Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

ni di Portelli hanno a che fare con la diffusione della religione negli States. Ma non per ridicolizzarne o stigmatizzarne le manifestazioni più folkloristiche, come fa quasi sempre la stampa. Senza la comprensione del cosiddetto fondamentalismo è impossibile la comprensione di gran parte delle cose americane, dice Portelli, e ci spiega perché. Ci spiega che il fascino della musica rock non sarebbe così violerito, così immediato, se gli esecutori non fossero preda del senso-di colpa per aver "ceduto" al diavolo. Eche i I fascino deipreacherfondamentalisti della domenica, quelli che stregano mezza America dallo schermo televisivo, ha le stesse origini. Che la religione, in un paese dove manca il pluralismo-ideologico, diventa un surrogato delle articolazioni e divisioni di cui una cultura ha bisogno almeno quanto dell'unità ... Ma anche CONFRONTI che pur consentendo la divisione, la religione non può che ribadire l'unità: siamo tutti cristiani. Ci spiega che gli americani, testardamente idealisti, riescono spesso in imprese impossibili, come trasformare una sconfitta sindacale in una grande vittoria politica. Ci dice, essenzialmente, una cosa che dovremmo sapere da tempo, nonostante il tentativo dei mezzi di comunicazione di propinarci l'immagine di un'America infantile e ridia cola, ripetitiva e sclerotizzata; e cioè che gli Stati Uniti sono uno dei pochi posti al mondo dove succede sempre qualcosa, che ne parli o meno la stampa. Perché la gente, nonostante non vada a votare, continua a credere nel Dio della Costituzione, quella che promette felicità e uguali diritti per tutti. Senza curarsi delle continue, implacabili prove contrarie. Riflessi ripetitivi e rischioseabitudini. Sualcunirecenti filmdagli Usa Francesco Binni La lotta .che tuttora oppone, nella critic;a cinematQgrafica, formalisti estetici di vario colore e sostenitori del puro contenuto tende a sedurre sempre più adepti verso il partito del contenuto. Forse perché parole come "forma" e "struttura" si sono rivelate sempre più alleate di un'operazione cumulativa di tecnica della confezione, incui sono implicati alla pari advertising, marketing e psicologia. La legge primaria è sempre più: non è solo importante rispondere alla mente del consumatore; lo è soprattutto strutturare quella mente così da metterla nella disposizione più adatta a ricevere certi messaggi. Questo ci permette ·di' vedere la questione del contenuto in un altro modo. Chi parla di un cinema dotato di µn proprio linguaggio puramente visivo, sembra dimenticare che ogni volta si presenti un tipo che sia di immagine concreta tutto un quadro di riferimenti mette in moto mente ed emozioni oltre che la complessa operazione della persuasione di realtà. Dovendo parlare di un cinema "puro", ebbene questo dovrebbe consistere semplicemente in una pura "proiezione" di forme visive svincolate da possibili referenti-e dovrebbe, inoltre, non avere critici (che sono, dopo tutto, sempre più letterari) che lo interpretino per noi. Può sembrare comportamentismo, riflesso- .condizionamento, ma è così che il nostro rapporto con lo ·schermo del film si consolida nei decenni della nostra vita dentro il computer del nostro inconscio, che non cessa di rileggere il _serbatoio delle immagini omologandone, nella pura attività di assimilazione, le diverse valenze contestuali-ideologiche. Si può ben dire che tutte le parti ideologiche partecipano e si alimentano della stessa perpetuata memory bank di immagini evocative: sarà l'ambiente e il fine del contesto che semmai cambierà il significato delle immagini senza privarle del loro potere energetico. Il che ci porta a parlare di un problema certo cruciale: l'esperienza del "film di culto" dietro operazioni filmiche odierne realizzate con largo capitale: Il Padrino 3 di Coppola, Havana di Pollack, qualche esempio minore di cultura cinematografica autoriflessa. Diciamo subito: si tratta di imprese che non implicano solo flusso di capitale, perché vi sono presenti materie prime psichiche oltre ai costosi mezzi tecnologici per realizzarle. Opere in cui una congerie di cadaveri sonorichiamati invita, almeno come spettri, tramite una loro ricapitalizzazione. Dopo tutto, il capitale è quella forma dello spirito in cui gli oppressi e gli uccisi o torturati continuano a vivere dopo la morte: e certo è superfluo ricor~ dare la prefazione al romanzo-sceneggiatura di Mario Puzo, da cui Il Padrino 1 ( 1972) fu tratto, in cui l'autore cita niente meno che un Balzac che guarda a Brecht: ''Dietro ogni grande fortuna c'è un crimine". Cominciamo: il cursore si sposta su una mappa del Mediterraneo come un nero fiume che scivola verso il cuore delle tenebre e la città di Casablanca, e il bar-casa da gioco di Rick, che ha la faccia di Bogart, ma la luce e la cifra formale del Citizen Kane: è la sequenza iniziale, astratta; di Casablanca, ormai parte perpetua dell'inconscio di tutti, che si abbiano venticinque anni o il doppio, o ancora più. Risultato enorme del cinema americano, e sua indiscutibile vittoria sulle nostre resistenze interne: sia l'uno che l'altro dei films citati è il cinema americano, o forse semplicemente il cinema: ambedue sono psicologicamente e socialmente stupidi, salvo la risonanza nivea di Casa Kane (indubbio effetto poesco) e le notturne selci bagnate popolate di nebbiosi impermeabili delfilm di Curtiz, "As time goes by". Ma le 'masse' ancora si commuovono ... Il Padrino 3 nasce, già nelle intenzioni; come (parole di Coppola) "più grande in scala dei suoi due predecessori: è la cattedrale della serie dei Padrinò", in cui "il termine 'Mafia' non si riferirà tanto al Clan italiano, quanto ai più alti livelli di potere operanti nei loro termini clandestini. Che accadrebbe, mi sono chiesto, se i Corleone, nell'atto di ingrandirsi e di acquistare legittimità, s'imbattessero nella Mafia reale, sia quella che è alla Casa Bianca al Quirinale, o altrove? Ci siamo immersi in una ricerca estremamente ricca sulla storia dei passati dieci o dodici anni per poi immedesimare i nostri-personaggi esistenti in quel materiale". Questa.terza parte della trilogia del Padrino è chiaramente una riflessione storica sulla vita interna della serie oltre che della 'famiglia': è pàssato un ventennio da quando il primo Padrino fu il Classico film di Hollywood, il Casablanca degli anni settanta; la sua struttura accurata in ogni dettaglio è stata capace, tramiie il suo mezzo formale chiave - il montaggio parallelo - di offrire sia una critica dialettica del capitalismo americano che una sequenza narrativa tesa e spettacolare: prima di Kane viene inmente il griffithiano Nascita di una nazione. Il film dimostrò implicitamente, per quelli predisposti a recepire questa lezione della storia, che la società americana funziona su due liveBi: uno esteriormente 'pulito' e uno più interno di violenza predatoria. Per lo spettatore meno socialmente avveduto, il film costituì una prova particolarmente efficiente della•forza narrativa del cinema americano ciassico. Il suo successo commerciale senza precedenti indicò che, in realtà, la critica anticapitalista nelle intenzioni di Coppola operava tutt'al più come sottotesto, leggibile da chi fosse interessato. Senza il suo seguito - Il Padrino 2 .(1974) - la critica coppoliana (quasi marxista) dei miti del successo americano nel Padrino I sarebbe restata tacita. Risultato: il film incassa sono un _terzo del suo predecessore, e dopo tutto non si discosta poi molto dalla linea mobile della mitologia tradizionale americana. Questa volta il cursore di Casablanca ripercorre sulla mappa degli States tutte le tappe di frontiere sempre più arretrate: i movimenti dei Corleone - dalla Sicilia ali' America, da New York al West (Las Vegas, Lake Tahoe ), dal West a quella frontiera estroflessa che è Cuba - seguono la direzione esatta della storia americana da Jamestown al Vietnam. Solo che i Corleone arrivano·tardi sulla carta, quando tutte le frontiere che toccano gli si chiudono davanti: la promessa del Nuovo Mondo diventa la claustrofobica tana predatoria di Little ltaly; gli ariosi paesaggi del West si riducono a stanze oscure in cui si discute di "business" protetti da spessi tendaggi che isolano dall'esterno; anche Cuba è raggiunta troppo tardi: Michael fa solo in tempo a vedere il crollo di Batista e gli inizi di Castro . . In definitiva, l'incapacità dei primi due Padrino di diventare il film 'sovversivo' nelle intenzioni di Coppola parve confermare la posizione secondo cui una critica ideologica effettiva non può darsi se non a livello di stile: confinando la sua provocazione a un attacco fonda0 mentalmente tematico alla mitologia americana tradizionale, Coppola parve impotente a soppiantar~ il sistema rappresentativo (specialmente i meccanismi di identificazione con i suoi mafiosi) che lo reggeva. Da una parte, dunque, Il Padrino sembrò rassomigliare inavvertita" mente la Mafia stessa, adottando una superficie di rispettabilità ('radical chic', anticapitalismo 35

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