IL CONTESTO vent'anni, "abitavo a 400 metri da qui. I miei vicini erano serbi, vivevamo insieme e ora ci sparano addosso". Gli chiedo una spiegazione ma anche in questa come in altre guerre civili le ragioni del massacro si perdono in una nebbia di ipotesi che solo le pallottole riescono a tagliare, centrando sempre senza esitare i loro bersagli. Alle nostre spalle altri ragazzi della stessa età, con la pistola al fianco, ammucchiano sul balcone bottiglie di coca-cola riempite di benzina. Altri ancora bevono birra guardando attoniti un varietà degli anni '40 alla televisione. Sullo schermo, un illusionista .sega in due una ballerina e poi si inchina al pubblico. Come a Beirut la televisione riempie le pause della guerra, anche se qui i programmi sono meno vari e divertenti. Pochi giorni dopo, non lontano da · Tenja, quaranta croati presi in ostaggio dai serbi verranno condotti per le strade del paese, denudati e sgozzati uno dopo l'altro. Corriamo avanti, da un portone all'altro, verso il cuore vuoto della città, una ragnatela di more di cui nessuno - nemmeno i combattenti - conosce le coordinate. È qui che il tempo si è fermato. La battaglia potrebbe durare da un anno o da poche ore. Attraversiamo case che sembrano appena evacuate, con le porte aperte e le pantofole sull'ingresso, o le sedie per chiacchierare come si usa in campagna. Vorremmo bussare, parlare con qualcuno, ma all'improvviso ci assale una strana inquietudine: da quanto tempo mancano gli abitanti? Forse da mesi, forse da ieri. Sul tempo si è imposta la relatività della guerra. A un tratto ci sentiamo come astronauti precipitati all'indietro in un mondo familiare ma lontano come l'infanzia, perduto senza rimedio. Un mondo incantato che non possiamo svegliare. Le vetrine delle botteghe, firmate dai kalashnikov, si ostinano a esporre biscotti, caffè e giocattoli, relitti innocenti di quella che una volta era la vita normale. In mezzo alla strada un furgone da droghiere sbarra il passaggio, trapanato dai colpi mentre dozzine di bossoli di tutti i calibri marcano ogni zona d'ombra che offra un qualche riparo al sole della guerra. 8 La città sembra risucchiata verso il suo centro di fuoco, verso la prima linea invisibile dove tutti danno la caccia a tutti, dove Nessuno uccide Nessuno. Il caldo aumenta e abbiamo sete, ormai non c'è più nessuno che si affaccia alle finestre per gridarci di stare attenti, ormai sentiamo che lo spazio può franare da un momento all'altro nel terrore fisico della bttaglia. ~'Terroristi cetnici! Snaipers! Come on, come on!" ci gridano all'improvviso dall'altra parte della strada. Capiamo in un lampo e corriamo a perdifiato. Capiamo che il silenzio delle case dietro di noi non era un vero vuoto, che l'aria freme delle traiettorie dei fucili serbi, che proiettili serbi, da un istante ali' altro taglieranno lo spazio tra noi e i croati che ci gridano di raggiungerli. Quando ci scaraventiamo nel cortile i soldati appostati ci guardano con stupore e ci dicono di schia.cciarci contro il muro. L'ultimo avamposto della Guardia Nazionale è una cascina con un'ampia legnaia e le finestre accecate dalla battaglia recente. "L'abbiamo liberata da un'ora", ci dice un soldato dagli occhi azzurri accovacciato accanto ai kalashnikov, "gli abitanti erano fuggiti quando è stata occupata dai serbi". I suoi compagni non parlano, misurano l'orizzonte con i fucili a cannocchiale muovendosi lentamente. L'unico rumore che si sente è quello dei cocci di vetro sotto i loro piedi. Un unico sparo isolato fa abbassare a tutti la testa. L'unica cosa che capiamo è che siamo sotto tiro da due direzioni, e infatti dopo pochi minuti i serbi attaccano. Le raffiche di kalashnikov si abbattono sui muri come frustate, poi arrivano le mazzate sorde dei mortai: È come se un gigantesco martello cercasse di centrare la casa. Il cortile è stretto, difficilmente scamperemmo alle schegge. La telecamera filma ombre incerte che cercano di dissolversi tra il legname, di diventare cose, pietra, cemento. Nessun mezzo tecnico può registrare il suono della guerra; quel Primadella battaglia !fato di Walter Fritz/Fritz Press/Contrasto).
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