cifra che forse è senza esempio nelle epoche precedenti. A me pare che la maggioranza di quei tragici episodi, benché esteriormente assai diversi, abbiano uno sfondo comune: ciò che Nietzsche chiamò il nichilismo dell'età moderna. Le vicende degli autori hanno meno importanza dei loro libri? Non credo. Ogni volta che ame accade di riflettere alle espressioni più significative del senso di smarrimento, di noia, di disgusto, prodotte dal nostro tempo, il mio pensiero non va tanto ai libri di Heidegger, di Jaspers, di Sartre, quanto ai suicidi di Eseniri, di Majakowsky, di Emst Toller, di Kurt Tucholsky, di Stefan Zweig, di Klaus Mann, di Drieu La Rochelle, di F. O. Mathiessen, di Cèsare Pavese e di tanti altri meno noti. A menzionarli così tutti insieme, quale schiera di ombre terrificanti. Al di là delle circostanze esteriori invocate a sùo tempo per spiegare la fine disperata di ognuno di quegli uomini di talento (le persecuzioni, l'esilio, l'isolamento, la miseria, la malattia l'anormalità) basta conoscere ciò che essi stessi, prima di morire, hanno scritto o confidato agli amici, per ritrovarvi, in ultima analisi, una identica confessione di angoscia e di disperazione davanti al penosò sforzo di vivere e alla sua inutilità. Stiamo in guardia dunque contro le spiegazioni superficiali. Ogni tentativo di accusare per quegli episodi un determinato regime politico, di tutta evidenza, li travisa, poiché, come è risaputo, essi sono accaduti sotto i regimi più diversi, in Russia, in America, in Europa. E ancor meno si può fame colpaall' influenza perniciosa di una dottrina pessimistica, poiché il Majakowsky era il cantore di una rivoluzione vittoriosa, e gli altri, dallo Zweig al . Pavese, erano profondamente radicati nella tradizione umanistica o religiosa del proprio ambiente di origine. (Non sarebbe anzi fuori luogo capovolgere addirittura la diagnosi e affermare, seguendo un noto canone psicologico, che probabilmente alcuni di essi finirono col soggiacere così miseramente ali' angoscia per averla esclusa dalla propria dottrina e arte. La inibizione è più micidiale della sincerità). Ma la decadenza del nostro tempo ha avuto degli inizi antecedenti alle date dei tragici episodi da me ora ricordati; ad essa non ha coinvolto soltanto individui raffinati di esasperata sensibilità, sibbene i ceti e le istituzioni più diversi, non risparmiando le classi popolari. · Nietzsche definì per primo questa decadenza e la chiamò, come ho ricordato, nichilismo, dando a questa parola un senso che poi le è rimasto, diverso da quello del Turghenieff nel suo celebre romanzo. Le guerre e le rivoluzioni successive hanno adempiuto la profezia di Nietzsche, rendendo· evidente ciò che ai suoi tempi poteva essere nascosto. Di chi si tratta? Nel suo aspetto morale più comune, nichilismo è l'identificazione del bene, del giusto, del vero col proprio intèresse. Nichilista è la diffusa intima convinzione che dietro a tutte !e fedi e dottrine in fondo non ci sia nulla di reale, e che pertanto, in definitiva, solo importi e conti il successo. Nichilista è il sacrificarsi per una causa alla quale non si crede, facendo finta di crederci. Nichilista è l'esaltazione del coraggio e dell'eroismo, indipendentemente dalla causa a cui servono, equiparando così il sicario al martire. E così via. Come ci siamo ridotti a tanto? Sappiamo che di solito si accusa la prima guerra mondiale di essere stata causa· e origine di tanto disastro; ma possiamo domandarci se sarebbe scoppiata quella guerra se il mondo civile non fosse stato già in crisi. La grande guerra rivelò semplicemente la fragilità dei miti progressivi sui quali poggiava la civiltà capitalistica. Anche. nei paesi vincirori le vecchie istituzioni traballavano per le dure prove subite e sembravano impalcature • marce. Da esse lo scetticismo e la corruzione scendevano fino alle fondamenta sociali. I tradizionali valori morali e religiosi, imprudentemente invocati per puntellare gli interessi minacciati, ne rimasero compromessi. IL CONTESTO I regimi passano, il malcostume resta. La grossa difficoltà è çhe il nichilismo non è un'ideologia, non costituisce un possibile oggetto di materia legislativa, non è una materia scolastica, non è un modo diverso di salutare il prossimo, o l'obbligo di usare un pronome piuttosto che u·n altro; esso è invece una condizione dello spirito che viene giudicata morbosa soltanto da chi ne è immune o da chi ne guarisce, ma di cui i più neppure si rendono conto, nella persuasione che essa anzi corrisponda a un modo di essere del tutto naturale. "È stato sempre così, si dice, e sempre così sarà". La rappresentazione che di questa situazione deU' uomo di oggi ci ha dato la letteratura postnietzschiana ed esistenzialista è a tutti nota. Essa si riduce a questo: ogni legame tra l'esistenza e l'essenza dell'uomo è rotto; l'esistenza è priva di ogni significato che la sorpassi; l'umano si riduce allà mera vitalità. Prima di affermare, dal mio punto di vista, la provvisorietà e caducità di questa rappresentazione, a me preme di non esimermi dal dichiararne, per un certo verso, l'elogio. I motivi? Non si può, a mio parere, non ammirare la sincerità, soprattutto se richiede un certo coraggiò, perché senza sincerità non esiste né moralità né arte. E poi, al punto a cui sono ridotte le cose, come scrittore, sinceramente non vedo altra via, all'infuori della libertà dell'arte, per porre, davanti alla . coscienza degli uomini, problemi che a essi altrimenti sfuggono e renderli edotti di un'immagine di loro stessi più completa di quella che giornalmente ritrovàno allo specchio. Ma, detto questo, devo . affrettarmi ad aggiungere che la letteratura tuttavia non può prendere dimora stabile nella situazione nichilista. Come uscirne? Io non vedo che una via di liberazione: esplorarne coraggiosai:nente l'intera superficie. Anche se l'impresa non è esente da rischi, questa superficie non è affatto incommensurabile; e chiunque vi si avventuri con assoluta lealtà intellettuale e cuore sano, non dovrebbe mancare, presto o tardi, di raggiungere il suo estremo limite. Là gli si presenterà bruscamente il baratro del suicidio oppure riscoprirà un quakhe valido senso dell'umano. Badate, non è un'ipotesi astratta: ad alcuni è capitato proprio questo, e non si tr-attadi esempi da poco. Ne citerò alcuni. Voi conoscete certamente l'itinerario dell'opera letteraria di Errist Jiinger e di Albert Camus. La situazione-limite del nichilismo era stata rnggiunta dallo ·scrittore tedesco nel suo. famoso messaggioDer Arbeiter, in cui egli aveva annunziato, in un nuovo tipo di proletario spersonalizzato, standardizzato, senza cervello, senza cuore, senz'anima, vero robot vivente, il protagonista della palingenesi moderna. La massima libertà per esso, secondo l'autore tedesco, sarebbe consistita in un suo impiego meccanico nella catena di guerre civili e di guerre imperialiste in cui noi siamo già entrati e che domineranno i prossimi secoli. "Sacrificarsi per una fede, scrisse Ernst Jiinger, vuole dire arrivare al proprio massimo, indipendentemente dal fatto se quella fede racchiuda in sé la verità o l'errore. Per il fatto che gli uomini si lanciano nella lotta , benché essi non siano che un nodo di paura che nessuna ·disciplina e nessun amore di patria potrebbe dominare, essi portano, come il martire, testimonianza di una realtà ultra umana che è al di là di essi e in essi". Gli eroismi dei robot proletari da lui invocati sarebbero stati dunque tanto più sublimi, quanto più si fossero compiuti oltre la tradizionale sfera dell'umano, avvicinandosi a quelli dei' motori più perfezionati. Era una situazionelimite, oltre la quale era impossibile procedere. A suo onore bisogna ricordare che Ernst J tinger se ne ritrasse a tempo, mentre · ancora imperava Hitler. Nelle sue opere successive, tra cui rammento la pagina dal titolo Del dolore, il romanzo Sulle scogliere di marmo e il diario della sua campagna di Francia nella seconda guerra mondiale, la sùa condanna del nichilismo divenne sempre più esplicita e umanamente motivata. , ,
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