IL CONTESTO L'uomo della coscienza si difende solitario dal superiore potere delle situazioni eccezionali davanti alle quali è richiesta la decisione. Ma viene dilaniato dalla enormità dei conflitti nei quali è chiamato a scegliere, consigliato e guidato da nient'altro che dalla sua personale coscienza. Gli innumerevoli travestimenti, rispettabili e seducenti, nei quali il male gli si fa incontro, rendono ansiosa e insicura la sua coscienza, finché egli finisce coli' accontentarsi di salvarla, anziché di mantenerla buona; finché egli non finisce col mentire ad essa per non cadere preda della disperazione. Infatti l'uomo il cui unico sostegno è la propria coscienza non potrà mai capire che una cattiva coscienza può essere più salutare e più forte di una coscienza ingannata. Il dovere sembra capace di fornire la guida sicura per uscire , dallo sconcerto provocato dalla quantità di decisioni possibili. Ciò che viene ordinato appare come la cosa più certa; responsabile del!' ordine è solo chi lo impartisce, non chi lo esegue. Ma attenendosi a ciò che è conforme al dovere non si giunge mai al rischio dell'azione che si compie in forza della propria personale responsabilità, mentre è solo questa che può colpire in profondità e vincere il male. L'uomo del dovere alla fine dovrà compiere il proprio dovere anche nei confronti del diavolo. Chi d'altra parte cerca di cavarsela nel mondo nella più piena libertà personale, chi dà più valore all'azione necessaria che a mantenere immacolata la propria coscienza e la propria reputazione, chi è pronto a sacrificare uno sterile principio a un fecondo compromesso, o anche la sterile saggezza della moderazione a un radicalismo fruttuoso, costui stia attento che la sua libertà non lo porti alla rovina. Per impedire il peggio darà il suo assenso al male, e non sarà più in grado di capire che proprio il peggio, che vuole evitare, potrebbe essere il meglio. È da qui che la tragedia trae la propria origine. C'è chi, sfuggendo al confronto pubblico; sceglie l'asilo della virtù privata. Ma costui deve chiudere occhi e bocca davanti all'ingiustizia che lo circonda. Solo mentendo a se stesso può evitare di contaminarsi agendo in modo responsabile. Qualsiasi azione egli compia avvertirà l'inquietudine per ciò che tralascia di fare. Ne sarà prostrato, oppure diventerà il più ipocrita dei farisei. Chi resta saldo? Solo colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, il proprio principio, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma che è pronto a sacrificare tutto questo quando sia chiamato ali' azione ubbidiente e responsabile nella fede e nel vincolo esclusivo aDio: l'uomo responsabile, la cui vita non vuole essere altro che una risposta alla domanda e alla chiamata di Dio. Dove sono questi uomini responsabili?[ ...] Del successo È certamente falso che il successo giustifichi anche l'azione cattiva e i mezzi riprovevoli; ma non è d'altra parte possibile considerare il successo come qualcosa di assolutamente neutrale dal punto di vista etico. Vero invece è che il successo storico crea il solo terreno sul quale la vita può continuare, ed è molto dubbio se sia più responsabile opporsi ai tempi nuòvi come dei don Chisciotte, piuttosto che servire ad essi ammettendo ed accettando liberamente la propria sconfitta. Alla fine, il successo fa la storia. E al di sopra degli uomini che fanno la storia, colui che ne conduce il corso sa:sempre trarre il bene dal male. Ignorare semplicemente il valore etico del successo è un cortocircuito degno di un cavaliere dell'ideale che pensa in modo astorico, cioè non responsabile; ed ·è una buona cosa che noi finalmente siamo costretti a confrontarci seriamente sul piano etico col problema del successo. Finché il bene ha successo, possiamo concederci il lusso di ritenere il successo stesso eticamente irrilevante. Ma quando al successo portano mezzi cattivi, allora nasce il problema. Di fronte a questa situazione sperimentiamo come non sia ali' altezza del compito che ci è dato né l'atteggiamento di chi avanza critiche astratte e pretende di poter aver ragione come se fosse un semplice spettato1 a re, né l'opportunismo, cioè l'arrendersi e il capitolare davanti al successo. Noi non vogliamo e non dobbiamo comportarci da critici offesi, né da opportunisti, ma da uomini corresponsabili, come vincitori e come vinti, della forma che viene data alla storia, nei singoli casi e in ogni istante. Chi, sapendo che la corresponsabilità per il corso della storia gli viene imposta da Dio, non permette che nulla di quanto accade lo privi di essa, costui saprà individuare un rapporto fruttuoso con gli eventi storici, al di là della sterile critica e del non meno sterile opportunismo. Chi parla di soccombere eroicamente davanti ad un'inevitabile sconfitta, fa un discorso in realtà molto poco eroico, perché non osa levare lo sguardo al futuro. Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest'affare, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene. Solo da questa dornanda storicamente responsabile possono nascere soluzioni feconde, anche se provvisoriamente molto mortificanti. In una parola: è molto più facile affrontare una questione mantenendosi sul piano dei principi che in atteggiamento di concreta responsabilità. La generazione nuova possiederà sempre l'istinto sicuro per riconoscere se si agisce sòlo in base a un principio o in base ad una responsabilità vitale; perché in questo si gioca il suo stesso futuro. Della stupidità Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il male porta sempre con sé il genne dell'autodissoluzione, perché dietro di sé nell'uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con le proteste né con la forza; le motivazioni non servono a niente. Ai fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali semplicemente non si deve credere - in questi casi lo stupido diventa addirittura scettico - e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel far questo lo stupido, a differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa furiosamente all'attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere con argomentazioni lo stupido: è una cosa. senza senso e pericolosa. Se vogliamo trovàre il modo di spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di conoscerne l'essenza. Una cosa è certa, che si tratta essenzialmente di un difetto che interessa non l'intelletto ma
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