Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

MERIDIANA Rivistaquadrimestrale dell'IMES Istitutomeridionale distoriaescienzesodati n 10/ TERRITORIO Lacostruzioned lterritoriomeridionale LorenzoBellicini Popolazionee insediamentielMeuogiornocontemporaneo ErcoleSori Formedelpaesaggioedevoluzionidell'habitat.AlcuneIpotesi PinoBevi/acqua l' organiuazionespazialedellagrandeazienda FrancoMercurio eSaverioRusso Tecnicie progetti. Il governodelterritorio LeandroD'Anione I SuddelSud;!divariinternialmeuogiorno Gianfranco Bottazzi Dentrola"scatolanera":individualismoetodologico e razionalità Giovanni Gozzini Il piccolo, il grande dpiccolo Intervisto oGiovanni Levi PasqualeSaraceno AugustoGraziani Direttore: PieroBevilacqua Redazione eomministrozione: viaAlessandria 37, 00198Romo. lei.06-8543498. Unfascicolo: L22.000.Abbonamento a nuo (Irenumeri): L.60.000Versamenti sul coniocorrenten.14324883intestatoa IMES, vioBrigatoCotonzoro 6,88100Catanzaro. La terravistadallaluna NEIPROSSIMI NUMERI Lavorarecon i drogati Interventi di Gianfranco Beitin,MarioGrazioFaso/i, MarinoSiniboldi ealtri Medici:contraddizioni e esperienze Interventi er flessioni sulrapportomedico-paziente, sulruolodel medicon nspecialistico di P.Borio/i, F.Benincoso, G.Bernobè, M. Marchetto, M.Mollei di GiorgioSeri e MeredithMcGuire. Lo medicina delavoroggi (Franco Carnevale). Storiadiungruppo: loSnop (LauroBodim1. Medico nelSud: RoccoMozzorone intervistato do MarcoRossiDorio. Educatori e diseducatori Bambini e adozioni (BiancoGuidelli Serro,SilvanoQuadrino, Marcello F res). Esperienze scolastiche inItalia.Un'intervista con Lamberto B rghi di Giuseppe Pontremoli. Iricordi Angelouccont fondatrice, tral'altro,dellapiùimportante scuoiodiservizios ciale italiana. AntonioMachodo dicelasuosull'educazione perboccadi JuondeMoireno. 11numero3 usdràconLinead'ombradiottobre 30 IL CONTESTO scrittura che è quasi sempre lieve, mai leggera. Certo può infastidire, in un primo momento, il "ritegno" a un giudizio più compiuto su Moro; sulla sua figura storica complessiva, così come sui molti aspetti che quegli anni hanno tramandato alla Storia. Ma poi ci si accorge che è bene così, che una lettura più "impegnata" avrebbe necessariamente cancellato un rilievo, un chiaroscuro, un'ombra di questo ritratto vivo e irreale come un ologramma. Se manca il "giudizio", comunque, c'è la realtà. Non è una realtà neutra, statistica, oggettiv.a, è una realtà raccontata e filtrata, e quindi, a ben vedere; anche molto "giudicata". C'è l'Italia dei partiti, della politica, con i suoi uomini e i suoi valori: che Sofri tratteggia con pochi richiami storici cui fanno da cornice citazioni di Moro significative e rivelatrici proprio nella loro sfuggente gelatinosità. C'è l'Italia della lunga durata, della continuità e delle resistenze, che un antico partigiano del "tutto e subito" come Sofri tratteggia attraverso il "ritorno" della famiglia o attraverso il "carattere" italiano, così radicato e diffuso da condizionare gli stessi partiti, compreso il "diverso" Pci. Un carattere compreso appieno da Moro e che gli si rivela, improvvisamente, obsoleto, tragicamente soppiantato da quella pseudo-omologazione alla modernità che fu la scelta della fermezza. Vi sono osservazioni, nel libro, che potrebbero ben figurare in un'antologia di questo fine secolo: quelle sul rapporto tra le parole e i fatti ("Può essere più facile - più generoso, più coraggioso - e, per molte nuove generazioni, lo è stato, gettarsi nella coerenza dei fatti, dell'azione, piuttosto che fare i conti davvero con le parole"); o quelle sulla misericordia e il pentimento ("E non è straordinario che nell'Italia del Manzoni, dove non si può - non si poteva - pensare al pentimento e alla conversione se non attraverso la notte dell'Innominato e l'incontro con Federigo, il pentimento sia diventato sinonimo di delazione, quando non di calunnia, e inquesta veste premiata dall'autorità pubblica?"); o quelle infine sul rapporto tra odio e ideologia ("La caduta dei blocchi ideologici e dei muri di confine, piuttosto che attenuare la virulenza degli odii e l' aggressività, la rinfocolava, come per dimostrare che gli odii non erano stati il frutto velenoso dei fanatismi ideologici, ma se ne erano serviti, e crescevano più rigogliosi ora che non avevano più il bisogno di camuffarsi"). Si tratta di impressioni più che di concetti, di suggestioni rivolte alla maturità del lettore. Ma sono impressioni rigorose come concetti, che diventano pensiero attraverso la rilettura dei propri sentimenti sollecitati a riviversi e a misurarsi con la Storia, con i segni dei tempi. Non mancano, naturalmente, osservazioni che si potrebbero definire più tradizionali, legate al giudizio politico-storico. Tra tutte spiccano quelle sul ruolo del Pci durante il rapimento, sul '77 e il terrorismo, sulla Democrazia cristiana e il suo legarne con la società, un intreccio di interessi e consenso che si articola su più livelli. Meno acute, se non come istantanea della cronaca d'allora, quelle su Craxi e sul Psi, come non è convincente - o lo è solo• parzialmente - la rilettura del problema della violenza nella storia italiana. Perfetta, invece, la discussione sul possibile salvataggio di Moro alla luce della intervista di Gallinari e delle risultanze della commissione parlamentare. Sulla diversità di Moro, e sul suo stile prolisso e faticoso, Sofri costruisce una parte importante del suo affresco. Symbra comprendere a fondo l'uomo e il politico, anche quando ne evidenzia i limiti o ne riscatta i giudizi troppo drastici accumulati in vita e in morte. Con quella simpateticità senza la quale, forse, non si può scrivere dei drammi altrui. Ma che non è mai collusione, e neppure giustificazione. A conclusione della sua rotica Sofri riassume, quasi involontariamente, un modello di approccio che si vorrebbe poter apprezzare più spesso per il rigore intellettuale e morale: "sono stato, e rimango, così radicalmente distante dal modo d'essere e di apparire di Aldo Moro da non provare la tentazione di prenderne le distanze. Riequilibrare queste pagine sottolineando gli aspetti corruttori del moroteismo sarebbe una piccola viltà, e del tutto superflua".

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