IRINA CORRE NUDA Incontro con Viktor Erofeev a cura di Pia Pera De La bella di Mosca (Rizzoli, pp. 320, L. 30.000), in Russia sono usciti 100.000 esemplari andati esauriti in soli due giorni. L'autore, Viktor Erofeev (Mosca, 1947), di cui sono già stati pubblicati numerosi saggi e racconti (cfr. il suo Berdjaev, in "Linea d'ombra", aprile 1990) è al suo primo romanza. In La bella di Mosca si è travestito da donna: il suo io narrante si chiama Irina Tarakanova. Approdata a Mosca dalla provincia Irina usa la sua bellezza per entrare in contatto con una società di uomini sufficientemente eterogenea da permetterle un punto di vista privilegìato, conoscenze ricche e variegate,finché approda nel letto di un trombone letterario che ha trovato fama e successo ali' epoca di Stalin. Al momento della narrazione costui è già morto, e Irina potrà dire a ragione che sul suo petto è morta un'epoca intera. Quest'epoca Viktor Erofeev la conosce dalla posizione, insolita in uno scrittore sovietico ai margini della dissidenza, di privilegiato fin dall'infanzia, e non per avere appartenuto a una famiglia di intellettuali. Sì, alla fine degli anni '40 e all'inizio dei '50 mio padre lavorava al Cremlino, come aiutante di Molotov; quando Stalin aveva bisogno di parlare in francese, lo chiamava: era il suo traduttore personale. Nella mia famiglia c'è tutta una serie di aneddoti su Stalin e mio padre. lo ero ancora piccolo e non capivo queste cose, avevamo grandi macchine, dace, autisti, ebbi l'infanzia ncca e felice tipica dei bambini della nomenklatura, con caviale, servi, storioni ... Quando passavo davanti al Cremlino dicevo, indicando dalla macchina: "Qui lavora mio papà e il compagno Stalin". Di questa epoca mi è rimasta come una sensazione infantile di qualcosa di molto organico che non mi ha mai suscitato complessi d'inferiorità, al contrario: avevo un senso grandioso di unità con questa epoca, di appartenenza~ qualcosa di grosso e notevole. Questo mi ha dato la possibilità di guardare molto più serenamente e sobriamente a quanto avveniva nella società, perché di regola la letteratura dei dissidenti e dei liberali partiva da una condizione di infelicità, di · INCONTRI/EROFIIV disgrazie, amarezza, malattie, da tutto quello che compone la sensazione di avere subito un danno e un'ingiustizia personali. Il mio punto di vista partiva da una condizione opposta, la mia critica di questo sistema non nasceva dal fatto che questo sistema mi avesse offeso personalmente, mi avesse negato qualcosa; di caviale me ne aveva dato anche troppo, la mia critica nasceva semmai dal fatto che pur avendomi dato il caviale e tutto il resto si era poi dimostrato un sistema del tutto infondato, inconsistente, che non aveva il diritto di esistere. I miti del sistema li vedevo dall'interno, potevo capire che non valevano nulla, mi rendevo conto che erano solo illusione. Lei apparteneva alla jeunesse dorée? •Ho fatto parte della gioventù dorata, fintanto che questo mi è stato possibile, poi ha cominciato a farmi schifo, a suscitare il mio disgusto. La sorte volle che, nella miajeunesse dorée, vivessi tre anni a Parigi, avessi la mia piccola esperienza occidentale, qualcosa di unico per tin giovane sovietico. Dopodiché mi ritrovai a Mosca, e tutto questo insieme era uno strano cocktail che deve avere costituito il mio primo stimolo a scrivere. La rottura è legata ali' episodio di "Metropol" '? (Cfr. intervista a E. Popov, "Linea d'ombra'.', s~ttembre 1990) Questo episodio fu la rottura finale. Il fatto è che io avevo sempre avuto dei mezzi di difesa personale, come una mia maschera antigas. Se gli altri facevano presto a bruciarsi, come si diceva, e si trovavano in brutte situazioni per le più incredibili stupidaggini, come la lettura di libri proibiti e altre piccolezze, io potevo permettermi molto di più: avevano paura di toccarmi perché sentivano che appartenevo a una certa sfera, non osavano litigare con me. Per esempio, quando ero giovane, avevo 22-23 anni, funzionari del KGB vennero a cercarmi per la prima volta: io li mandai via con grande spensieratezza, dissi che non desideravo parlare con loro, e loro se ne andarono senza prendersela, mentre in altri casi questo stesso comportamento avrebbe potuto risultare in una tragedia. · Il suo caso però non fu unico: per- esempio i nipoti di Litvinov, il Ministro degli Esteri di Stalin, diventarono tutti dei dissidenti, sebbene in'modo più serio, diciamo politico anziché letterario. Certo, non mi sento unico, ci furono altri casi, simili ai miei, di gente dello stesso ambiente, ma io ho potuto farla franca a lungo perché non mi occupavo di attività politica diretta. Scrivevo cose inconcepibili dal punto di vista delle esigenze sovietiche, al terzo corso di Universita feci una relazione sull'ideale religioso del romanzo di Dostoevskij I Demoni, questo avveniva alfa fine degli anni Sessanta. Per chiunque altro sarebbe stato uno scandalo enorme, ma io potei farlo. Sempre questa mia posizione così difesa mi permise di scrivere del Marchese de Sadeall'iniziodegli anni '70, il mio fu il primo articolo pubblicato su de Sade non solo in URSS, ma in Russia. Questo non vuol dire che qualcuno in particolare mi aiutava, ma che tutti avevano paura di toccarmi. Anche dopo che il potere capì che non ero dei loro continuò allo stesso modo: non mi saltarono addosso, non mi minacciarono, però mi assalirono con enorme piacere·quan-
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