INCONTRI/EROFEEV Dostoevskij sarebbe inorridito di fronte a Irina che corr~ nuda in un campo nel tentativo di provocare un qualche coito metafisico che salvi la Russia! Certo Irina è molto indifesa, molto di più di quanto lo sarebbe · il suo equivalente occidentale. Sì, la cultura russa è molto più indifesa e complessa, perché da un lato propone affermazioni molto decise, dall'altro ha dubbi su tutto: è quello stato espresso dal sorrisino provinciale con cui Irina chiede di essere perdonata se ogni cosa non è stata come avrebbe dovuto: questa intonazione di scusa è molto tipica della coscienza russa che può essere al tempo. stesso. molto insolente e molto tenera e delicata. Non è possibile definire con una frase o una formula questo tipo di coscienza lacerata che può essere allo stesso medesimo istante una cosa e il suo contrario: per esempio durante una coda Irina è molto volgare, urla contro tutti, poi di colpo vede un conoscente, e diventa incredibilmente tenera, con intonazioni di cui un attimo prima sarebbe sembrata del tutto incapace. Si sente vicino al concettualismo? V. E.: No, mi sento semmai estraniato, perché il concettualismo è fedele al suo oggetto: quando Il'ja Kabakov descrive un appartamento collettivo deve renderlo riconoscibile, io invece non mi accontento della testimonianza, ironica o meno, ironia o parodia non bastano, ci sono altri momenti di disperazione esistenziale. Nel gioco con gli stereotipi del concettualismo trovo poco interesse, nel mio romanzo c'è piuttosto un urlo di dolore non solo sociale, politico, ma dolore proprio per la nature humaine, la condition humaine. Come mai la sua Irina è patriota e antisemita? Irina riflette tratti della coscienza russa di massa, l' antisemitismo e il patriottismo lo sono, non potevo nasconderlo. Dicono che la sua prosa è fredda e intellettuale, che ne pensa? ·Dicono molte stupidaggini sulla mia prosa, e temo che il loro numero crescerà in progressione geometrica. Il fatto è che la gente non sa leggere, e questo mi porta a uno stato di quieta disperazione: io dico una cosa, la gente capisce il contrario, non solo su me come scrittore, ma anche su me come critico. Si direbbe che c'è una cultura molto debole della lettura, non capisco cosa succede in Russia. Io non amo la prosa intellettuale, non è il mio genere, quanto a chi dice che la mia prosa sarebbe costruita, questo è del tutto falso, lo dice gente incapace di concepir~ che un'opera possa avere una sua forma di tensione interna. I lettori sono abituati ad opere dove c'è solo un torrente di informazioni, e quando c'è un torrente linguistico che diventa stile dicono che è costruito, artificioso. Quanto alla supposta mancanza di bontà nella mia prosa, devo dire che la letteratura russa che ha cercato i buoni sentimenti ha fatto molte cose punto buone, ha prodotto cose poco vive, un'immagine morta dell'uomo coi suoi problemi, ha visto in modo troppo ottimistico la natura dell'uomo, ha moraleggiato a proposito della condizione attuale delle cose, invitando a un futuro migliore nella cornice dell'ideologia comunista. La letteratura non è buona o cattiva di sentimenti, è letteratura o no. Quanto alla mia cosiddetta disperazione, effettivamente non può esservi salvezza, sempre che sia possibile, a meno di immergersi in una disperazione kierkagaardiana: in un uomo normale il mondo attuale, russo o no, non può suscitare altro che disperazione, la salvezza può trovarsi solo nel superamento della propria disperazione personale e nell'elaborazione di propri valori che possono in un modo o nel!' altro aiutare l'uomo a vivere. Il suo romanza è stato salutato, a sproposito, come il primo romanza pornografico russo. Cosa pensa di chi afferma che le parolacce violerebbero le leggi della lingua letteraria russa? Sono stupito: nessuno ammetterebbe più la censura ecclesiastica che proibiva l'uso della parola diavolo! La letteratura ha il diritto di usare le parole che vuole, la mancanza di questa libertà è quella malattia che è la fonte di qualsiasi totalitarismo. Inoltre nella tradizione russa le parolacce sono sempre esistite, sono molto espressive, usarle o meno è un problema generazionale. La generazione attuale ha un rapporto molto tranquillo con le parolacce, non se ne sente traumatizzata. Nel suo Diario di uno scrittore Dostoevskij ha scritto dell'uso delle parolacce, ma anche Puskin e Lermontov le hanno usate, e non si può certo dire che non conoscessero le regole della lingua russa. ~ I Coriandoli ·I ClaudioMagris I UNALTROMARE I romanzo I 112pagine,16.500lire L'odisseadiun'esistenza i, avventùrosa e solitaria, la storiadiun'ossessiva e struggente f deltà. i Garzanti
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