Gerusalemme: ebrei ortodossi al muro del pianto (foto di Dino Fracchia/Contrasto). quanto nel Secondo e Terzo mondo e all'indebolimento dei sistemi democratici cui esso ha dovunque portato, di fronte ali' allargarsi del processo di brutalizzazione, all'affermarsi di sanguinarie dittature militari che apertamente o velatamente hanno fatto del regime di Hitler il loro modello, di fronte al fatto che la stragrande maggioranza dei nazisti tedeschi e di coloro che · appoggiarono attivamente il nazismo sopravvisse alla disfatta militare della Germania e fu reintegrata nelle strutture del nuovo stato tedesco, ci si può chiedere se la guerra non l'abbia dopo tutto vinta Hitler, e Gandhi non avesse in fin dei conti ragione. Gandhi argomenta anche a sostegno della tesi che la nonvio- . lenza attiva o del forte o di tipo satyagraha, se impiegata e organizzata su vasta scala dai popoli europei nemici del nazismo, costituisce una efficace e migliore alternativa a quella fornita dal metodo della lotta armata. L'argomento di Gandhi si fonda su due assunti. Il primo assunto è che di fronte a una massiccia resistenza nonviolenta di tipo satyagraha anche il cuore di un Hitler si scioglierebbe e che comunque la maggior parte dei tedeschi non sono persone dal cuore così duro come quello di Hitler e dei suoi accoliti, ma esseri normali, capaci di rispondere in modo umano a sistematici comportamenti umani. A un critico che gli faceva osservare che Hitler e Mussolini sono incapaci di qualsiasi tipo di risposta morale, Gandhi rispose che una siffatta "argomentazione presuppone che dittatori come Mussolini e Hitler siano senza redenzione. Ma la fiducia nella nonviolenza è basata sul presupposto che la natura umana nella sua essenza sia la stessa e che perciò risponda alle istanze dell'amore." E aggiungeva: "Non bisogna dimenticare che fino a ora essi hanno incontrato pronte reazioni alla violenza che hanno usato. Nel corso della loro IL CONTESTO esperienza non si sono mai imbattuti in una resistenza nonviolenta organizzata in misura apprezzabile". 34 In altra occasione scrisse che "Hitler è un comune mortale come tutti gli altri uomini. Non avrebbe nessuna forza se non fosse sostenuto dal suo popolo. lo non dispero che egli possa divenire sensibile alle sofferenze umane, anche se ne è egli stesso il responsabik. Ma soprattutto mi rifiuto di credere che i tedeschi come popolo non abbiano cuore o abbiano molto meno cuore degli altri popoli della terra. "35 Il secondo assunto è che anche il potere di un tiranno a lungo andare non può durare se la gente è disposta a mettere in atto forme decise di non collaborazione. Aproposito della nonviolenza di tipo satyagraha scrive infatti che "in politica, il suo impiego è fondato sulla immutabile massima che governare la gente è possibile soltanto sinché essa è disposta coscientemente o incoscientemente a lasciarsi govemare." 36 E a proposito del terrorismo totalitario scrive: "Ali' origine della politica del terrorismo c'è l'ipotesi che il terrorismo, se applicato in misura sufficiente, può produrre il risultato desiderato, vale a dire piegare l'avversario alla volontà del tiranno. Ma supponiamo che un popolo prenda la decisione di non sottomettersi alla volontà del tiranno e neppure di reàgire con gli stessi metodi del tiranno: costui allora non riterrà più opportuno continuare con il terrorismo. Se al tiranno viene dato cibo a sufficienza, arriverà il giorno in cui sarà più che sazio."37 I due assunti da cui muove Gandhi sembrano ragionevoli. In base ad essi si può concludere che, forse, egli aveva ragione, che, forse, se nel'38-'39, e ancor prima, vi fosse stata una sistematica resistenza nonviolenta satyagraha di massa tanto dentro quanto fuori la Germania, il nazismo non avrebbe trionfato. Si può anche sostenere che la·lotta nonviolenta ha tempi più lunghi di quella violenta e che, anche se il nazismo, nonostante una resistenza nonviolenta massiccia nel '38-'39, avesse trionfato, esso a lungo 27
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