Linea d'ombra - anno IX - n. 62 - lug./ago. 1991

Ziegfield Follies Allpt~cinque anni perdetti il primo dente in un teatro di V · fa: café \chanta,nt, allora si diceva così. Infatti,_ il mio lo dente S/ stacco dall'alveolo sorbendo un gelato d1crema. rveret~oveva ciondolare fino all'assurdo: era all'uscio. Questo per dirvi che il teatro di Varietà fu una delle grandi impressioni e passioni della mia infanzia. Tutto ciò che si faceva su quel modestissimo palcoscenico mi piaceva da cima a fondo, nulla escluso. Col volgere degli anni tale passione s'attenuò molto, maturandosi il tenero cervello cercai più complesse ricreazioni e occupazioni dello spirito, ma rimase sempre in fondo al cuore una tenerezza per il teatro di Varietà, più che simpatia. Tale impressione si rinfrescava nella mente assistendo alla proiezione di Ziegfield Follies. Ziegfield (sic!), che fu per tanti anni direttore del più famoso Varietà di Broadway, dall'aldilà ci invia un messaggio. Nell' al di là si trova benissimo, gli viene fatto un trattamento da ospite privilegiato, di riguardo, ma non fa che sognare il suo teatrino di Broadway, le sue danzatrici, i suoi cantanti, i cornici celebri: Will Rogers o Eddie Cantor, i frequentatori illustri o del gran mondo che alla sua porta stellata scendevano la sera dalla carrozzella o dalla macchina d'antico modello, il pubblico fedele e attento che rivede all'epoca d'oro del teatro di Varietà: il 1907. E qui è la trovata più gustosa del film, quei personaggi non gli appaiono in carne e ossa, ma sono oramai dei fantocci, delle marionette che grottescamente e malinconicamente si muovono. Con ragione Ziegfield ci riporta al 1907 quando il teatro di Varietà aveva un colore e sapore, un'intimità e cordialità che poi ha perduto. S'è arricchito da un lato, ma dall'altro s'è impoverito. S'è arricchito della danza miseramente decaduta sul finire dell' 800 e tornata giustamente in onore nel secolo nostro, e della coreografia ch·e,prima trascurata, ha finito per prendersi il primo posto. Tanto che oggi uno di questi spettacoli tanto appariscenti finisce per risultare stupidino e noiosetto. Mi diverte più un Varietà scalcinato della periferia dove trapela quella Vitada cani in cui Fabrizi m'è piaciuto più che in Prima comunione. Ma Ziegfield, dopo averci nostalgicamente intrattenuto col suo rimpianto, non resiste a uno scatto della fantasia e organizza dall'aldilà uno spettacolo, una rivista a modo suo. E lari vista è una delle solite che troppo bene conosciamo. La pantomima cinese con giuoco di ventagli e scenari bene appropriati è la cosa migliore che c'è. Canzoni abbastanza noiose e scenette comiche non molto dissimili da quelle che ci forniscono le nostre compagnie piccole e grandi. Ottimi danzatori Fred Astaire e Lucille Bali che pur volando su tappeti girevoli non ci dicono qualcosa di nuovo. C'è anche un brindisi della Traviata ridotto a balletto. Che cosa ne pensano i realisti del nostro tempo? I brindisi sul teatro si sono sempre fatti col bicchiere vuoto, e ubriacavano lo stesso. William Powell impersona Ziegfield, commemorando il mago di Broadway. Una cosa non ho ancora capito, come queste riviste si facciano e interessino tanto nel cinematografo una volta che ci sono quelle vere nelle quali, parliamo chiaro, oltre qualche battuta felice del comico la cosa più attraente sono le ragazze che SAGGI/PALAZ.ZE~CHI mostrano le gambe, specialmente quando sono ben fatte e sembrano passate al tornio, ragione per cui nei teatri di Varietà si sono costruiti quei corridoi avanzati, per andare incontro ai desideri del pubblico. A quelli che amano le riviste nel cinematografo si può dire come in tempo di guerra alle giovani spose che avevano il marito al fronte: "che passione! averlo di ciccia e baciarlo di cartone". · Perché in Italia non si fa un film su Fregoli? Cosa tutt'altro che facile e perciò attraente. Fregoli canzonettista e delle prime trasformazioni: la lezione di canto, Mimi, Camaleonte ... Qualcùsa di fantoccesco nel quadro e nello spirito del tempo. Ci vuole, certo, l'attore adatto e un regista geniale. (n. 15, 20-1-51) Cristo tra i muratori A giudicar~ da questo film dovremri1o concludere che in America si costruisce poco e male. Ciò non toglie che il lavoro di Edward Dmytryk sia uno dei più belli e tecnicamente perfetti che in questi anni abbiamo visto. Certi interrogativi dovremmo ,rivolgerli, se mai, al libro che lo ha ispirato. Ed è Dmytryk stesso che ci risponde con chiarezlla. Il libro del Di Donato poggia sulla figura di Paolino, figlio maggiore del muratotre Geremia, figura che il regista respinge in blocco costruendo il proprio racconto su quella del padre che nel romanzo costituisce l'antefatto. La narrazione oscilla fra un realismò nudo e crudo, selvaggio, e un lirismo allucinante, esasperato, da delirio febbrile, che spinge l'autore a smarrirsi in problemi che esorbitano troppo dalla vita dei muratori. Qµale misura dobbiamo usare nel giudicarlo? Ricordo che una certa diffidenza non mi abbandonò mai nel leggerlo. Dmytryk ha messo le cose a posto occupandosi del caso particolare di un muratore italiano. Il giovane muratore è armato di entusiasmo e di coraggio per affrontare la vita, ma una prima delusione lo attende quando Rathleen rifiuterà di sposarlo. Non perché Geremia le dispiaccia, anzi le piace molto, ma la spaventa la precarietà delle sue condizioni economiche. Geremia si fa venire una sposina dall'Italia: "moglie e buoi" ... Infatti Nunziata e Geremia iniziano una vita di felicità. E la felicità tocca il vertice per la nascita del primo bambino, meno fulgida appare la nascita del secondo, normale accoglienza riceve il terzo, il quarto un'accoglienza un po' freddina ... non esistono saracinesche in questo campo. Aumenta il carico della famiglia e con esso le strèttezze, le difficoltà. Nunziata e Geremia non hanno il denaro per riscattare la casa, devono andare in una più brutta, e giunge la grande crisi economica, siamo nel 1928, amara sorpresa per il popolo americano abituato a un livello di generale benessere. Sappiamo che figli legittimi d'America si trovarono a pranzare, qualche giorno, con un pezzo di pane e un pezzettino di cioccolata, si capisce che agli adottivi toccò di peggio. Disoccupazione e traviamento di Geremia che per consolarsi riceve Rathleen la quale, dopo averlo respinto in qualità di marito, lo accetta per amante. Ma Geremia è infelice, si sente infedele, cattivo tanto da doversi mortificare nella 73

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