Linea d'ombra - anno IX - numero 63 - settembre 1991

IL CONTESTO E vero, De Rita insiste nel disegnare una mappa ottimistica del ·consenso sociale, che si fonderebbe sulla sempre crescente partecipazione associata di numerosi soggetti sociali alla vita collettiva. Qui il sociologo pare vestire i panni dello scienziato neutrale, del tecnico puro, indifferente ai contenuti dell'attivismo in questione. Quasi che un comitato per la cacciata degli immigrati dal quartiere, un consorzio di artigiani o una rete di volontari impegnata nell'assistenza domiciliare agli anziani, dal suo punto di vista fossero la stessa cosa. Tutte manifestazioni, comunque, di vitalità, positivi segnali spontaneistici della società italiana che cresce nonostante le strozzature del suo sistema politico e istituzionale. Temo che in futuro la riduzione della sociologia a dottrina specialistica asettica, restia a sbiJ'anciarsi in giudizi che possano anche lontanamente puzzare di politica, produrrà molta confusione e poca buona informazione. · · Questo pericolo lo avvertono probabilmente anche gli studiosi del Censis, che in realtà non hanno mai disdegnato di fare politica. Tutte le ricerche che hanno presentato lo scorso luglio nell'ambito del cosiddetto "mese del sociale", paiono percorse da uno sforzo di rettifica. Come dire: non vogliamo più apparire quali apologeti del "sommerso", ·visto che sommerso significa anche proliferazione .del lavoro atipico fino a nove milioni di unità, un bel po' delle quali illegali; non vogliamo più apparire quali profeti del "mille fiori fioriscano" nelle diverse realtà locali del paese, visti gli effetti selvaggi che spesso si accompagnano a codesta vitalità. Le nuove parole d'ordine sono quelle del "ricentraggio'\ ovvero della necessità di trovare "un ~quilibrio più sano nei processi di ANTOLOGIA sviluppo" dopo la sbornia egoistica e consumistica degli anni Ottanta; e della "razionalità-ragionevolezza" nei comportamenti dei diversi soggetti sociali. Ho l'impressione che davvero gli studiosi del Censissi siano un po' spaventati della traduzion.e tronfia ed euforica dei loro lavori . resa abitualmente dai media. Già da qualche anno, in questo poco ascoltati, si preoccupavano di richiamare l'esistenza di un'Italia del disagio sociale accanto all'Italia del secondo miracolo economico. In assenza di impossibili interpretazioni forti, d'insieme, della società italiana, e ormai assuefatti invece a un immaginario sociologico fondato sulla suggestione delle parole-chiave, il rischio è di finire ancora una volta tutti preda del luogo comune. Nel nostro caso si tratta del luogo comune, predicato attraverso una infinita raffica di statistiche, delle Due ltalie che si separano. Il Nord ricco e lavoratore, il Sud povero e scroccone. Il Nord europeo, il Sud mafioso. Eccetera. Il successo di tale luogo comune è notariamente enorme, su di esso si fondano strategie politiche e grosse operazioni culturali. Una ricerca che non campasse solo di rielaborazioni statistiche, prodigandosi in un generoso sforzo interpretativo; giungerebbe probabilmente a risultati imbarazzanti ma più vicini al vero: un'Italia sempre più simile, e omogenea anche fra Nord e Sud, nella diffusione dei suoi micro-egioismi, negli intrecci che la reggono fra legalità e illegalità, intraprendenza e ricorso all'assistenza, produzione di ricchezza e produzione di miseria. Una società che · è diventato sempre più difficile.elogiare. La scelta dei compagni Ignazio Sifone Ignazio Silone tenne la conferenza che presentiamoquasi integralmen$e·nel maggio 1954a Torino, Genova, Milano e Roma, in incontri organizzatidall'Associazione italianaper la libertà della cultura, che ne curò immediatamente la pubblicazione in opuscolo. L'opuscolo era il numero 19, e veniva dopo scritti ·di Piovene e Montale, Malraux e T. Mann, N.·Chiaromonte e L. Venturi, Denis de Rougerrtonte Sidney Hook. Di Silone l'Associazione aveva già pubblicato Uscita di sicurezza, mentreavevano già dato fama allo scrittore abruzzese (il vero nome era Secondino Tranquilli, Pescina dei Marsi 1900 - Ginevra 1978) i romanzi Fontamara ( 1930)e Pane e vino ( 1936), la raccolta di novelle Un viaggio a Parigi (1935), il racconto-saggio La scuola dei dittatori (1938), la testimonianza autobiografica apparsa nel libro curata da Richard Crossman Il Dio che èfallito.(1950). Silone era stato uno dei protagonisti del Congresso di Berlin_odel giugno 1950 che aveva dato vita ali' Assoc;iazioneper la libertà della cultura, tenendo una relazione e polemizzando poi (garbatamente, com' era suocostume)conArthurKoestler,l'altra "stella" del congressoed estensoredelManifestoconclusivo.Nel 1951era sorta lasezi:oneitaliana dell'Associazione, con un manifesto scritto da Carlo Antoni e firmato, oltre ctie da Silone, da Chiaromonte, Rossellini, Vittorini, Salvemini, Venturi, Piovene, Montale e Soldati. Nel 1954.ebbeluogo a Roma uno ,dei congressi internazionali organizzati dall'Associazione e dal suo dinamico segretarioNicolas Nabokov,e iniziarono i contatti che avrebbero portatodue anni dopo all'apparizione della rivista "Tempo Presente", diretta da Silone e Chiaromonte. · · È inquestoclima.culturalee politicoche si inserisce,con il consueto distaccodalla polemica immediatae con la solita capacitàdi intrecciare politicae storia, autobiografiae r,!cconto,laconferenzatenutada Silone. Un titoloemblematico che rispòndeva indirettamente-,-e con ben altro 10 acume e intelligenza - alle ripetute invettive che Togliatti aveva scagliatocontroSiIonestessoecontroVittorini,controCucchieMagnani e contro i comunisti jugoslavi, rei tutti di essere rinnegati e traditori. . (M. F.) Nel corso degli ultimi quarant'anni, il fallimento di alcuni grossi miti politico-sociaii, tramandàl:ici dal secolo scorso, ha posto una certa categoria di uomini, che quei miti guardavano come bussola, in una situazione spirituale di incertezza e ambiguità ancora lontana dall'essere chiarita. Essendo la situazione sorta direttamente dalle esperienze, dalle lotte, dai mutamenti avvenuti nella vita collettiva e dali'estinzione dei "lumi" che in precedenza guidavano molti di noi all'azione, essa ripropone daccapo i problemi del comportamento dell'uomo d'oggi, assieme al quesito maggiore sul senso stesso della nostra esistenza. Non si tratta, insòmma, neppure ri.eisuoi aspetti marginali, di un avvertimento o stravaganza letteraria. In ogni epoca no.u mancano uomini, anch'essi rispettabili, i quali a modo loro, interpretano lo · spirito del tempo nel modo di tagliarsi i capellj, o di farsi il nodo alla cravatta, o di pronunziare la r; nia per altri, meno fortunati, le congiunture di crisi hanno spesso conseguenze più gravi. Pur temendo di dare prova di cattivo gusto, per non perdere tempo, preferisco cominciare da questi. · Il numero degli scrittori che nei vari paesi, negli ultimi decenni, si sono dati volontariamente la morte, ha raggiunto una

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