Linea d'ombra - anno IX - n. 64 - ottobre 1991

CONFRONTI Criticaper chi? Inmarginea due vecchivolumi di Forstere Wilson Paolo Giovannetti Aspetti del romanza di Edward Morgan Forster e Laferita e l'arco di EdmundWilson, entrambi ristampati in questi mesi da Garzanti nellacollana"Gli elefanti",sonooperedi critica letteraria che qualcuno potrebbe considerare datate, se non addirittura_metodologicamente superate. Aspettidel romanza (ilvolumeraccoglieuna seriedi conferenzedel 1927)ci offreuna sintesi teorica dell'universo narrativo, che possiede il merito indiscutibiledi avere anticipato alcuni concetti-cardinedellacosiddettanarratologia(per esempio in ciò che concerne il problema del personaggio),ma che pure risulta carente sotto altripuntidivista;acominciaremagaridaqualche pregiudiziounpo' snobbisticoe schematizzante qua e là esibitoda Forster:come- poniamoquellodidisprezzarecordialmentei lettoritroppo curiosi, caratterizzatida un comportamentoprimitivo, in quanto interessati innanzi·tuttoalla storia e meno all'intreccio delle narrazioni da essi fruite. A prenderla alla lettera, infatti, un'opinione del generedovrebbecostringercia espungeredal noverodei destinatariprogreditii quattroquintialmenodei lettorioggiesistentiuna prospettiva,mi sembra,decisamenteeccessiva. · MentrenellaFeritael'arco (risalenteal 1941) possonotalvoltarisultareirritantile semplificazioni tardo-positivisteconcuiWilsoncollegale operestudiateallabiografiadeiloroautori,entro lacuivicendaesistenzialeegli ricercale traccedi un trauma poi ribadito dalle opere stesse: e insommatendea procederesecondouna metodologia deterministicasostanzialmentecircolare, finendoper apparire- come spessosuccedein questi casi - discretamentetautologico. Ancheperchénessunodeidueautoripretende di essere un critico puro, tanto meno un teorico; e se Wilsonhii.sempre voluto apparire innanzituttocome un giornalista-scrittore,Forster sceglieesplicitamenteuna prospettiva artigianale, si concede al lettore nella veste del narratoreche pubblicamenteespone- inmodo non esaustivo- i segreti febbrili della propria professione. Eppure, è altrettanto indubbio che le due opere possono ancora insegnaremolto, soprattuttoa noi lettorie criticiitaliani.Inprimoluogo perchéWilsoneForstersannovalorizzarequelli· che appuntoci sembranodei verie propri limiti, sanno trasformarli in punti di forza delle loro argomentazioni.Peresempio,proprioil fattoche . Forster distinguatra storia e intreccio in modo piuttostorigido, tanto da introdurreun giudizio di valorea tuttofavoredell'intreccio,glipermette di rendere più perspicuae penetrante la sua. definizione.L'intreccioèperluiuna"narrazione di eventi", in cui - rispettoalla storia- "I' accentocadesullacausalità",costituisceuna sorta di raffinamentorispettoa quella successionedi fatti tipicamentescanditada unamonotonaserie di "e poi e poi"; di modo che, cosl facendo, Forsterrendedel tuttotrasparentee memorabile una distinzionenarratologicada molti teoricidi professionein seguitopropostacon minore icasticità.Ancorapiùsintomaticoil casodiWilson, che indulgeveramentetroppoinquellopsicologismoche lacriticaitaliana(e nonsolol'accademica) da decenni a questa parte guarda con giusto,maancheunpo' altezzoso,sospetto.Ora, è indubbio che La ferita e l'arco viceversa ci riconciliacon tale metodo:basti pensareal saggio iniziale su CharlesDickens,dove il trauma psichico (la ferita appunto) subito in gioventù ·dal romanzierediventa il punto di riferimento basilarepercapirnetuttalaproduzioneletteraria. Il mododi argomentareseguitoda Wilson fa sì chequelmotivopsicologicoinvariantevengadi continuosfaccettatoe dialettizzato,senza irrigidimentidi sorta;a benvedere,anzi, la lacerazionepatitadal narratorerealecontamenodell'elaborazione successiva.,che conferisce l'unico senso possibileali' iniziale contraddizionebio- . grafica:la invera,ma anchela contesta.Addirittura, secondoWilson,e in modoforse paradossale, uno scrittoreestroversoe proverbialmente superficialecome Dickens finisce in fondo per trasformare- nellesueultimeopere- la "protestacontroil propriotempo"in "protestacontro il proprio io"; trasvalutandoinsommail nucleo di risentimento sociale su cui ali' inizio aveva fondato la sua produzione. Cosicchéverrebbequasidadireche la lettura di questiduevolumipuò servireinnanzitutto a sdrammatizzareogni dibattito in merito alle metodologiecritiche: entità in sé informi se un soggetto veramentepensantee raziocinantenon le rivitalizzae le strumentalizzain funzionedel propriodiscorso,delleproprieopinioni,letterarie e non. Opinioni d'altronde che, senza alcun dub- •bio,né Forster né Wilson temonodi mettere in bella evidenza,e che anzi danno vigore ai due libri. Entrambimirano a lasciare un segno nel lettore, sia sul pianodella consapevolezzaletteraria sia su quello della morale. Nel caso di Wilson,addirittura, il problemaeticoècentralissimo, e costituisce l'imprescindibile chiave di volta di tutto il discorso esegetico. La ferita e l'arco -:- compostoda contributidi naturaassai eterogenea- si concludeinfatti con un vero e proprio racconto critico (relativo al Filottete sofocleo)dotatodi valore allegorico,che certamente permette di capire meglio alcune idee, alcunispuntidi letturadispersineidiversisaggi. Wilsonperaltronon si preoccupadi chiosare in modoesplicitoil suo.apologo,e perciòè il caso di provare a illustrarlcibrevemente- anche a rischiodi reificarloinmanieraindebita.Dietroil mito di FilottetequaleSofoclece l'ha raccontato si nasconderebbeil rapporto più autentico fra autore e lettore-critico.Il primo, come appunto Filottete,èportatoresiadiunbenepreziosissimo (I' arco che consentirà di vincere la guerra di Troia), sia di una lacerazionefisica,di un risentimento morale, dolorosi non solo per lui ma ancheper tuttiquellicheali'operasi avvicinano.. E, infatti,proprioi lettorie i criticisonochiamati a un compitodurissimo(quelloche nella tragedia spettaa Neottolemo),consistentenella convivenzaconflittualee a tratti quasi impossibile con quel dolore e quella ferita, che comunque vannocuratipergiungerealpremiodi conoscenza promessodal!'arte a ogni lettore.È una sorta · di storicismo, in altri termini, quello a cui la letteraturaci chiama, se vogliamo inverarne le tensioni più autentiche: il dovere del lettorecritico al}'altezzadel suo compitocoincidecon un attodi pietàneiconfrontidi unmondolacerato.Eanzi,almenodaquestopuntodi vista,esiste unaqualchesomiglianzafrailmarxistaamericanodisilluso(manonpacificato)e l'aristocratico: se è veroche per Forsterl'opera narrativafonda. una sortadi movimentoalternativoa quell'altro assurdomovimentorappresentatodalla storia,e se è vero che (magari con qualche riserva) in cimaallagerarchiatipologicapropostada Aspetti del romanza ci sta la narrazione profetica - Melvillee Dostoevskij,per intenderci- quella insommapiù attentaa proporremessaggietici. Tuttavia,nelmomentostessoincuici sentiamo vicinissimial lavorodei due critici, finiamo inevitabilmenteanche per percepirela distanza quasiincolmabilechecenesepara.Nonpercaso, del resto, fin qui sono statocostrettoa usarenon tanto il terminee il concettodi 'lettore', ma un compostoche fa riferimentoa un'entità per noi quasi incomprensibilecome appuntoquelladel 'lettore-critico'. Il fatto è che sia Wilson sia Forster scrivonoper questo secondotipo di destinatario, fantasmaticoeppure ai loro tempi e nei loro paesi sicuramentevivo e proliferante. Insomma:chi è il lettorecritico?Intanto,èchiaro che si trattad'un tipoumanoconcui i dueautori si identificanopienamente.Forster·- che finisceinfattiperusareun noi accomunanteinluogo del più prevedibile io - propone la seguente definizione(incui l'ironiadel tonononintaccala sostanzadel discorso): "Noi siamo per la maggior partedegli pseudocoltie desideroconsiderareconcomprensionee rispettole nostrecaratteristiche,perché siamouna classe vastissimae potente, autorevole nella Chiesa e nello Stato, controlliamol'istruzionenell'impero,alla"stampa prestiamo quel tanto di considerazioneche essa è· in grado di ricevere, e siamo gradito òtnamento dei ricevimenti". Si parla insomma del ceto dirigentebritannico,a cui l'autore può guardareconmassimasimpatia,e dellacui comprensione non è mai dubbioso, perché globalmente ne condivide valori e aspettative. Ecco perché nel parlargli può assumereun atteggiamentodivagantee scherzoso,riccodi sottintesi, di strizzatine d'occhio: Forster sa che chi lo ascoltao lo leggeafferraquasi d'istinto il senso delle sue paro!!!,e anzi virtualmenteha già prefigurato nella propria sensibilità gli esiti delle argomentazionia lui proposte. Nel caso di Wilson il discorsopotrà essere leggermentediverso(qui il criticoappareip.fatti intenzionato soprattutto ad avvicinare il suo pubblico d'elezione, grazie a un massimo di chiarezza espositiva e divulgativa), ma anche nella Ferita e l'arco si percepisceuna totale fiducianellaperspicaciadi chi legge; tantoche il sensodel libro è affidatoa queWallegoriadi cui s'è detto,che appuntonon trovaalcunaesplicita 25

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