Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

Ml CHIAMANO NARRATRICE Jo Carson a cura di Annalucia Accardo e Anna Scannavini traduzione di Riccardo Duranti Scrittrice, attrice, storyteller, Jo Carson vive e lavora a Johnson City, Tennessee, proprio nello stesso posto dove è nata e cresciuta. Non è sempre stato così. Come tutti, Jo pensava che per diventare artisti fosse necessario andare a New York, lasciare la provincia. Vivere a New York, invece, le è servito per rendersi conto di quanto fosse importante per lei e per la sua arte ritornare alla Jo Corson. storia e alla lingua della sua regione. Affermare "Mi piace avere radici" signifiéa rivalutare il fatto di esser cresciuti in un luogo, appartenere a un posto e voler scrivere di ciò che si conosce e si capisce. . Nel Tennessee orientale - la regione di Johnson City --:- la storia comune è quella di un'area degli Stati Uniti impoverita dallo sfruttamento industriale di .risorse naturali altrimenti molto ricche. Nella situazione, quello che artisti come Jo Carson lottano per attivare e conservare è uri senso di appartenenza che contrasti il processo di espropriazione imposto dalla storia. Per Jo, uno strumento importante e intimamente locale è costituito dallo "story-telling". Non c'è famiglia in Appalachia che non abbia il suo story-teller, anche se probabilmente nessuno lo chiama così. Story-telling è quello che si fa normalmente a tavola, in campagna, con gli amici per passare il tempo: è raccontare quello che è successo ieri, o quello che raccontava sempre uno zio o il nonno e poi aggiungere particolari; è dare forma e profondità ai fatti e ali' esperienza, facendo in modo che questi · fatti si mantengano vivi nel passaggio da una generazione all'altra. Partecipare a questa attività significa dare un contesto alla vita individuale, còstruire e sentirsi parte della storia. Soltanto dopo essere stata costretta a perdere l'inflessione dialettale della sua gente, Jo Carson è riuscita a capire la poesia e il ritmo del linguaggio che si parla nell'area meridionale dei monti Appalachi. Quando, tornata da New York, ha risentito la poesia di questo linguaggio, ascoltare è diventata un'abitudine, quasi una droga, come dice lei, e ha cominciato a scrivere i People Pieces: I Pieces sono una raccolta di monologhi e dialoghi di gente che Jo Carson incontra nelle strade e nelle case di Johnson City. Possono essere frasi c.heha captato dal parrucchiere o conversazioni durate minuti, o anni. Il carattere principale dei Pieces è che non sono inventati a tavolino, ma sono piuttosto un canale attraverso cui far passare la voce della gente che altrimenti non verrebbe mai ascoltata, cercando di rimanere fedeli alle storie degli altri. · Alcuni dei Pieces sono divertenti, altri tristi, alcuni impegnati e di protesta, altri amari, sui contrattempi quotidiani, ma tutti fedeli allo spirito della comunità. Possono parlare di amore, di divorzio, di cucina, di ambiente, di razzismo. Jo li ha raccontati dappertutto, nelle scuole, nei club, nei locali della sua regione, ma anche a New York, a San Francisco, o fuori degli USA, in Nicaragua e perfino a Roma. Proprio perché · affondano le radici_nella 'vita della gente, i Pieces funzionano ovunque, attraversano e superano i confini culturali e sociali della comunicazione. Dal 1982 sono stati trasmessi a intervalli regolari dallaNational Public . Radio e nel 1989 sono stati pubblicati sotto forma di libro-Stories I ain't told nobody yet (Orchard Books) - con notevole successo di critica. A Stories è seguito l'anno scorso, sempre con Orchard, Pulling my leg, un racconto per bambini che assimila e reinterpreta i modi della esagerazione umoristica e la tradizione del "rusty" - il tiro birbone - ambedue generi molto legati alla tradizione narrativa della frontiera americana. Accanto alla narrativa e allo story-telling, c'è il teatro: da performer, Jo è diventata anche drammaturga. Il suo Daytrips, del 1988 è un dramma sulla famiglia, la follia e il rapporto con la madre. È stato presentato con successo a Los Angeles e nell'autunno 1990 si è trasferito a New York. A Daytrips segue ora Preacher with a horse to ride, un dramma basato sulla visita in Kentucky della commissione Dreiser durante il sanguinoso sciopero di Harlan del 1931. Una prima serie di rappresentazioni - Atlaritae a Blacksburg in Virginia-ha già chiaramente segnato per Jo un nuovo suc·cesso e Preacher with a horse to ride promette di contim1are a essere rappresentato per molto tempo. * * * Qualche volta seguivo mio prozio Lester quando arava. Usava due muli per tirare l'aratro. Si chiamavano John e Henry e mia nonna aveva battezzato i suoi piedi coi nomi dei muli di zio Lester, _dicevache suoi muli erano quelli e si rivolgeva a loro proprio come faceva lo zio con quelli veri. Quando zio Lester arava il campo vicino al fiume, di solito dai solchi affioravano oggetti costruiti dagli indiani che un tempo abitavano quei boschi e io potevo tenere tutto quello çhe trovavo. Ho ancora un'ascia, una zappa, un raschiatoio e diverse_ punte di frecce: quando ero bambina le · raccoglievo dai solchi e facevo finta che mi appartenevano. L'ascia la rovinai un po' nel tentativo di abbattere un albero; allora smisi di giocarci, ma è solo quando cominciai a studiare che compresi cos'è che tenevo in mano quando impugnavo quell'ascia. * * * Un'altra cosa che bisogna sapere di zio Lester e dei suoi muli è che erano molto testardi e a volte lui s'arrabbiava con loro per giorni e giorni. E voglio raccontarvi anche la storia di mia nonna, della sua scalata sociale e dei suoi muli: di scarpe portava il 37 e aveva la pianta'del piede molto larga (gliela presi io l'impronta per comprargliene ùn paio, una volta che non poteva andare al negozio) ma, per tutto il tempo che l'ho conosciuta io, quando andava a comprarsi le scarpe da sola non prendeva mai quella misura. Le comprava sempre del 41 a pianta strettissima e costringeva i piedi a infilarsi · lì dentro. Le si erano peformate le ossa come a quelle donne cinesi a cui fasciavano i piedi, magari non erano ridotte proprio così, ma insomma. Lo faceva perché voleva andarsene da Kyles Ford, Tennessee, il suo paese d'origine, dov'è nata anche mia madre. Era convinta che i poveri montanari ignoranti (come· chiamava gli abitanti di Kyles Ford. quando l'ho conosciuta io e lei e-il nonno vivevano ormai a Kingsport) avevano tutti i piedi tozzi e larghi a forza di andare in giro scalzi, mentre lei e fa sua famiglia non erano dei montanari ignoranti. Aveva finito col convincersi di avere piedi aristocratici, sottili e affusolati, e quindi si comprava scarpe che lo attestassero, a prescindere dal fatto che le entrassero o meno: Quando si rivolgeva ai suoi "muli", lo faceva per schernire sia il modo in cui era stata allevata (le privazioni e la vita dura dei muli) sia suo cognato Lester che viveva ancora in quel modo. E ora voglio spiegarvi qualcosa del posto dove vivo: questa -regione è delimitata da due catene di monti, la Blue Ridge e i Cumberlan~, formatesi in modi ed ere geologiche diversi. Quando 59

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