Linea d'ombra - anno IX - n. 64 - ottobre 1991

IL CONTESTO rivendica per sé. Esiste certamente anche un ottimi~mo stupido, vile, che deve ess.erebandito. Ma nessuno deve disprezzare l'ottimismo inteso come volontà di futuro, anche quando dovesse condurre cento volte all'errore; perché esso è la salute della vita, che non deve essere compromessa dà chi è malato. Ci sono uomini che ritengono poco serio, e cristiani che ritengono poco pio, sperare in un futuro terreno migliore e prepararsi ad esso. Essi credono che il senso dei presenti accadimenti sia il caos, il disordine, la catastrofe, e si sottraggono nella rassegnazione o in una pia fuga dal . mondo alla responsabilità per la continuazione della vita, per la ricostruzione, per le generazioni future. Può darsi che domani spunti l'alba dell'ultimo giorno: allora, non prima, noi interromperemo volentieri il lavoro per un futuro migliore. Lo sguardo dal basso Resta un'esperienza di eccezionale valore l'aver imparato infine a guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei sospetti, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi, in una parola, dei sofferenti. Se in questi tempi l'amarezza e l'astio non ci hanno corroso il cuore; se dunque vediamo con occhi nuovi le grandi e le piccole cose, la felicità e l'infelicità, la forza e la debolezza; e se la nos.tra capacità di vedere la grandezza, l'umanità, il diritto e la misericordia è diventata più chiara, più libera, più incorruttibile; se, anzi, la sofferenza personale è diventata una buona chiave, un principio fecondo nel rendere il mondo accessibile attraverso la contemplazione e l'azione: tutto questo è una fortuna personale. Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prender partito per gli eterni insoddisfatti, ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue <;limensioni;e nell'accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più alta, il cui fondamento sta veramente al di là del basso e dell'alto. (Dietrich Bonhoeffer, Resitenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, edizione italiana a cura di Alberto Gallas, edizioni Paoline 1988) Un abisso culturcale I bianchi, i neri e il bambino morto di Mtoko Sandro Vesce Il brano che mi accingo ad analizzare è contenuto nel volume di recente comparsa Shona con gli Shona (Luisa Guidotti Mistrali, Shona con gli Shona, Lettere dall'Africa, a cura di Maria Cavazzuti Guerzoni SE) raccolta delle lettere della dottoressa Luisa Guidotti, che appena laureata andò nel 1966medico missionario in Rhodesia e tredici anni dopo, in una delle ultime fiammate della repressione che precedette l'accesso dei neri al potere, vi fu uccisa. L'opera è anche nel complesso molto interessante, per chi sappia apprezzarel'incontro con una figura, quale emerge, generosa, poco sofisticata, credente fino in fondo, pratica e con una propensione all'ironia e all'understatement che non ci si aspetterebbe in chi segue ostinatamente (ma appunto, non con fanatismo) il proprio sogno infantile, lo realizza e trova alla fine la morte per non aver voluto abbandonare, nel grave pericolo personale, il popolo che sentiva ormai suo. Le spoglie di Luisa Guidotti, ora in Italia, riposano con meritato onore nel duomo della città, Modena, da cui era partita. Anche se, per loro diritto, i buoni combattenti vanno sepolti là dove diedero la vita, è forse qui che ha maggiormente senso conservare alla memoria un'esistenza come la sua, a parte l'interrogativo che ci porremo più avanti su eventuali altri significati di un'operazione del genere .. Ma non è occuparsi di lei e nemmeno del libro nel suo insieme lo scopo di queste righe, bensì prestare attenzione a un singolare punto di esso, là dove la Guidotti, sempre indaffaratissima, e poco diffusa nelle sue lettere, per una volta si concede si direbbe liberamente allo serivere e annota nei dettagli la vicenda che segue. Il racconto si trova a pagina 108, la data è il 12 marzo 1974, il destinatario è l'anziano padre, ingegnere. "Due anni fa, una sera, arriva un bambino estremamente malnutrito, gonfio da edema da fame, tutto una piaga per pellagra. Lo accompagna suo padre con tre automobili cariche di parenti. Il padre mi si avvicina e mi dice: 'È mio figlio, faccia qualcosa per mio figlio'. Io chiedo: 'Ma che cosa mangiava?'. E il padre: 'Io permettevo a mia moglie di prendere qualsiasi cosa dal negozio'. Ed io alla moglie: 'Che cosa gli dava da mangiare?'. 'Fin dalla nascita aranciate, bomboloni e caramelle'. A questo punto mi fermo per dire chi era il padre del bambino. È Lorenzo C., un uomo di trent'anni, cattolico, educato nelle missioni cattoliche, con cultura da terza media, uomo d'affari, primogenito di una famiglia notoriamente cattolica e ricca. Suo zio è uno dei pochi deputati africani al parlamento di Smith. Il padre di Lorenzo ha un grosso negozio dove si vende di tutto, dai vestiti alle aranciate, è vicino alla missione di Chikwizo. Il padre di Lorenzo, pur essendo cattolico, è un grande poligamo: ha 17mogli e un numero imprecisato di figli, superiore ai 50, ma inferiore ai 100. Lorenzo pure è poligamo: 3 mogli. Il figlio malato è della prima moglie, una donnà che sembra molto più vecchia di lui, poco elegante e patita. Una settimana prima avevo visitato la sua terza moglie, una ragazza bella ed elegante, al sesto mese di gravidanza. La seconda moglie .non la conosco. Lorenzo C. è amico dei missionari, sempre gentile, capace di fare favori, cosciente, almeno sembra, della sua posizione irregolare. Va sempre a Messa e chiede ai padri consigli per regolarizzare la sua posizione matrimoniale e poter essere ammesso alla comunione. Consigli, ovviamente, che sono ben difficili da dare ... Il giorno dopo alle due del pomeriggio un'infermiera arriva e dice: 'Il figlio di Lorenzo C. è morto'. Io mi alzo dal letto e mi avvio verso l'ospedale pensando 'andrò. ad insegnare loro come si alimentano i bambini, perché evitino gli sbagli già fatti, perché questo bimbo non è morto per mancanza di denaro, ma per ignoraf\Za. Una lezione· di dietetica in questo momento viene ricordata meglio'. Lorenzo C. mi viene incontro con le mani tese: 'Lo abbiamo ricevuto da Dio con due mani; lo restituiamo a Dio con due mani'. La predica, pronta nella mia testa, non viene fuori, dico solo un 'Sorry' imbarazzato e penso tra me: che lezione di fede, di fiducia, d'amore in Dio. Torno indietro e racconto tutto a Rina Savini infermiera, unìca altra bi.ancadella missione di Mtoko, la quale, più concreta di me, fa solo questo commento: 'Ma gli hanno tenuto dietro con due mani?'." Per quanto a questo punto il racconto sia tutt'altro che finito, incominciamo da qui la nostra riflessione. "Questo bimbo non è morto per mancanza di denaro, ma per ignoranza", scrive la Guidotti. Sembrerebbe impossibile non condividere senza aggiungere una virgola questo giudizio, e invece, se si guardano le cose più da vicino, esse finiscono per complicarsi sorprendentemente.

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