La Russia è solo una delle repubbliche dell'Urss, che intanto a sua volta suona come un suo monco anagramma. La Russia funziona, nella memoria e nella convinzione di tutti, proprio come l'inverso di una sineddoche: gli altri territori e repubbliche risultano annessioni di singole parti a un tutto che già c'era. È certo che da parte sua la Russia deve aver dato una mano a questo processo di sottovalutazione e dimenticanza di quel continente che si tirava appresso. A scuola, gli Urali sembravano le montagne più alte del mondo, una cesura che corrispondeva alla fine della carta geografica, per quanto riguarda noi europei (e si sa che quanto non ci riguarda, davvero è tenuto nella più bassa considerazione). L'Urss, riassunto dalla Russia, garantiva così quel1'identità geografica dell'Europa che, a guardar bene, non esiste: come dire che la Russia è complice della perpetuazione, se non dell'invenzione, del mito dell'Occidente, che è- prima, molto prima dell'America - proprio quel pezzo di continente euroasiatico che si protende naturalmente verso l'Atlantico, Patto compreso. Quell'altro legame terrestre e amplissimo, che in veduta aerea ci fa sembrare una piccola parte dell'Asia, da tempo è stato tagliato: prima era quello l'orizzonte da cui dipendevano le nostre paure e i nostri cambiamenti più grossi (la storia d'"Europa" è segnata da viaggi, commerci, guerre, invasioni, enormi debiti religiosi e culturali, con quegli imperi asiatici che anticamente ci consideravano una sorta di lontane, ignote ma devote colonie ...). Dicono che la scoperta dell'America ha cambiato il mondo, ed è vero perché ha benedetto le attese e le aspirazioni a fondare un indiscutibile Occidente cui aderire, ma anche la "trovata" della Russia ha avuto il suo ruolo, tenendoci lontani e ignari dal mare di steppe, di taighe, di tundre, che in geografia funzionava come un deserto e, per la storia, valeva quanto un immenso latifondo segreto dei nuovi zar russi: terre di sciamani e di gulag, riserve antropologiche o carceri politiche in cui si è cacciati in esilio o condannati a restare. Un Est esatto contrario del West, verso cui i pionieri erano ansiosi di cercare oro e di portare civiltà; un esatto contrario che tutto sommato è stata la fortuna dei Tungusi, dei Chukchi, degli Jacuti, che non se la saranno passata tanto bene ma almeno non hanno fatto la fine dei Sioux. La Russia? "È un'espressione geografica", anche se ha partecipato al Congresso di Vienna. È sempre stata, infatti, l'eterna nemica di tutti i Napoleoni e dunque l'Ultima Thule in cui, spegnendosi le ambizioni di conquista (leggi: dal momento che si era sconfitti), automaticamente si considerava chiuso il "mondo conosciuto", col risultato di un abbandono (leggi: ritirata) equivalente alla negazione della sua esistenza. Un po' come è successo per i'intero "mondo arabo" dopo i fallimenti dei crociati, anche i russi - bizantini e cristiani ortodossi prima ancora di diventare comunisti - si sono potuti emarginare ed esorcizzare via via, concentrando la Vera Europa in quel vespaio di stati e staterelli sempre più occidentali, e aiutando la coltivazione intensiva di un etnocentrismo spinto fino al delirio (anche dagli antropologi, oltre che dai mercanti, missionari, militari, ...), di un narcisismo etnico che è arrivato al ridicolo (superando addirittura gli esiti tragici di qualche decennio fa). La Russia ci ha fatto comodo. Intanto pian piano i Russi diventavano gli Altri, permettendo di perdere volentieri il calcolo e la vista di moltissimi altri ulteriori; e poi si andavano accollando il ruolo - per noi vitale - di necessari antagonisti sportivi, sempre a priori perdenti, anche quando arrivavano primi. Così è stato per Gagarin, così per i ragazzoni e soprattutto le ragazzone che vincevano le gare più rudi delle Olimpiadi: cosa mai sono valsi gli sforzi e i primati russi davanti ad avversari che erano IL CONTESTO Breznev cacciatore (arch.Rizzoli). vincenti per antonomasia? Un destino alla Bartali, con in più la stessa aggravante insoddisfatta e piagnucolosa del "tutto da rifare": il massimo che sia davvero "passato" come messaggio critico, da parte di quella che voleva e doveva essere la più grande e potente alternativa al sogno occidentale. Forse, almeno un po', la concorrenza è stata loro imposta (e un altro po', truccata), ma è un dato che la Russia è stata infine più che sconfitta. Surclassata. Non un segnale, un gadget, una moda che venisse da lì. Inseriti a forza nei film di spionaggio e in quelli della guerra fredda, i Russi si sono lasciati trattare da malvagi e da bonaccioni, ma sempre un po' da fessi; pochi occidentali hanno voluto registrare la signorilità dell'assenza di risposta sul terreno del kitch, da tempo diventato quello della cultura di massa e dunque del popolo: tutti l'hanno rapidamente fraintesa per impotenza, per povertà. Ebbene, e se fosse stato così? Nessuna pietà: per la Russia l'impotenza consumista, e tantomeno la povertà, è un peccato senza attenuanti, non ha diritto a nessuna· giustificazione. Prima, deve cessare la sua sfida prepotente sul piano politico e militare. Prima, deve ammettere di avere sbagliato tutto. Ma prima ancora, ammettere di avere perso. Non è solo per la sportiva soddisfazione dell'Occidente, ma anche per poter dare un esempio a tutti gli altri - quelli più diversi e lontani (e pericolosi?)-, facendo vedere che fare l'Altro, contro di noi non conviene. Forse il Russo maiuscolo è un Altro un po' particolare, e un po' inventato, ma è certo l'unico "altro" speculare che avevamo a disposizione, in un mondo peraltro pieno di tali diversi e di tanti emarginati reali da essere chiamato "terzo": con quello non c'è gusto, non è davvero possibile nessun confronto. Invece, non sappiamo ancora bene come vivono e cosa pensino davvero i veri russi, ma li si è potuti supporre come individui infine moderni, urbani e civilizzati (accanto a noi, simili a noi), che però certamente non si sentivano al centro dell'universo, come invece capita "naturalmente" a noi. La loro mentalità non poteva non fare i conti con la nostra superiorità: la loro società non poteva prescindere dalla nostra, e ignorare l'abbondanza di merci, cioè il livello di
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