Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

IL CONTESTO andare non avrebbe comunque resistito a una continuata, sistematica lotta di noncollaborazione nonviolenta, e che tale lotta non avrebbe certamente comportato il massacro di decine di milioni di esseri umani e le inenarrabili sofferenze che costò la seconda guerra mondiale. Si pensi, di nuovo, a riprova di ciò, alla efficacia che ebbero le pur limitatissime lotte nonviolente_(e nemmeno di tipo satyagraha) contro il regime di Quisling in Norvegia e delle donne ariane contro la persecuzione dei loro mariti ebrei a Berlino, sopra menzionate. Tutto ciò può servire come risposta a coloro che, comeMagnes38 sostenevano la tesi della "guerra necessaria". E vengo per finire in tutta brevità alla prima delle tre tesi sopra evidenziate, quella della possibilità da parte degli ebrei tedeschi (e più in generale deile popolazioni europee) di praticare la lotta nonviolenta di tipo satyagraha contro il regime nazista. Visto come andarono le cose si può oggi dire, ex post facto, che in un senso la tesi risulta falsa, che la nonviolenza di tipo satyagraha non costituì mai una reale opzione per gli ebrei tedeschi e, tanto meno, per i popoli europei, e ciò soprattutto per la semplice ragione che fuori dall'India ben poèo si sapeva allora (come del resto oggi) tra le masse della nonviolenza di tipo gandhiano. Rimane la domanda se, avendo conoscenza dettagliata dei principi e della strategia della nonviolenza di tal tipo, gli ebrei tedeschi (e più in generale le popolazioni europee) sarebbero state in grado di praticarla di fronte alla brutalità nazista, accettando le sofferenze, i saqifici, la morte che essa avrebbe comportato. Gandhi, come si è visto, pensava di sì, in quanto riteneva che la nonviolenza di tipo satyagraha fosse praticabile anche a livello di massa da esseri umani comuni, uomini, donne, bambini che avessero la fede neèessaria e una leadership preparata. Quello che sappiamo oggi sulla nonviolenza non ci permette di pronunciarci con certezza nemmeno su questo punto. Possiamo però dire che sia i grandi esperimenti di nonviolenza di massa condotti da Gandhi in India contro l'imperialismo inglese (estremamente brutale, come si dimostrò tra l'altro in occasione della rivolta dei Sepoy nel 1857, del massacro di Arnritsar nell'aprile del 1919, nel corso della lotta contro i MauMau nel Kenya) sia i varj altri esempi di lòtta nonviolenta di massa di cui oggi abbiamo conoscenze abbastanza dettagliate, costituiscono un notevole materiale su cui fondare una risposta affermativa. Per il resto ogni lotta costa sacrifici, i quali saranno tanto maggiori quanto maggiore è la brutalità dell'avversario contro cui si lotta. · Per quanto riguarda il futuro, quello che più realisticamente c'è da aspettarsi è che gruppi e popolazioni adottino sempre più · spesso metodi di lotta non armata contro l'aggressione; ò in quanto impossibilitati a scendere in lotta armata, o in quanto ritengano che la via della lotta armata è una via bloccata (I' esempio più recente in tal senso è costituito dall'lntifada 39 ) e che nel corso di questa lotta siano portati a scoprire e praticare sistematicamente la superiore e più efficace nonviolenza di tipo satyagraha, ossia scelgano la nonviolenza più per necessità che non per virtù. Come Gandhi stesso scrisse, l'esperienza gli aveva · "dimostrato che raramente le persone divengono virtuose soltanto per amore della virtù. Nella.maggior parte dei casi divengono virtuose per necessità." 40 Note 1) The Bond, Pamphlet of the Group "The Bond", Jerusalem, Rubin Mass, Aprii 1939. · 2) Ora in H. Greenberg, The Inner Eye, seconda edizione Shocken Books, New York, 1986, pp.112-117. 3) Cfr. a proposito G. Shimoni, Gandhi, Satyagraha and the Jews: A Formative Factor in India's Policy Towards Jsrael, "Jerusalem Papers on Peace Problems": Leonards Davis Institute for International Relations, Hebrew University, Jerusalem, 1977, p. 47, cit. da BlairB. King, Gandhi, Nonviolence and the Holocaust, "Peace and Change", Voi. 16, 2, 1991, p. 194, Nota 8. · · 28 4) Vedi M.K.Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, a cura e con un saggio introduttivo di G. Pontara, Einaudi, 1973 (e susseguenti edizioni), Parte seconda, B, II, scritti l, 5, 6, 7. L'articolo di'Greenberg figura in appendice alle pp. 368- 72. 5) Teoria e pratica della nonviolenza, cit.,p. 254; cfr. "Micromega", · cit. pp. 143-44. 6) Ibidem. 7) Ibidem. 8) Per una caratterizzazione dei principi fondamentali del satyagraha cfr il mio saggio preposto a Teoria e pratica della nonviolenza, cit., pp. XCIII-CXXIII. 9) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 255; cfr, "Micromega", cit., p. 144. 1 O) Teoria epratica della nonviolenza, cit. p. 253, il corsivo è mio; cfr. "Micromega", cit.",p. 143. 11) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 257; cfr. "Micromega", cit., pp. 145-46. · 12) Teoria della pratica della nonviolenza, cit., p. 257; "Micromega", cit., p. 146. 13) Cfr. "Micromega", cit., pp. 146A7.- 14) "Micromega", cit., p. 173: 15) "Micromega", cit., p. 141. 16) Sul rifiuto gandhiano della violenza e i vari argomenti sui quali esso è fondato rinvio al mio saggio preposto a Teoria e pratica della nonviolenza, cit., pp. XLIII. 17) "Micromega", cit., p. 151. I corsivi sono miei. 18) Cfr. Teoria epratica della nonviolenza, cit., pp. 248- 251, 262-68, 237-38. 19)Cfr. "Micromega", cit., p. 151. Almeno in un passo della sua lettera Buber implica che in ciò Gandhi ha ragione. Seri ve infatti: "... non abbiamo proclamato, come fa lei, l'insegnamento della nonviolenza, perché siamo convinti che l'uomo debba a volte usare la forza per salvare se stesso, e ancor più i suoi figli". "Micromega", èit., p. 174. 20) Cfr. "Micromega", cit., p. 158. Il corsivo è_mio. 2l)Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 22. Sulla distinzione gandhiana tra nonviolenza del forte, nonviolenza del debole e nonviolenza del codardo, cfr. il mio saggio preposto al voi cit., pp. XXI-XXV. 22) Cfr. "Micromega", cit., p. 182. 23) Su questa distinzione rinvio i saggi III e IV del mio libro Antigone o Creonte? Eticà e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma, 1990 24) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 267. 25) In tal senso argomenta Blair B. King, in Gandhi, Nonviolence, and the Holocaust, cit., pp. 185-187. 26) I. Kershaw, The Persecution of the Jews and German Popular Opinion in the Third Reich, "Year Book 26", Leo Baeck Institute, London, 1981, p. 279; da Blair B. King, op. cit., p. 186. 27) Cfr. G. Sharp, The Politics of Nonviolent Action, Porter Sargent Publisher, Boston, Ma., 1973,pp. 87-90, tr. it. Politica dell'azione nonviolenta, pp. 148-50. Cfr. an,che lo scritto di J. Galtung, la nonviolenza contro l'oppressione estrema, in J. Galtung, Palestina-Israele: una soluzione nonviolenta?, Edizioni Sonda, Torino, 1989, pp. 9-22. 28) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., pp. 248-49. 29) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 25. 30) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 171. Su questo punto Magnes si trova d'accordo con Gandhi: "Inoltre, le democrazie, per poter portare avanti la guerra, diventerebbero per forza totalitarie". Cfr. "Micromega", cit., p. 180. . 31) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 270. 32) Ibidem. 33) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 354. 34) Cfr. "Micromega", cit., p. 153. 35) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., pp. 243-44. Cfr "Micromega", cit., p. 157. 36) M. K. Gandhi, ·saryagraha, Navajivan, Ahmedabad, 1951, p. 35. 37) Cfr. "Micromega", cit., p. 153. • 38) Cfr. "Micromega", cit., pp. 180-81. 39) Sulla lotta dell'Intifada cfr. J. Galtung, Palestina-Israele, Una soluzione nonviolenta?, cit., pp. 80-93 e, in appendice allo stesso libro (pp. 119-24), l'intervista a MubarakAwad, il "Gandhi palestinese", e (pp. 12533) la traduzione abbreviata di un opuscolo dello stesso Awad dal titolo la · lotta nonviolenta palestinese, scritto in arabo e che ha avuto una vasta circolazione tra la popolazione dei territori occupati. 40) Teoria e pratica della nonviolenza, cit., p. 269.

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