STORIE/SERGE nali, ignorano la Seconda Guerra Mondiale! Vivono nelle loro casette, più che altro capanne, nei loro giardini sulle isole, nelle loro piroghe, come seicento anni fa, quando avevano un regno, templi piramidali, sculture ricche d'ironico realismo, sovrani che si chiamavano Vapèani, Panacumè, Tariacuri, Tzitzipandacuarè, Zuanga ... Stanno tranquilli sulle loro isole, lontani dalle ville imponenti, eccetto che nella piccola incantevole isola di Janitzio, dove il presidente Don Lazaro Cardenas ha fatto costruire nel punto più alto un monumento colossale àl liberatore (poi naturalmente fucilato) Morelos. L'opera, dello scultore Ruiz, da lontano sembra uno strano faro, da meno lontano una mano mozza posata sulla roccia, che solleva un indice inquietante, da vicino non so se bisogna ritenerla semplicemente brutta o un riuscito capriccio di rocce troppo rigide che evocano una forma eroica. Molti visitatori vengono fin qua per contemplare il lago e il cerchio di montagne che lo attorniano, assieme alle mescite di Cocacola, ai piccoli ristoranti aperti dai Tarascos e allamasnada di marmocchi sciamanti da sotto le reti da pesca tese al sole, usciti da interni dove una penombra alla Rembrandt regna su vasellame, corde, spezie e . frutta, e che per un quinto, un soldo, vi cantano una cantilena in una lingua indecifrabile ... Le ceneri del vulcano coprivano le cose con una fine polvere minerale ma non intorbidivano la perfetta trasparenza dell'aria. Lontano, sopra le colline azzurre, si allargava un'enorme colonna di nuvolaglia densa, più grigia e compatta delle vere nubi, immo- . bile alla base e sempre più larga man mano che saliva fino a impennacchiarsi e spandersi nell'atmosfera, per 50 chilometri, in scie sottili di vapori carichi di cenere ... Non dimenticherò mai la fantastica notte stellata sul lago, che mi parve più scintillante, più _, cosmicamente viva dei più intensi cieli notturni di cui avessi memoria, quello sulla steppa degli Urali trasformata in banchisa dalla neve, quello della Martinica, dove vedevo sia la Stella Polare che la Croce del Sud mentre sui due lati di una lingua di terra giustamente chiamata Punta Estrema, dove eravamo internati in un aritico lebbrosario, onde fiacche cantavano a'bassa voce carezzando la sabbia. La profusione di stelle era tale che non riuscii a distinguerne una sola e se avessi tentato di nominarle mi sarei reso ridicolo. Le più grandi sparivano in una marea astrale, lo sguardo era piena ragione di vita. Il lago era nero come l'inchiostro, banalissima immagine! il lago era un nulla materiale, ma di tanto in tanto risorgeva dal nulla, popolato d'isole, circondato di vette, perché lampi s.'accendevano all'orizzonte, con tale regolarità che per un attimo credemmo all'esistenza di un faro sconosciuto. Era soltanto il respiro della tempesta elettrica sospesa da qualche parte ' sopra il vulcano. Oltre Patzcuaro si entra in un territorio privilegiato, una sorta d'immenso giardino semitropicale, annaffiato abbondantemente durante la stagione delle piogge ... Benedizione per gli occhi e per l'anima dopo la secchezza ardente dell'altopiano e dei suoi fianchi irti di cactus. Fra Jujucato e Parangaricutiro c'è una stazione ferroviaria che si chiama Tarascon. Uruapan, che in lingua tarasca significa "Tantifiori", è una piccola città spagnola dai grandi alberi, sovrappopolata, devastata recentemente da un incendio, che ha appena vissuto una premonizione di catastrofe mentre ceneri infuocate piovevano sopra vecchi tetti secchi ... Poi il vento ha girato, ci si è ripresi dalla paura, la vita sonnolentà e febbrile 86 continua, ma la città dai colori chiari, dai giardini semplici, dalle vie biancorosate, sembra passata attraverso la fuliggine. Il parco del Cupatizio ("Le acque cantanti"), dove sono più di cento fontane, ha foglie e fiori sotto la cenere, le piante di caffé sono nere; il paesaggio ha colori sinistri, ma le acque saltellano e cantano, le acque invulnerabili ... L'auto penetra nel sottobosco ·su un sentiero malamente sterrato. Facciamo dieci chilometri l'ora. Le fogli è sono comuni ma nell'aria c'è una cupa tragicità. Passiamo in uri villaggio penoso dalle case scalcinate, annerite e abbandonate. Maialini neri giocano in nere pozzanghere. Cenere, cenere. Un chiosco insensato sul bordo della strada espone ancora cosce e sorriso di una giri .hollywoodiana, impiastricciata di nero, che consiglia bibite americane. Miseria e solitudine. Terra, campi di mais, alberi, cespugli, indossano una tonalità grigionerastra foriera di morte. Le ceneri hanno cominciato la distruzione della strada trasformandola in dune. Camminiamo a cinque all'ora e nelle curve rischiamo di capotare. Sul calar del giorno entriamo in un bosco sinistro. Alcuni .alberi sono bruciati, un gran fuoco è passato su di loro, la sepoltura sotto le ceneri soffoca le radici, sopraffà le foglie ancora vive. Il fresco del crepuscolo pare quello di una grotta. In questa semimorte della terrae degli alberi, sulbordodel sentiero nerodove sprofondano · pneumatici e passi, una tomba ridicolmente spaventosa: della croce resiste un asse verticale, a fianco una speciedi spaventapasseri, . chino all'indietro, improvvisato con rami e abiti a brandelli dell'ucciso; ha l'aria di un fantasma vacillante sotto un alto albero morto. Tomba perfetta. Il vulcano appare all'improvviso, in lontananza, sul bordo di una radura, e pare sorprendentemente vicino. Si muove come mare. Una massiccia colonna di fumo grigiastro sale e si allarga verso il cielo, colossale. Si vedono masse opache di gas, polveri, vapori, fumo, che si muovono pesantemente su se stesse, si torcono, si annodano: hanno forma di viscere gonfie, operose, non si scompigliano ma salgono, salgono, ritmicamente s'infiammano di un fuoco di fornace spalancata. Ascoltiamo l'alito regolare delle esplosioni. L'arrivo a san Juan Parangaricutiro ci offre uno spettacolo "apocalittico", come disse Paul con parola semplicemente adeguata. Piena notte, l'auto sbuca su una gran piazza vuota. La notte è tre volte fitta, a causa del suolo nero e dell'immensa coda di cometa nera che si flette allo zenit e pare pronta ad abbattersi sulla regione condannata, per sommergerla senza scampo. L'attesa di venir sommersi sotto fumi asfissianti e ceneri roventi s, insinua nei nervi. Perché no? L'intelligenza.sfinita ricorda l'Era scritto dei musulmani, ottima spiegazione perché non spiega nulla se non l'inutilità della battaglia, e l' assenso. L'ultima forza dell'uomo vinto e l'assenso. Dicendo "Accetto" afferma se non altro una serenità superiore alla sua sconfitta. La piazza del paese sembra sconfinata; da un lato si confonde con distese di devastazione, cioè di ténebre. Il campanile barocco .della chiesa è un grido di pietra nera che s'innalza nel buio. Le regioni stellate del cielo sono fosforescenti, su questo sfondo la massiccia croce di pietra del sagrato è un altro grido vinto, ricaduto in silenzio. A un angolo di strada l'elettricità fiammeggia formando un'isola di luce cruda, come sul fondo della caverna, ma la.caverna è un pezzo di mondo. Là, attorno a piccole cucine indie sistemate
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