SAGGI/PALAZZESCHI A sinistra Carla Del Poggio in Lucidel varietà di Lattuada e Fellini. Al centro Totò in Totòo colori di Steno. A destra Lucille Bali in Ziegfeld Fol/ies di Minnelli. Totò è, probabilmente, il solo comico che abbiamo. Molti sono buoni a fare della comicità, mille espe_dientici aiutano per farne, ma il comico genuino è, come il poeta, un fatto naturale. Si esprime in poche forme che sono sempre le stesse, è prigioniero di esse, ma appunto perché rappresentano un fatto naturale, prima di esaurirsi dovranno vivere la loro stagione; il suo passo, il gesto, la voce, vi si imprimono nella mente. Musco o Totò si nasce. E non è una natura facile, in quarant'anni di Hollywood i comici si contano sulle dita di una mano. Natura in cui l'arte contribuirà coi suoi benefici sviluppi, ma se in fondo quel seme non c'è, non c'è arte che ce lo possa mettere. Musco aveva dalla sua il dialetto e una regione di grande colore e carattere, a Totò la sua Napoli non dona con altrettanta generosità. La comicità sorge dai contrasti: eroismo-poltroneria, coraggio-paura, l'intelligenza e tutti i suoi contrari, l'amore in persona il cui aspetto non ispira credito in tale materia, talora funziona come disinfettante per i grandi sentimenti, e tutte le calamità pubbliche e private possono essere ugualmente fonte di lacrime e di risate. Totò cerca casa, il migliore dei suoi film, è riuscito a far ridere sopra un problema dolorosissimo della più scottante · attualità. Osserverete: hanno riso quelli alloggiati bene e a buon mercato. Non è vero, i maggiori beneficati di quel film sono precisamente gli sfollati che vivono sotto tetti di fortuna o in 72 coabitazioni odiose. Si sono portati nelle loro malinconiche dimore quel sorriso come un raggio di sole. Né abbiamo dimenticato la bollatura dei documenti al commisssariato degli alloggi. Fifa e arena, Totò imperatore di Capri, la famiglia miope in Totò cerca moglie. Più deboli le parodie: Totò leMokò, o Figaro qua, Figaro là con le sue inutili trasformazioni, la lezione di canto è la sola cosa buona che c'è. Incalzato dal successo, gli ultimi film risentono della fretta e si mostrano a corto di espedienti come questo Totò Tarzan di cui parliamo oggi e nel quale, dopo lo spunto felice, il povero Totò viene abbandonato esclusivamente alle sue risorse. Il motivo che genera il film, non è stato sfruttato che in piccola parte. L'urlo di Tarzan fallisce e invece avrebbe dovuto essere elemento essenziale dal principio alla fine. Bene la spedizione che va alla ricerca di Tarzan, ma la sua apparizione delude. E bene quando Tarzan, nel grande albergo dove.ai piedi del letto gli sono stati preparati dei tronchi d'albero sui quali dovrebbe piazzarsi per dormire, una volta solo in camera, alla vista del letto soffice, scende e lesto lesto corre a infilarsi sotto le coperte: "Selvaggio sì, ma fessò no". Battute di questo genere divengono troppo rare. Una volta visto Totò non doveva essere più possibile di pensare a Tarzan senza ridere. Tale è la missione di equilibrio affidata al comico: portare il sorriso sopra le cose troppo serie. Totò è apparso all'orizzonte del cinema come arcobaleno dopo il temporale. (n. 9, 9-12-50)
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