Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

Campo curdo alla periferia di Nosud (foto Kazerni/Rea-Safir/Contrasto). situazione non è questa. È più complessa, come è complessa qualsiasi altra società. Ha classi sociali, differenze tra ricchi e poveri, risorse e mancanza di risorse, problemi regionali di sicurezza. Tutto questo si intreccia e credo che, se dobbiamo studiarlo - e questo è ciò che diceva Said - e studiare ciò a cui ci si riferisce con "Oriente" nella letteratura dell'orientalismo, non è sufficiente basarsi sulle convinzioni aprioristiche. Bisogna calarsi in quelle realtà ed esplorarle dall'interno, permettere ai popoli dell'era postcoloniale di scrivere la loro narrativa. Di fatto, uno degli articoli di Said dopo il 1982 era intitolato Permesso di narrare. Abbiamo il diritto di scrivere la nostra narrativa, di scrivere le nostre storie, che è un atto di creazione; non in senso individuale, ma di creazione delle nostre società per quello che sono adesso e quello che sperano di essere in futuro. Lei ha citato Bernard Lewis come esempio di orientalista classico. Ma non sopravvaluterei l'importanza della componente accademica dell'orientalismo che lei ha descritto. Vorrei che parlasse della componente culturale "popolare": romanzi di Leon Uris, programmi storie.o-documentari Tv e cose simili. Mi permetta di incominciare dall'eccezione alla regola. Sono rimasto colpito di fronte a un programma televisivo con un avvocato che si basava sul tema del razzismo anti-arabo e sul fatto che è vile attaccare un arabo perché "noi siamo contro gli arabi". È l'unico caso in cui ho visto un arabo alle televisione ritratto come una vittima, come un essere umano, desideroso di diventare un cittadino del paese di adozione- gli Usa. Ma in generale ciò che si vede è più vicino a ciò che Jack Shaheen ha scritto nel suo articolo "L'arabo di Hollywood": coltello ricurvo e sguardo sfuggente. Se IL CONTESTO prendiamo un q4alsiasi dizionario, cosa troviamo tra le definizioni di arabo? Nello Webster, tra i molti sinonimi, si dice çhe u.narabo è un vagabondo, controllare per credere. Oppure che "tutti gli arabi sono ricchi". Anche i miei studenti, per quanto sembri incredibile, hanno un alto livello di intolleranza verso gli arabi. Il primo giorno di scuola chiedo loro di compiere delle associazioni verbali. Accanto ad arabo inevitabilmente scrivono "ricco" e "petrolio". E io dico loro: "È vero che alcuni arabi sono ricchi; è vero che alcuni arabi hanno petrolio: circa l'otto per cento. Il resto sono poveri. Nei paesi del Golfo, il PIL medio pro capite va da 12.000 a 20.000 dollari all'anno. Ma nel cuore dei paesi arabi, in Egitto, lo stato più popoloso, il PIL medio pro capite è di 650 dollari." Queste idee sbagliate sono diffuse da romanzi come quelli di Leon Uris, o dalle immagini che si vedono alla Tv- l'arabo cattivo, inaffidabile - fino ad arrivare al ridicolo durante la crisi degli ostaggi negli anni Settanta. Allora, poiché il Pakistan stava sviluppando la sua capacità nucleare, scoprimmo una cosa chiamata "la bomba islamica". Quando sentii quell'espressione mi chiesi: che differenza c'è tra una bomba prodotta da un musulmano e una prodotta da un cristiano o da un ebreo? Sono queste "bombe cristiane" o "bombe ebree"? Sarebbe assurdo. Il chiamarla bòmba islamica perciò solleva immediatamente un intero spettro di paure, perché viene dall'Oriente, quei pazzi stanno raggiungendoci ecc. Riducendo il discorso all'osso, penso che l'Oriente e l'Occidente non abbiano ancora smaltito i sottoprodotti delle Crociate. In molti modi gli abitanti del Medio Oriente, compresi molti cristiani, hanno considerato l'ultima guerra come uno scontro analogo alle Crociate. L'immagine è stata espressa da molti scrittori, tra cui uno dei più promettenti e prolifici ideologi della tendenza islamica in Tunisia, Ghannoushi, che ha detto: "Le' nuove Crociate stanno arrivando nella nostra zona". Ci troviamo in questa situazione, in uri discorso 19

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