Lampi deflagrano con frequenza nello smisurato ventaglio di fuoco ma invece di cadere in zigzag capricciosi disegnano improvvise croci allargate; su uno sfondo purpureo tante X di biancore istantaneo. · Scaldati dall'alcol d'agave, dormiamo, uno a fianco all'altro, sulla terra della capanna, sotto il suono delle cannonate (come tanti europei, in queste ore ...). Sfolgoranti scintille scarlatte oltrepassano le tavole di legna male incollate. Ogni tanto distinguo i lampi bianchi delle scariche elettriche. Il colare della lava è un rumore amplificato di schiuma sulla sabbia. I bolidi, che cadono da 1500 metri d'altezza, martellano duramente la terra. Mi sveglio più volte, preda di una pura e semplice sensazione di catastrofe. Mi pare che la pioggia di rocce ardenti ci perseguiti ... Ma non siamo affatto così importanti. Verso le sei del mattino il vento scopre un paesaggio unico, di tinte cineree vagamente giallastre, sulfuree. Pallore del cielo, pesantezza dei fumi, leggiadria dei vapori, annientamento totale del mondo vegetale, a perdita di vista. Mentre sale la luce, la terra diventa più scura, le sue distese paiono mortalmente desertiche. Le fiammate che espirano dal cratere sono rosa o di un granata di sangue rappreso. Soffocate dal candore dei nembi zampillanti. A destra una falesia di rocce bruciate, color carne tumefatta. È la cresta di basalto nata dal Paracutin. Il poggio su cui ci troviamo scende in pendii arrotondati ·verso la base del vulcano e là, nel burrone, rocce capovolte aprono labbra d1pietra da cui fuggono dritti vapori di centinaia di fumarole. Attorno a noi alture ondulate che hanno come unico colore quello della cenere. I boschi devastati sono morti, esili scheletri d'alberi sono giallastri, non un segno di vita ... E nondimeno: su un albero calcinato due o tre minuscoli germogli verdi. Due indie camminano a piccoli passi attraverso la solitudine. Una è vecchia, una giovane. Mi dicono con tristezza che vengono a contemplare "la Meraviglia". Figure di cavalieri si stagliano sulla cresta nera. La luce messicana diventa torrida e accecante soltanto dopo le dieci del mattino. La discesa verso le pianure sterminate e il villaggio di San Juan, per dune vulcaniche, boschi uccisi, coltivazioni e pascoli annientati, attraverso una contrada lunare inerte e grigia, tanto vasta da apparire come sola realtà, la discesa è un ritorno al chiarore degli altopiani, alla dolcezza di vivere ... Il sole mattutino indora i campi disperati. Steli e foglie emergono dalla cenere. Agli accessi del pueblo, maguey tenaci si aprono ancora un varco nel manto di polvere minerale, con le loro foglie lunghe un metro, larghe e forti, che terminano con aghi inesorabili ... Le strade sono morte ... San Juan Parangaricutiro, fondata fra il 1540 e il 1545, poco dopo la conquista spagnola, finisce un'esistenza di quattro secoli. Contadini taràscos, fuggendo davanti ai conquistadores di Beltran Nuii.ode Guzman, si rifugiarono su queste colline. Furono evangelizzati soltanto cent'anni più tardi anche se la loro chiesa, che fu simbolo di sottomissione prima di trasformarsi in simbolo di fede, è stata costruita una prima volta verso il 1580. Le statistiche indicano 1500 abitanti nel villaggio e più di 4000 nel territorio municipale, dispersi su 302 chilometri quadrati ... In paragone con le campagne dell'America Latina questa popolazione era ricca. La chiesà lo prova: è costruita in buona pietra, in stile rinasciSTORIE/SERGE mentale, e domina un sagrato molto grande e l'umile gregge di abitazioni che non hanno mai più di un pianterreno. Quelle che mostrano maggior agiatezza sono ornate da un buon tetto sensibilmente sporgente sulla carreggiata, le più modeste sono coperte di vecchie tavole e di stoppie intaccate dal fuoco. Le tre navate, straordinariamente alte e spaziose, inondate di chiarore bianco, sono quasi nude. Nove del mattino, un indio finisce di spazzare le ceneri dal lastricato, un gruppo di fedeli avanza, inginocchiato, verso il coro. Sono soprattutto donne, vecchi e bambini; madri tengono i bimbi fra le braccia. Avanzano sulle ginocchia, mormorando. Di fronte al coro si sollevano sui piedi nudi, esili sagome scure, tese, vestitt:!di cotonina bianca e scialli neri. Le nuche sono dritte, le figure hanno una nobiltà da statuine e mormorano litanie abbozzando sul posto una danza saltellante, grave e leggera. La navata si riempie di ritmo furtivo, che fa pensare a uno scorrere d'acqua su una pietra. Il gruppo di fedeli arretra verso il coro, diradandosi, sussurando e danzando lentamente, facendo mezzo passo cadenzato in avanti e un piccolo passo indietro, coi visi seri. Non c'è dubbio, è un'antica danza magica assimilata alla preghiera cristiana. Produce un'espressione intensa, è una partenza a malincuore, interrotta da molteplici ritorni e implorazioni incantatorie ... Sono persone scure di pelle, magre, qualcuna fino allo scheletrico, con occhi infossati, sguardo taciturno. Danzando passano davanti a noi· senza degnarci di uno sguardo. Che la loro preghiera sia esaudita! Un anno dopo, a febbraio, siamo tornati nel bel paese di Michoacan. È passato molto tempo dalla stagione delle piogge. Si viaggia indefinitamente attraverso steppe bruciate, montagne bruciate, e lungo burroni bruciati. Bestiame magro bruca disperatamente l'ultima erba ingiallita. La terra arida abbandonata al sole ne prende il colore, ci si accorge che il colore terrestre.del sole può essere atrocemente triste. La vittoria del deserto è luminosa. Le catapecchie di adobe degli indios hanno anh'esse il colore inanimato del fuoco celeste diventato argilla morta. Attorno a esse crescono possenti maguey, mazzi di larghe spade vegetali, di scimitarre curve, aguzze, dalle punte affilate, dagli aculei malvagi, sontuosamente decorativi e tragicL La pianta cerca l'umidità del suolo profondo e aspira quella del!' aria bruciante, come le cactacee. Dà un'impressione di nudità armata, di energia solitaria, di rigore flessibile e duro. La sua linfa appena fermentata dà alcol assassino. Più la si contempla e meglio si distingue la nobile violenza che cresce in lei sfidando ·aridità, bruciore e distruzione. · Nelle soste, mendicanti da Medioevo mostrano che l'uomo può essere secco come la pianta. Visi ramati, quasi neri, scavati, aspramente virili. Riconosco in loro i fratelli dei mendicanti russi e dei fiamminghi dipinti da Brueghel. La maggior parte è tuttavia in buona forma. Il sole brucia terra, uomo, miseria, volontà di vivere ...Quando il paesaggio cambia, grazie alla benedizione delle acque, e appare una semplice vallata, gli occhi provano un sollievo inesprimibile. Sento quanto la vita vegetale ci è prossima e necessaria. Patzcuaro, vecchia piccola città ispanoindia, spagnola nelle pietre, tarasca nella gente, è mal tenuta. Opulenta grazie alla nobiltà dei grandi alberi dal fogliame scuro piantati secoli fa sulla piazza. È giorno di mercato, di colori screziati, di povertà. Dai villaggi 89
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