INCONTRI/EROFEEV do con "Metropol'" gettai la maschera: allora ricevetti il colpo in pieno viso. Fecero una cosa mostruosa, cacciarono mio padre dal lavoro, allora era ambasciatore a Vienna, lo richiamarono a Mosca e gli dissero che avrebbe potuto tornarci solo a condizione di presentare una lettera di pentimento di suo figlio. Questo avveniva al Politburo, mio padre si trovò in una posizione molto difficile, anch'io del resto: era un ricatto nazista, non era possibile scrivere la lettera, ma era anche terribile per mio padre perdere il suo lavoro. Lui non mi chiese di scrivere nulla, si comportò in modo eroico e nobile, vide il KGB intorno a me e disse che si trattava di scegliere fra due cadaveri o uno solo, ossia mio padre accettò di diventare un cadavere politico. Quando perse il suo lavoro scrissi una lettera a Breznev per dirgli che mio padre non rispondeva delle mie azioni, col risultato che Breznev decise di tenere mio padre nell'apparato del Ministero degli Esteri, però non gli lasciavano fare nulla, fu solo una beffa: riceveva un ottimo stipendio per starsene lì a leggere i giornali, questa inattività fu molto dura di lui. Oltre che scrittore, lei è critico letterario, autore di circa duecento articoli e saggi sulla letteratura francese e l'esistenzialismo. È una combinazione insolita, infatti l'hanno para go- . nata a Tynjanov e Sklovksij. Esiste un legame fra lo scrittore e il critico, un rapporto fra il suo romanza e l'argomento della sua tesi di dottorato sull'esistenzialismo russo? Poiché è raro che in Russia ci si occupi seriamente di prosa e critica contemporaneamente, capita spesso che chi ha un' opinione seria della mia critica mi chieda quanto prendere sul serio la mia letteratura, e viceversa. In realtà c'è un rapporto molto stretto fra la mia attività di critico e di scrittore. Nella mia tesi di dottorato del 1973 mi ero occupato dei problemi esistenzialì e religiosi della poetica di Dostoevskij e degli esistenzialisti francesi, questa tematica non poteva non entrare nella mia prosa. Sono scontento della prosa russa contemporanea: spesso ho l'impressione che scoprano la bicicletta, mentre io vorrei che la prosa russa crescesse un poco sul piano intellettuale, si facesse più attenta alle problematiche filosofiche. È questo il legame fra la mia attività di critico e di scrittore. Proprio per questo mi sono occupato in modo parallelo di filosofia, critica letteraria e letteratura, perché la nostra letteratura potesse fruire dell'esperienza accumulata dalla filosofia e dalla letteratura europea del nostro secolo. Indubbiamente c'è un forte legame fra il tema della mia tesi e il mio romanzo. Quanto a Tynjanov e Sk:lovskij, e al formalismo in genere, li sento molto lontani: come giovane scrittore avevo l'impressione che la loro fosse solo mortificazione della lingua, non scoperta. Forse sbaglìavo, ma non avevo nessuna intenzione di riallacciarmi al formalismo. A Sk:lovski preferisco Tynjanov, anche se la sua prosa non è il mio ideale, non appartengo a quella tradizione. I miei "compagni di viaggio" letterari sono semmai Proust, Celine, e· soprattutto Sade, che mi hà sconvolto: mi ha colpito non tanto per l'erotismo, quanto per la sua critica dell'Illuminismo, che per me fu un vero shock: avvertii tutta la debolezza dell'ideologia illuminista e riformatrice dell'Europa settecentesca, che è alla base dell'ideologia marxista. Sade mi è parso una figura colossale di filosofo. Irina Tarakanova è convinta che la sua bellezza sia quella di cui parlava Dostoevskij, la bellezza che avrebbe salvato il mondo. Dostoevskij sarebbe inorridito di fronte al comportamento di Irina, che corre nuda in un campo nel tentativo di provocare un qualche coito metafisico che salvi la Russia. Ma ogni tempo ha il suo modo di elaborare le tradizioni culturali. Così il nostro è il tempo in cui una qualche Irina, con la sua bellezza e le sue idee sulla felicità e l'infelicità umane, può correre in un campo per salvare il mondo: i suoi legami con la tradizione culturale sono fragili, laceri, spezzati, surreali, di modo che le immagini non corrispondono l'una ali' altra, e nemmeno i paralleli corrispondono: da un lato vanno presi sul serio, dall'altro no. Irina è la prima a intendere in questo modo la frase di Dostoevskij, la stereotipa e la prende alla lettera,. e questa è in un certo senso una sua scoperta. Nel pensiero di Irina si potrebbe vedere un compendio di cultura russa ma/digerita, il delirio di un essere fragile "acculturatosi" troppo velocemente. Vuol essere un giudizio sulla cultura russa di massa, su uno stato d'animo isterico come quello rappresentato in Taxy blues di Pavel Longuine? Certo, a suo modo la coscienza di Irina è una parodia della cultura di massa dell'homo sovieticus, in cui sono entrati elementi più svariati, un vero chaos, un collage grottesco di cose incompatibili. Irina è un personaggio esplosivo, esplode nel romanzo, esiste e non esiste, perché armonizzare tutti gli elementi che ne compongono la coscienza è impossibile: si regge solo sulla logica dell'intonazione e della narrazione, che la costringono a vivere: c'è solo la lingua che la sostiene, non certo il pensiero. Ma questo è vero della cultura di massa in genere, si tratta di una volgarizzazione che è un problema non solo russo, ma di ogni paese, specie adesso che la cultura di massa è entrata così prepotentemente a far parte della coscienza umana. Non si può tuttavia negare che in quanto fa Irina ci sia una specificità russa: per esempio nelle citazioni da Puskin: non credo che un equivalente italiano di Irina si metterebbe a citare Dante o Manzani, anzi, se ne vergognerebbe, non avrebbe lo stesso atteggiamento di venerazione per il poeta nazionale. Certo, il mio romanzo non è solo derisorio, è anche serio, mostra certe possibilità culturali del paese, l'immagine della cultura russa è molto complessa, è .inuno stato di disperazione, eppure ha conservato una certa freschezza, per questo non vorrei che il mio mondo venisse recepito come un mondo tutto nero, come è tanto di moda nelle opere dei miei contemporane1. Irina • non è solo un tipo sociale, è al di sopra della posizione dei suoi valori. Nonostante non sia né scrittrice né giornalista, a volte giudica come se fosse una scrittrice, una filosofa, una teologa o una giornalista: non va presa come un tipo realistico, rriacome il ritratto di una certa mentalità russa al suo stadio attuale.
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