. Quella è la casa occupata dove son rimasta incinta. Quel tipo strano, con la maglietta gialla e il cappello di paglia, è uno che spesso mi vendeva della roba schifosa. Lì una volta mi hanno assalito, e mi son dovuta fare di corsa a piedi tutto il parco. In quel negozio invece, andavo a rubare le penne lasciandole scivolare nel casco per la moto (anzi, se v'interessa; il casco è davvero utile per taccheggiare). E quello. lì è l'angolo dove me ne stavo · impalata, in un periodo in cui non m'importava più di niente e di nessuno, e non mi riusciva di fare un passo avanti o indietro, e tanto meno di restarmene ferma dov'ero. Insomma, mi si era inceppato il cambio e non mi partiva più il motore. Poi mi è venuto l'esaurimento. · · Senza fare commenti, lei mi sta a sentire, annuisce e ogni tanto

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