Linea d'ombra - anno IX - n. 64 - ottobre 1991

STORIE/KUREISNI suo padre: quante volte piscia adesso il vecchiardo, e corre in cerca del suo vaso da notte tenendosi stretto giù per il cav~lo; e poi quelle sue povere gengive malandate e quel suo alito pesante. Mamma e io intanto, guardiamo quel tesorino come ossessionate, chiedendoci chi diavolo sia: così vicina a noi e col mio stesso sangue nelle vene, eppure così estranea mentre ci racconta di papà con una intimità davvero offensiva che noi non potremo mai condividere. Arrivati a casa, lei, con un accento denso come la melassa (tanto che la prima volta che l'ho sentito mi scappava da ridere) dice:" Sono molto stanca. Mi vorrei riposare un po', se è possibile." ''.Puoi dormire nel mio letto!" le grido io. Poco prima avevo . detto a mamma che non lo avrei mai ceduto. Ma dal momento in cui ho avuto finalmente mia sorella in casa, sopra quel casino di cantiere, dopo aver attraversato le strade del quartiere insieme a lei, e l'ho vista poi gironzolare qua e là con quella sua aria bizzarra e un bicchiere in mano, tutta incuriosita dai libri di mamma e i programmi dell'opera, non ce tho più fatta dalla commozione. Così d'ora in avanti mi toccherà accamparmi nel soggiorno. Ma dormirei anche nel bagno per lei. "In cambio del letto", dice allora, "ti voglio, ti devo ... insomma ti vorrei dare una cosa." Tira fuori un tappeto dalla valigia e lo dà a mamma. "Questo te lo manda papà". Mamma lo mette per terra, se lo studia per bene e dopo comincia a camminarci su. E a me? Mi è sempre piaciuta da morire la carta velina, e avvolto là dentro ci trovo il vestito pakistano che ora ho addosso. È davvero sgargiante: giallo e "verde, striato d'oro, di una stoffa estiva molto leggera. Ora però, devo fare un salto a ritirare il mio sussidio di disoccupazione e tremo al pensiero di come mi guarderanno vedendomi arrivare così conciata. Vi terrò informati. Adesso sto scrivendo fuori dalla mia camera, mentre aspetto che Nadia si svegli. Ogni dieci minuti busso piano piano alla porta quasi come un'infermiera preoccupata. "Sei sveglia?" bisbiglio. E poi: "Sorella, sorella." Adoro questa parola così nuova. "Hai bisogno di qualcosa?" Penso di essermi innamorata. Finalmente. Mamma è uscita per andare a restituire i libri che aveva preso in biblioteca, lasciando a me tutto il da fare per Nadia. Mamma ha davvero un cuore d'oro, suppongo ve ne siate accorti anche voi. E' buona e cordiale con tutti, e la cattiveria e la violenza per lei sono cose incomprensibili. E poi, è convinta che la gente sia sempre lì in attesa di qualcuno disposto a insegnarle le buone maniere. "Così cambieremo un po' il mondo", mi diceva portandomi per mano di porta in porta ai tempi delle elezioni. Ma la verità è che, dacché io mi ricordo, è sempre stata sull'orlo dell'esaurimento nervoso. Ha avuto altri fidanzati prima di Howard, ma nessuno è durato a lungo. Per la maggior parte erano sposati, perché le era preso il pallino di fare l'emancipata e di usare gli uomini. Per esempio ce n'era uno, un laburista benestante tutto sdolcinato, che io chiamavo Paffutello. "Sei sposato?" gli ho sibilato una volta all'orecchio, mentre mamma era uscita dalla stanza e io me ne stavo seduta accanto a lui giocherellando con la sua cravatta. "Sì." "Lo ammetti, eh? E dov'è tua moglie? Lo sa che sei qui? Hai avuto quel che volevi per oggi?" · Poi li vedevi scappare appena scoprivano che specie di pozzo profondo e assetato fosse la mamma, che gridava perché la riempissero del loro amore. Per non parlare di quel mostro di bambina coi capelli verdi, che per tutto il tempo non faceva che guardarli di storto. Per Howard è diverso, lui è troppo egoista e arrogante per lasciarsi intimidire dalle esigenze di mamma: semplicemente le ignora. Che impresa andare in giro con 'sto vestito pakistano! Ero insieme a Jeanette e mi sono fermata un attimo in farmacia a raccattare le medicine, i miei tranquillanti. Jeanette è la mia arnica vicina di casa, che ormai è abituata alle mie stranezze- per esempio il mio cappello alla Dave Crockett con quella coda lunga di coniglio. Siamo entrate e, mentre le porgevo la ricetta, la farmacista col suo camice bianco ha chiesto a Jeanette, indicando me con la testa: "Ma, lo parla l'inglese?" Sono sempre più affascinata da questa mia nuova identità, tutta esotismo e interiorità. E così, con la sciarpa fu testa sono entrata nel centro di ritrovo della Comunità, dove all'improvviso mi sono sentita come una donna che ha passato la vita tra usanze di paese e giardinetti col pollaio. Ma ecco che, in un attimo, mi ritrovo attorniata da tutti quei comunisti e quelle altre brave persone che si incontrano sempre là. Mormoro qualcosa avvolta nella mia sciarpa, e loro mi danno volantini e numeri di telefono. Per loro, capite?, sono una povera oppressa, ignorante come una bestia, i· miei mi pestano di continuo e mi vogliono pure combinare un matrimonio con l'immancabile voto di morire appena vedova, come si usa giù in India. Ma a me già mi hanno stufata, e allora gioco un po' a freccette, mi faccio pure una partitina a biliardo, e prima di andare via mi bevo due belle birre con una lesbica niente male. · Tornata a casa, ho cucinato un po'. di pasta per Nadia; ci ho messo il pepe rosso, la carota grattugiata, formaggio e prezzemolo, e poi sono scappata a comprare una bottiglia di vino bianco. Mentre correvo per strada, ho visto dei ragazzini su un autobus. Erano seduti al piano di sopra e mi squadravano, uno di loro era nero. Quando ecco che, con un fuori programma, fanno una

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