"Russo è brutto", questo lo sapevano tutti, anche se nessuno ha mai avuto il coraggio di dirselo davvero. È come un dispiacere per un figliolo un po' sgraziato, quello che il militante comunista ha da tempo nel cuore. In politica, dicono; non si può_ essere schizzinosi, né si può ragionare da parrucchieri quando si tratta di far avanzare il socialismo, ma è certo che il brutto non aiuta la propaganda e per di più è controproducente se si ha il vezzo o il vizio di seminare ritratti e statue dappertutto. (E tra parentesi, agli italiani non è mai andata a genio la faccenda del culto della personalità; è stata una delle rog_nepiù difficili da affrontare, una cosa che - estetica a parte - ricordava troppo da vicino il fascismo). Nelle sedi di partito ci sono certo state le immagini anche sovietiche dei padri del comunismo, prima mescolate e poi sostituite dalle fotografie dei dirigenti nostrani scomparsi; certo, si sono proposti i nomi - degli uni e degli altri - per le vie e le piazze della periferia, ma solo per compensare la maggioranza dei nomi nobili e borghesi che avevano già fatto il pieno al centro ·storico, e che continuano a essere piazzati meglio anche quando sono morti da poco. Guardate dove è messa di solito "piazza Moro", e fra quali capannoni industriali si perde, senz'alberi, "viale Togliatti", per capire la differenza! E finalmente oggi la Russia suona non il campane! della Rivoluzione, ma qualcosa di similmente festoso: il "libera tutti" che dà termine al lungo gioco del nascondersi. È proprio questo il cambiamento tanto atteso: ma_non tanto perché è la seconda rivoluzione o la prima conversione, quanto per il fatto che la Russia "fa notizia buona": la Russia fa finalmente moda! Il Sindaco di Carpi è stato il primo: Più che sulla scìa, si può dire "a ruota" dei primi smantellamenti russi di statue di eroi e capi del comunismo sovietico, già il 28 agosto annunciava che il nome di Leniti era stato depennato dalla toponomastica cittadina. Un sensibile politico o un furbo Manager pubblico? (Ma poi, che differenza c'è più?) Certo che, se è ragionevole pensare che in Urss (o come si chiamerà d'ora in poi) ci sia stato qualche comprensibile opportunista e trasformista, fra quelli della rivoluzione d'agosto che abbattevano i monumenti della rivoluzione d'ottobre, è-ragionevole allora anche il sospetto che il solerte primo cittadino di Carpi si dimostri, nel suo antileninismo, perlòmeno un ingrato. Nella capitale del lavoro a domicilio "rosso", Lenin in fondo ha portato soltanto fortuna, oltre a fornire un po' di involontaria copertura per tutte quelle basse attività di caporalato, in cui si trovava impegnato, fino a ieri, più di un funzionario del Partito. La NEP di Carpi deve aver funzionato a ·meraviglia se oggi, in quel paese, il reddito pro-capite fa invidia a quattro quinti d'Italia. Ma l'Emilia Rossa non può e non deve ringraziare nessuno: è çinzi sempre stata l'alternativa italiana al modello "Russia": passata da regione rossa a regione guida, l'Emilia.Romagna ha sempre avuto il vantaggio delle vere avanguardie ('-'vanno dove gli pare") e la scarsa considerazione dei più rivoluzionari, che prima gli rimproveravano l'assenza di lotte e poi si sbalordivano per l'assenza di proletari. Lì, nell'ultimo paese del comunismo reale (che sta per "regale", ovviamente), il rosso ha funzionato davvero, tanto da essere ormai da tempo il colore del Lambrusco, dei pomodori e dei fragoloni (e perché no delle Ferrari), prima che_ quello delle bandiere. · Così perfino troppo tardi si è scoperto che non c'è più bisogno ·dì vie o piazze Lenin, né a Carpi né a Sassuolo. Sono anni che gli Emiliani conoscono e ripetono non una ma due verità. "La Russia è finita" e "L'America siamo noi". IL CONTESTO Tregiorni senza MichailSergeevic Alain Brossat traduzione di Saverio Esposito Lunedì 19agosto Ma chi si crede,d'essere questo Feliks, a irrompere così nella nostra stanza, all'alba, ballando davanti al letto un incomprensibile ballo di san Vito? Vero è che nòi dormiamo in camera sua e nel suo letto, ma le leggi dell'ospitalità, così scrupolosamente osservate Ìn terra di Russia? ... Ha i capelli in disordine, sembra un esaltato, e non riesco a capire una sola del torrente di parole che rovescia sulla nostra sonnolenza. Vagamente inquieto, scuoto Sonia che traduce automaticamente, a brandelli, gli occhi pieni di sonno: Gorbaciov rovesciato, forse assassinato, un Comitato per lo stato d'emergenza alla testa dello stato, le libertà politiche sospese ... La nostra prima reazione è di non accettare la penosa evidenza, ma di dubitare delle facoltà mentali del nostro ospite~ dopo tutto, siamo appena arrivati a Leningrado, lo abbiamo appena intravisto la sera prima e, visto come si presenta, il suo potrebbe anche essere uno scherzo da buontemponi ... o da ubriaconi. Ma non è così: Feliks apre la radio, sul nostro comodino, e la voce monotona che legge gli ukase del nuovo potere ci fa piombare, con un vertiginoso flash-back, in un bagno freddo brezneviano molto retrò. Più tardi, ormai svegli del tutto, decidiamo che fare. Nella trappola del buio cortile interno in cui vivono Feliks e stiamoglie Katia (che non abbiamo ancora visto, il putsch l'ha sorpresa nella sua dacia, a un'ora di ferrovia elettrica da Lingrado ), ci troviamo in totale balia delle parole dei tiranni che, per di più, ci annunciano il castigo per la nostra incuria e superficialità: ci troviamo a Leningrado senza visti in regola, lontani dagli amici moscoviti, privi di ogni elemento di apprezzamento critico della situazione. Uscire, sentire gli umori della strada? Ma forse già -le pattuglie militari vanno perlustrando la città, forse il nostro primo passo nella grigia luce della "Venezia del nord" appena intravista la sera prima, potrebbe rivelarsi quello buono (per modo di dire) , queÌlo che potrebbe c,onsegnare le nostre povere persqne al lungo braccio secolare dei nuovi padroni ... Suona il telefono. È Valera, amico di amici, ùno che non conosciamo certo meglio di Feliks o Katia, che aveva per compito di portarci in giro per Leningrado durante il nostro soggiorno (ed è bene ricordarlo ancora una volta: l'accoglienza degli ospiti - nasi gosti - è per i sovietici una questione d'onore, e preferirebbero farsi tagliare un braccio senza anestesia piuttosto che sottrarvisi). "Oggi è un giorno speciale", dice Valera, sobriamente e adeguatamente. Vuole innanzitutto rassicurarci: "voi non dovete preoccuparvi - Everything will be all right, no problem, don't worry - le frasi abituali vengono fuori da sole, dal suo inglese molto essenziale e dalla sua ferma determinazione ad adempiere a tutti i doveri dell'ospitalità. Intanto, passerà a trovarci tra un'ora. Ci sentiamo un po' sollevati: il nostro personale "assedio di Lenin.grado" è stato rotto, e il rumore intermittente che arriva fino a noi dalla strada non è quello dei carri armati bensì quello dei tram. Fatti arditi dal ristabilimento dei contatti con il mondo dei vivi, decidiamo di tentare una sortita dalle parti del vicino metrò
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