LA MORTE E L'UTOPIA Incontro con Rachid Boudiedra a cura di Fabio Gambaro Rachid Boudjedra è-oggiuno dei più significativi scrittoridel mondo arabo, nel quale si è affermatoper il coraggiodelle sue sceltetematiche eper laricercatezzainventivadellasuascrittura.NatovicinoaCostantina, in Algerianel 194I, ha vissuto a lungoall'estero, rientrandoin patria a metàdeglianniSettantae stabilendosiadAlgeri,doveoggivivee lavora. Boudjedra è autore di undici romanzi, i primi sei scritti in francese, i successivi in arabo. In Italia sono stati pubblicati La pioggia (Edizioni Lavoro, 1989), Topografia ideale per un'aggressione caratterizzata (Marietti, 1991), La lumaca testarda (Zanzibar, 1991),mentre sono in corso di traduzione o in.via di pubblicazione La macerazione (1984, Feltrinelli), L'insolazione (1972,Marietti)e Il ripudio (1969,Edizioni Lavoro), Boudjedra è anche autore di due raccolte di poesia e di una raccolta di saggi. Inediti i saggi: La vie quotidienne enAlgerie (1971), Journal Palestinien (1972).Ha scrittoper il cinema Cronaca degli anni di fuoco (1975), Alì nel paese dei miraggi (1981), ecc. Il suo ultimo romanzo, Il disordine delle cose, è stato pubblicato nel 1990. Da dove arriva lo scrittore Boudjedra? Quali sono le sue radici? Credo di essere un'eccezione rispetto agli altri scrittori algerini della mia generaziol).e, dato che ho potuto fare degli studi completamente bilingui. Ho una doppia cultura: araba e orientale, daun lato, e occidentale, soprattutto francese e ~pagnola, dall'altro. Durante la colonizzazione l'insegnamento dell'arabo era vìetato, così ho dovuto impararlo a casa di nascosto. Poi mio padre mi ha inviato al liceo Sadiki di Tunisi, dove l'insegnamento era tenuto sia in arabo che in francese. Che tipo di famiglia era la sua? Era una famiglia di nuovi ricchi. Mio nonno era un contadino, mio padre è diventato un commerciante e un industriale, costruendo una grande fortuna. Culturalmente era un autodidatta: ha imparato da solo il francese, ha approfondito l'arabo grazie al Corano, si è recato a Fez e a Tunisi per istruirsi. Alla fine della sua vita era diventato un uomo di cultura con una grande passione per la conosce11za,che poi mi ha trasmesso. È per questo che mi ha mandato a studiare a Tunisi. E dopo Tunisi? Lì sono rimasto sino alla maturità. Poi sono passato nelle file della resistenza, rientrando clandestinamente in Algeria, dove però sono rimasto solo pochi mesi, dato che in seguito sono stato inviato in rappresentanza del Fronte di Liberazione Nazionale in Cina, Vietnam e Spagna. Alla conquista dell'indipendenza, nel 1962, sono rientrato in Algeria e ho iniziato degli studi di filosofia, che ho continuato a Parigi nel 1966, serivendo una tesi su Céline. Quando sono rientrato in Algeria, nel 1967, sono stato arrestato perché facevo parte del Partito Comunista, al quale avevo aderito dopo aver abbandonato l' FLN alla fine della guerra di liberazione. Ero già stato arrestato una volta nel 1965 dopo il colpo di stato di Boumedienne, ma solo per due mesi. Quella seconda volta, invece, rimasi in prigione per un anno senza essere sottoposto ad alcun processo. Anche mia moglie fu arrestata. È a quell'epoca che ha iniziato a scrivere? Sì, durante i mési di prigionia ho incominciato a pensare a quello che poi sarebbe diventato il mio primo romanzo, Il ripudio,. Ho iniziato a scriverlo in Algeria, ma poi l'ho terminato in Francia, dove ho trovato un editore che nel 1969 l'ha pubblicato. È per questo che lo scrisse infrancese? Sapevo che sarebbe stato un libro troppo polemico contro la società arabo-musulmana, dato che ne distruggeva i tre tabù principali: la religione, la politica e il sesso. Di conseguenza Rochid Boudjedro in uno foto di Komel Dridi. non sarei mai riuscito a pubblicarlo né in Algeria né in alcun altro paese arabo, era quindi inutile scriverlo in arabo: così, per delle ragioni tattiche, ho scelto il francese. Il libro ebbe poi molto successo, fece scandalo, ci furono delle polemiche e delle discussioni. L'editore, Denoel, fu contento. Firmai un contratto che mi impegnava a scrivere cinque libri successivi in francese: è per questo che ho continuato a scrivere in quella lingua. Poi, però, scaduto il contratto, sono passato all' arabq. tra l'altro il cambio di lingua ha corrisposto all'incirca al mio ritorno in Algeria, a metà degli anni settanta. Scrivere infrancese per delle ragioni contrattuali è stata una costrizione? Sì, dovevo forzarmi, perché scrivere in francese era sconveniente per due ragioni. Innanzitutto mi sarebbe piaciuto comunicare con gli algerini e con gli altri arabi, visto che affrontavo dei terni per loro fondamentali come la critica della famiglia e della società tradizionale. Inoltre, avevo dei problemi linguistici, dàto che non potevo utilizzare la varietà dei dialetti presenti in Algeria. Mi sarebbe piaciuto lavorare sulla lingua parlata, che è una lingua del tabù, del non detto. Il dialetto arabo infatti riflette la mentalità araba contemporanea, che -è sottosviluppata, arretrata, piena di tabù e di interdetti, è per questo che nei dialetti arabi la parola ha sempre una molteplicità di sensi. Insomma, scrivendo in francese questa ricchezza linguistica mi mancava, cercavo di supplire con il parlato francese, ma non era mai la stessa cosa. Non a caso quando ho tradotto in arabo Il ripudio, la versione araba è venuta meglio, proprio perché sfruttavo la ricchezza linguistica della mia lingua madre. Ma quello è s.tato il solo dei miei romanzi che ho tradotto in arabo, come pure ha tradotto in francese uno solo d~i 49
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