SAGGI/GOBEffl "Non potevo iofarmi forte della mia debolezza e della mia incomprensione p'er sbarrarti la via. Non potevo e non dovevo: sarebbe stato tradirti, mancarti, farti soffrire." guerra. è stata per me un tranquillo risultato non un sacrificio. Ignoro i tormenti, le crisi, le debolezze di cui i combattenti hanno sofferto - ma sono perfettamente padrone più di loro della verità che essi sono riusciti a mala pena a conseguire. Io credo di non essere affatto immodesto pensando che i miei studi politici non valgono affatto meno di quelli di Missiroli o di Salvemini; che i miei studi letterari sono superiori a quelli di Tilgher o di Borgese, che certe mie note di informazione valgono quelle di Prezzolini e certe opinioni quelle di Missiroli. Ora che mi metto alla critica d'arte, lateralmente ma con qualche serietà, posso gareggiare con Venturi o con Soffici, magari superarli. Mi sono cimentato alla Filos[ofia] gr[eca] e subito non sono stato inferiore agli specialisti tipo Cardini o Tilgher: sono stato più erudito di Cian e più penetrante di Gentile studiando Ornato e Bertini. Mi si affaccia ad ogni tratto un nuovo sistema filosofico. Leggo un libro di diritto penale o di procedura e costruisco una nuova teorica che spaventa Manfredini e lo entusiasma per la novità. Non scrivo drammi o romanzi solo perché vorrei scrivere subito un capolavoro. Tutto ciò è la mia condanna. Io non mi ritrovo tutto in nulla C,i ciò che faccio. Il mio difetto più intimo dunque non sta in una mia impotenza, ma nella mia ~overchia maturità espressiva. Non soffro di fallimenti romantici; ma un'esuberanza romantica c'è . ancora in me, gravissima. Io non mi avvio se non indirettamente verso la sintesi di me st<;:sso:questa verrà come un imprevisto: io non la posso guardare come mio scopo e non in un modo non veramente cosciente. Capisci, bimba mia, come è assolutamente impossibile che io ti risponda quando tu mi chiedi se sono felice? Per molti anni io non ti potrò rispondere e se vorrò un po' di luce mi dovrò accontentare di una luce artificiale. Mi sonomesso a un cimento terribile: aspetterò la risposta della storia. Distruggo ogni più gelosa intimità mia, mi condanno a tutti i fraintendimenti. Voglio obiettivare in ogni istante me stesso, lasciare che la sintesi venga da sé: ogni mio atteggiamento diventa un'esperienza nel senso vero della parola, espressa. Ma per questo appunto le mie azioni singole saranno capite ed io non sarò capito. Si avrà della simpatia verso di me, ma difficilmente fiducia ma non mai per le vere ragioni per cui io valgo. La mia sintesi ottenuta per ascesi di espressione e di cosmicità potrà essere un fallimento spirituale, ma anche se avrà il suo coronamento ci costerà sempre troppi sacrifici pratici. I valori interiori non sono separati necessariamente dai valori esterni, per me finiscono con l'esserlo a meno che io non mi fermi a candidi e placidi limiti. Io non mi fermerò perché sento che dilaniando me stesso in unà limpida calma e freddezza esterna posso fondare in questo mondo di uomini saggi, teorizzanti i propri limiti, là fiducia di un immanentismo eroico. Si tratta di ritardare la sicurezza di vivere senza metafisiche, senza estenuanti ottimismi - la mia fede non mi può venire che dal comporsi obiettivo delle mie azioni e dal loro ritorcersi su di me. Il gioco è pericoloso, ma è il solo che ci salva dal progettismo. Certo c'è più impassibilità e crudéltà verso se stesso che serenità. Ma mi avvedo di scriverti con troppo disordine e fretta e son cose che neanche dette con calma si possono intendere agevolmente. In questi giorni ti scriverò come il nostro amore abbia in questi orizzonti la sua via e la sua continuità. Ora cerca di star bene con tranquillità: e sii sicura del tuo Piero. 6. Ada a Piero Finalmarina,7 agosto [1922] Ho ricevuto la tua lettera del 5. Ma io non voglio che tu mi consideri come Una bimba a cui si deve dare soltanto calma e gioia e non si debbano comunicare i propri tonnenti. Questo vuol dire essere lontani. E per la tua didì l'unica gioia invece è quella di esserti sempre vicina, tanto, sempre di più. Scrivimi tutto di te, amore. Non sono più turbata e stanca: sto molto meglio e sono in uno stato_molto limpido in cui posso più facilmente intendere molte cose. A quest'ora tu avrai ricevuta la mia di ieri e avrai visto come io pensassi sul nostro amore quasi le stesse cose che tu mi hai scritte. Ma oggi vedo con una grande chiarezza la differenza che c'è tra il mio amore e il tuo: differenza in cui (non so se saprò spiegarmi) è una profondissima identità e che è insieme la giustificazione spirituale della nostra unità. Per te il mio amore è il solo conforto nei momenti sempre più rari di debolezza, è anche qualcosa di più, forse molto di più: ma è qualche cosa nell'organicità della tua vita. È un'esperienza, nel senso più alto della parola; un'esperienza eterna, infinita, ma sempre un'esperienza. Per me invece questo amore non· è qualche cosa nella mia vita, è la mia vita stessa, è nell'aria che io respiro, è la ragione per cui vivo. In me non c'è nulla che non sia quest'amore e quando tu, caro, prendi il mio capo tra le tue mani, mi pare che l'anima mia passi come per un miracolo in te: come in questo momento in cui, nel pensiero di te, mi pare di scomparire. Tutto il resto, lo studio, il lavoro esistono per me so1tanto in armonia col pensiero di te e per me non hanno altro valore intimo che quelto d1 amore. Non credo per questo che tu mi ami meno di quanto io ti amo: anzi, per quanto il mio amore sia immenso, pure sento il tuo ancora più grande. Perché il tuo è amore di creatore e il mio di creatura. In questo non mi pare che ci sia né inferiorità mia, né superiorità tua: ma semplicemente in questa differenza la necessaria intima ragione della nostra unità. Mi sono spiegata? Ma del resto Piero capirà ugualmente ciò. che voleva dire la sua didì. Scrivimi, scrivimi tutto ciò che tu pensi, amore mio: non mi stanco affatto. Voglio sentire in me tutto lo spirito tuo. didì 7. Piero a Ada Torino, 27 [agosto 1922] Oggi arrivò Prezzolini, ma si fermò solo 2 ore alla stazione e perciò non potemmo parlare a lungo. Ho quasi finito la nuova redazione dell'articolo sul Praga che manderò alla "Rivista di Milano". In questi giorni rifare un·vecchio articolo è molto consolante. ·Questo anno di lotta, di vita pratica e militare, di poco studio, mi hanno maturato. Io non posso non sorridere vedendo cose vecchie mie. Mi sento giorno per giorno nuovo. Per esempio il lavoro sull'Alfieri mi persuadeva mentre lo scrivevo, lo sentivo 77
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==