colosso con un cappello da texano, un bullo da paese che ora deve dimostrare di essere un bullo, ma che mentre carica il fucile, stringe fra i denti una umanissima paura che neppure il cappello spaccone riesce a coprire. "Nema ammunizia! Non ho più munizioni " gli grida l'uomo col kalashnikov. Il bullo lo raggiunge spara due colpi, si consultano. Vanno avanti e indietro. "Non sprecate le granate!" gridano a un terzo che 100 metri più in là fa partire un colpo ogni tanto con un RPG. Siamo in trappola, la strada da cui siamo arrivati è sotto tiro e quella a cui stia,rrioassistendo non è una difesa è solo .una sceneggiata, per illudere i Serbi che dietro ogni casa c'è un difensore 13ronto a respingerli. Il miliziano col mitra scende in strada, una donna gli chiede "DOVE VAI?" l'uomo mostra due caricatori vuoti ripetendo disperato "Nema ammunizia!" Sale in auto parte verso la curva poi torna indietro, e grida qualcosa al compagno. Questo raggiunge un ne~ozio e si mette a spaccare una porta per cercare un telefono e chiedere rinforzi. Non hanno nemmeno un walkie-talkie e dall'altra parte c'è un esercito. Dopo un quarto d'ora saltiamo in macchina e corriamo verso .lacurva sperando che la scritta "TV" ci salvi il culo. Al primo paese scendiamo in piazza, gridiamo "Mandate qualcuno a Lipick !Sono senza munizioni, fate qualcosa!". Ma la gente che beve il caffè turco ali' aperto ci guarda stupita e non dice nulla. Un droghiere impazzito urla da solo "Sono tutti banditi! Sono tutti banditi!". Alla fine qualcuno si decide a telefonare alla Guardia. Ma per questa gente, la guerra è già persa. A un kilometro da qui tre coglioni vestiti da soldati, armati solo di coraggio si faranno ammazzare per nulla fingendo di essere un esercito. Kruscevo: la guerra sull'Adriatico Il ponte di Masleniza che collega Zara alla costa è un arco di ferro rosso che si lancia allegro sul!' azzurro del!' Adriatico, che qui forma una specie di lago di rara bellezza.L'esercito federale martella i villaggi accanto al ponte con obici da 155 che fanno crescere sulla costa pennacchi di fumo molto più grandi dei paesi che distruggono. Sul mare, calmissimo nel sole di settembre, la guerra sembra quasi un fenomeno geologico fuori luogo, che avvenga per conto suo, indipendentemente dagli uomini, come un vulcano o un gheiser. Non si sente neppure un fucile che del resto non servirebbe. I Croati che difendono i villaggi, possono solo aspettare che l'uragano passi. Ma le rocce spelate offrono pochi ripari "Muoiono perché perdono la testa" ci dice dei suoi uomini il comandante di Kruscevo un piccolo villaggio assediato dai Serbi e dal mare "Si spostano dalla loro postazione per evitare una granata e finiscono uccisi da un'altra". I Croati non hanno armi pesanti e hanno l'ordine di non attaccare l'esercito. Aspettano tra le pietre, aggrappati ai loro fucili, sperando di non essere uccisi dalla prossima bomba. A mezzogiorno il bombardamento cessa seguendo i ritmi mediterranei di questa guerra che si spegne nelle ore della siesta e riprende furiosa nelle ore dell'alcool e della sera. I Serbi non hanno fretta. L'esercito demolirà per loro le difese Croate una dopo l'altra, estirpando gli uomini con i tank o con gli elicotteri, scegliendo con calma le macchine adatte a ogni terreno. Qui sulla costa è ancora più facile. Le strade sono strette, le vie di fuga si chiudono facilmente. Terra e mare sono un unico poligono di tiro che non offre scampo. Nell'entroterra intanto la guerriglia saccheggia i villaggi, sparando sul bestiame e rubando i' televisori. La carne marcisce nei frigoriferi staccati e i muri delle case abbandonate sono neri di mosche. Dellastu,idità. Unbilane10dopo.dieci di razzismo Dietrich Bonhoeffer traduzione di Alberto Gallas IL CONTESTO • anni Questo breve scritto, di cui qui vengono pubblicate le parti salienti, è stato indirizzato da Dietrich Bonhoeffer, pastore e teologo luterano, ad · alcuni amici, compagni di lotta nell'opposizione al nazismo, in occasione del Natale 1942. Qualche mese più tardi Bonhoeffer sarebbe stato arrestato e impiccato, il 9 aprile 1945, nel campo di concentramento di Flossenbiirg. E una sorta di vademecum del resistente: non sul piano della -tecnica, ma sul piano delle motivazioni etiche e religiose fondamentali. L'idea che guida lo scritto è la convinzione che solo l'uomo responsabile riesce a resistere, cioè colui che è capace di non adeguarsi allo status quo, ma anche che non si illude di salvare la propria coscienza mantenendosi fedele a rigidi principi. Responsabile è colui che si misura con la storia e con la politica, assumendosi il rischio della decisione, nell'azione concreta e nell'intervento attivo, non sulla base di norme precostituite, ma del libero discernimento. Agli amici Bonhoeffer ricorda che gli anni spesi nella formazione di una coscienza resistente sono anni spesi bene, anni "pieni". Egli sembra voler vincere ogni rischio di scoraggiamento provocato dai tempi lunghi dell'opposizione e dall'apparente impotenza di fronte al successo del male e alla "stupidità" delle masse. Per questo cerca di aiutare gli amici a capire e sposta, ad esempio, la "stupidità" dall'ambito dei difetti individuali a quello della soci_ologia,mostrando come essa venga prodotta, nella gente, dal cattivo uso del potere da parte delle forze dominanti. Questo "capire" ha un effetto "consolante": apre la prospettiva di un mutamento e di una liberazione possibili. Lp scritto si chiude con alcune considerazioni sullo "sguardo dal basso". Abituato da sempre a riflettere in termini teologici sull'abbassamento (Dio incarnatosi in Gesù Cristo, figlio di un falegname, fa propria la condizione umile di ogni povero) Bonhoeffer ha fatto ormai piena esperienza delle implicazioni politiche di questo punto di vista. Le "periferie", abitate dagli esclusi e dai derisi, sono per lui i luoghi donde soltanto (e tuttavia, anche questo criterio non va ridotto a rigido principio) si può cogliere l'ottica della liberazione, come è avvenuto per Cristo, messo in croce fuori delle mura della città. (A. G.) Chi resta saldo? La grande mascherata del male ha scompaginato tutti i concetti etici. Per chi proviene dal mondo concettuale della nostra etica tradizionale il fatto che il male si presenti nella figura della luce, del bene operare, della necessità storica, di ciò che è giusto socialmente, ha un effetto semplicemente sconcertante; ma per il cristiano che vive della Bibbia, è appunto la conferma della abissale malvagità del male. Palese è il fallimento delle persone «ragionevoli», che animate dalle migliori intenzioni e misconoscendo ingenuamente la realtà credono di poter rimettere in piedi tutta l'impalcatura crollata usando un po' la ragione. Nella loro miopia vogliono rendere giustizia a tutti i contendenti e vengono così stritolati nello scontro delle potenze contrapposte, senza aver raggiunto il benché minimo risultato. Delusi per l'assenza di ragione nel mondo, si vedono condannati alla sterilità, ed escono rassegnati dal gioco o si abbandonano inermi al più forte. Maggior impressione desta il totale fallimento delfanatismo etico. Il fanatico crede di potersi opporre al potere del male armato della purezza di un principio. Ma, come il toro, si scontra, fiaccato e sconfitto, col drappo rosso e non con la persona che lo regge. Si impania in cose inessenziali e cade nella trappola di chi è più intelligente.
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