nocenza" fascinosa che riesce, così sembra, a distrarre perfino i rivoluzionari (Arturo Duran, Bobby soprattutto) dal loro duro compito. Hemingwayano è anche, ovviamente, il dialogo che vorrebbe essere stringente ed ellittico: e ha la palma del Cattivo Hemingway applicato non alla pesca della trota ma al rischio estremo: quello della lotta rivoluzionaria e del coinvolgimento in essa di un giocatore d'azzardo. Jack è Robert Redford, la cui presenza di star si è fatta qui assenza stellare: in superficie, più attivo ed elaborato del solito, dotato di una serie spezzata di gesti; ma qui sta il punto, in termini di recitazione, l'attore ignora del tutto il trucco hemingwayano di impiegare mezzi economici per suggerire emozioni complesse. Si diceva, ali' inizio, dei partiti della forma e del contenuto. Coppola e Pollack sono, in certo senso, l'immagine speculare di una fame talmente acuta di Contenuto che non può altro che saziarsi, paradossalmente, nella ripetizione di formule narrative collaudate, di una Forma che si autorappresenta nella totale amnesia di essere già stata trovata. Per questo, in fondo, le domande in certo senso attuali che i due cineasti si pongono sono destinate a non trovare risposte che non siano che vacuamente formali, o prevedibilmente tali. In questo modo azioni ripetitive costituiscono il fondamento strutturale degli inevitabili cerchi che fanno il mondo filmico dei. due autori. Dov'è l'alternativa, sec'è?Non in un ideale cinema di totale contenuto, inesistente e irrealizzabile, ma forse in un cinema che fo1malizzi gesti trasgressivi e domande imbarazzanti di una John Cusack e Anjelica Husfon in Rischiose abitudini. A destra: Antony Hopkins, "Hannibal the Cannibal" in Ilsilenziodegli innocenti. CONFRONTI fiction già sufficientemente formalizzata da lasciare indenne il suo contenuto più originale. È il caso del rapporto di Stephen Frears con uno dei 'travalicamenti generici' più che romanzi di Jim Thompson, Rischiose abitudini (più sobriamente, The Grifters (I truffatori), nell'originale inglese). I personaggi dei romanzi di Thompson chiedono domande imbarazzanti e spesso ne attuano le risposte insoddisfacenti (in termini sociali) in un'acre miscela di sesso e denaro. Questo film realizza fedelmente domande erisposte in un sessualmente intenso thriller edipico ambientato a Los Angeles nel particolare mondo in occhiali scuri dei truffatori. Un Coppola o forse anche un Pollack sarebbero riusciti, in un fervore di ricostruzione naturalistica in cerca di Storia, a espandere la vicenda in un filmone agglomerante. L'economia di Thompson ( e del suo sceneggiatore Westlake) non lo consente a Frears. A parte la efficacia di un'ossigenata Anjelica Huston, e il felice tono generale del film, le domande restano domande (come devono): la bionda ossigenata, inginocchiata su un uomo esanime e insanguinato, gli bisbiglia qualcosa, poi prende a infilare in una borsa mucchi di banconote insanguinate, lo guarda e piange convulsamente. L'ha ucciso? Lo amava? L'una e l'altra cosa? E da dove viene tutto quel denaro? Quando il 'contenuto' di queste domande si chiama Thompson, o Hammett (si veda Crocevia della morte di Joel Coen, ispirato a Piombo e sangue) non c'è stilismo pur deliberato (e quello di Frears e di Coen lo è) che ce ne faccia dimenticare il significato storicopreciso. L'evocazione del contenuto continua, nel recente cinema americano, nelle forme di un testo romanzesco globale che ha molto di un avveduto pasti che intertestuale: è un testo che si va facendo sempre più vuoto di significato, ·specie sulla superficie. Ma sotto, una quantità di subtesti lottano terribilmente, intersecandosi freneticamente sotto le opacità brillanti e levigate della cifra linguistica generale. È ovvio che il testo di cui sopra termini sempre, ed esclusivamente, con una domanda: se i1 sempre più elaborato ricorso al mito o ·al simbolo non sia l'ammissione che il cineasta non è stato capace di fare il proprio lavoro ed è stato sconfitto dalla recalcitranza del suo materiale grezzo. È forse che i miti stessi sono oggi forme ideologiche e di scambio corrente tali che si devono sfondare per decodificarli. La maggioranza degli autori del cinema, e della cultura, di oggi naturalmente non vogliono farlo: costituirebbe un'emorragia dei loro investimenti. In un mondo diverso dall'attuale il testo su cui essi si basano non avrebbe infatti alcun senso: è il materiale grezzo a essere recalcitrante o lo è la nostra coscienza? La Banca centrale delle Forme Simboliche pare dunque essere l'ideologia informante il contenuto-base del cinema americano di oggi: una stazione di emissione-dati che cerca complicitàlcon il proprio disegno mentre nomina con trasporto precisamente quelle cose che sono state represse-dalla sua cultura deodorizzata, e usa una repulsione soci aie e personale per risvegliare la percezione offuscata dello stato dell' organismo fra i computers. In questo, lo scenario primario, il profondo psichico, il contenuto irriducibile, c_omunemente inteso, segnala una sorta di nostalgia di storicismo ed è esso stesso un'ideologia con cui fare i conti. Ho parlato di un testo globale nato da una realtà la cui superficie è tenuta a bassa visibilità, in cui, perciò, il 'primario' (così cornei! profondo psicologico) attraversa le classi (o quello che sembra ne resti oggi) fungendo da elemento unificatore. Ma sorge la domanda: cosa c'è di 37
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