Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

nell'esilio sono diventati ancora più profondi. La creazione, l'espressione di me stesso, è divenuta con l'esilio cosa indispensabile. È l'unico modo per resistere, e guadagnare la forza necessaria a sopportare quello cui ogni giorno si assiste. Devo dire che ho avuto molta fortuna. Bagdad mi ha dato una bella casa, una seconda patria. Amo molto l'Iraq: So che fin dai tempi più antichi della storia, fin dall'era babilonese, l'Iraq, la Mesopotamia, è sempre stato strategicamente fondamentale per la Palestina. E ancora lo è oggi. La mia percezione storica è molto netta su quest'aspetto. Per nostra fortuna in Iraq ho trovato la forza di continuare a scrivere. E ho svolto un ruolo molto importante nel movimento artistico e letterario di questo paese. E come mai proprio scrivere ? La sua è una scrittura in un certo senso militante: lei e uno scrittore prima di tutto e profondamente palestinese. Ma perché la scrittura e non le armi, o prima ancora la politica, per rivendicare la propria storia ? È il destino, è il destino. C è gente nata per scrivere, altra fatta per correre i cento metri, altri per prendere le armi e gettare bombe. E così via. Il mio destino ha voluto che scrivessi. È come una vocazione che ho da sempre, come le dicevo. A dieci anni ho scritto una piccola pièce teatrale ... Nessuno mi ha mai insegnato Gerusalemme, quartiere arabo (foto di Dino Fracchia/Contrasto). INCONTRI/ JABRA a scrivere teatro. Vivevo in un ambiente povero, umile, semplice. Mi è capitato di vedere una pièce, e poi di leggerne altre. Ricordo che le prime pièces le ho viste nelle scuole dei francescani e dei salesiani. Quando ero piccolo i conventi italiani facevano parte della mia cultura. Poi ho cercato di imitare i testi teatrali che leggevamo a scuola. È stato solo un inizio, certo. Scrivere non mi è mai parso una cosa strana, un fatto straordinario. Eppure non avevo un solo amico che serivesse, ero l'unico. Serivevo e gli altri recitavano. Ogni tanto recitavo anch'io. Col passare del tempo ho sentito che non avrei mai smesso di scrivere. Non posso stare senza scrivere. Se fossi messo in prigione - che dio non lo permetta - penso che scarabocchierei sui muri. Durante la nakba, dopo la nakba, sempre, fino a oggi, la scrittura è nutrimento che mi dà forza, è sostegno per la vita. Le dà un senso. Una volta ho detto che se non dovessi più scrivere mi ucciderei. Qual è il suo ruolo in quanto intellettuale ? Dovrebbe chiederlo agli altri, è difficile parlare del ruolo che svolgo, in cui io agisco. Il ruolo dell'intellettuale è quello di far muovere le tendenze innovatrici nelle diverse forme di espressione. L'ho detto con particolare insistenza soprattutto a partire dal 1948. Ho detto che la nostra vita doveva assumere una forma diversa. E che la prima trasformazione si realizza nel!'immagine 49

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