Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

Corrido, foto di Tina Modotti. sole produce un chiarore sÒltantoobliquo e livido, sfumato come quello dei ghiacciai durante l'inverno boreale. Non si vede il limite delle pianure devastate. Dei boschi resistono soltanto moncherini d'albero. Marcia faticosa, a ogni passo lottiamo contro un perfido inizio d'impantanamento. La tempesta minerale crepita sul mio cappello, la cenere stende un velo sui miei occhiali, la cenere ci irrita gli occhi, scricchiola fra i nostri denti, la sentiamo, ruvida, incollarsi ai nostri· corpi, sotto gli abiti ... Sensazione d'essere avvolti in un sudario inesorabile. E che silenzio di distruzione! Se ci fermassimo un attimo per leggere in noi stessi forse comprenderemmo il senso della parola nulla. Non ci fermeremo. Non abbiamo tanta sete di capire. Il nostro faticoso progredire è battaglia d'insetti contro un universo. Abbiamo fretta d'arrivare. Dove? Al cuore del nulla? Non andremo oltre il campamento. Le sue baracche sono sommerse daile tenebre, battute dai rovesci della tempesta torrida, ma minuscoli lumi occhieggiano. Il cratere è vicino, appare e scompare, secondo che il braciere arda o si ripieghi nella propria notte. Fumi gialli serpeggiano sulla sinistra, dall'eruzione scura e massiccia nascono bagliori incandescenti, lottano contro l'asfissia STORIE/SERGE del fumo, impallidiscono, si spengono. Non sono più fiamme ma riflessi rossastri soffocati. Il vulcano alita, il suo respiro prolunga un rombo di cannoneggiamento sotterraneo. Una coppia abbracciata è andata avanti di qualche metro, la tempesta arida la circonda, gli ultimi amanti della terra ci appaiono così, su uno sfondo di brace soffocata, nell'unità di terra, cielo e fuoco che le tenebre avvolgono. Gli indios, poggiati ai banchi primitivi delle baracche, hanno sagome deformate, disseccate, schiacciate, da personaggi di James Ensor. I muli si stagliano, simili a ippocampi infelici. Una scarsa manciata di stelle trapela in uno squarcio del cielo denso. Ultime stelle offerte agli ultimi sguardi! Non è una visione di potenza cosmica, di mondo che principia, come quella che ebbi qui la prima volta. È visione di soffocamento mostruoso, di fine del mondo. Mi dicono che il Paracutin è entrato in agonia, per quanto certi giorni la sua energia esploda in vampe magnifiche. In agonia? Cosa ne sappiamo? Io amo questa parola, che di fronte alla morte della terra sottolinea la nostra unità col pianeta. Messico, 1943-1944 Copyright Vladi 1991 93

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