SAGGI/ AUDEN dirmi che non è un problema reale, o dire che la frase "Mi si chiede di esistere" sta a significare "Dio mi chiede di esistere", ma su Dio tutto ciò che posso imparare è ciò che Dio non è: non è me, non è un oggetto. Per sapere qualcosa di positivo su di Lui, devo aspettare che Lui mi riveli Se Stesso. Io In che modo amo me stesso? Come un soggetto che esiste. Solo quando penso a me stesso in rapporto agli altri ammiro o compiango me stesso. Supponiamo che io possegga un dono, un talento. Soggettivamente, non posso ammirare me stesso, in quanto l'ammirazione presuppone una superiorità, e non posso essere superiore al mio dono, perché è mio. Viceversa, se ho un difetto, una debolezza, è solo paragonandomi a chi mi appare forte o completo che posso compiangermi. Soggettivamente, non esiste un io inferiore che possa invidiare un me stesso superiore. Allora, amare me stesso significherà essere in accordo con me stesso, ed è quel che voglio il mio prossimo intenda se dice di amarmi. Così, se sono bello o bravo e il mio prossimo viene a dirmelo, mi tormenterò chiedendomi: "È ammirazione, questo è tutto? Mi amerebbero lo stesso se fossi brutto o cretino?" Neppure è possibile essere compianto senza sentirsi offeso perché non è questo l'amore, senza dire con Riccardo III: "Mostrerò al mondo che il difetto per cui ha pietà di me non è realmente me". È come soggetto che capisco cosa significhino decisione e fede. Sono un giovanotto che un bel giorno decide che da grande farà il chirurgo. Se è una decisione autentica, non dico: "Penso che avrei più successo come chirurgo" ma "Mi si comanda di diventare un chirurgo. Accetto; Non posso essere sicuro di riuscirci, però penso che se me lo si comanda è perché solo diventando chirurgo posso far fruttare al massimo il talento che mi è stato dato, del quale adesso il responsabile sono io. Ma, sia che riesca sia che fallisca, mi consacro da questo momento alla possibilità di divèntare chirurgo. Ho una vocazione." La decisione è una scelta che coinvolge il futuro e il possibile, la fede è quella passione soggettiva che mi rende idoneo a fare questo, cioè a prendere una decisione che riguarda me. Perciò, un dettame esterno di vocazione è una contraddizione in termini. La sola ragione che un altro si può dare del perché io debba diventare chirurgo, è che a suo modo di vedere sarò più bravo ricco e felice facendo il chirurgo che facendo qualsiasi altro mestiere, ma questi argomenti sono per l'appunto quelli che non devo prendere in considerazione, se per me il mio lavoro è una vocazione. Per esempio, se dico: "Lily è una brava ragazza; un po' bruttina, ma è ricca e mi si è affezionata. Farei bene a sposarla", farò sfoggio di buonsenso, ma anche del fatto che non ne sono certamente innamorato. Riguardo alla vita concreta, la fede non c'entra, perché qui non si tratta di decidere qualcosa, ma di rispondere alle sollecitazi"onidella situazione oggettiva. Se scanso un'automobile che mi stavenendo addosso, il mio comportamento è condizionato dalle reciproche posizioni del mio corpo e dell'automobile. Ciò presuppone ovviamente che io abbia scelto di vivere, e qui invece la fede gioca molto. È in quanto sono soggettività che comprendo cosa significa il 40 peccato. Sono un ambizioso professore in un college, in predicato per diventare capo del mio dipartimento alla morte del capo attuale, vecchio e malato. Mi sorprendo a desiderare che muoia. Mi vergogno. Mi sento responsabile, e quindi colpevole per il mio desiderio. Ma è solo quando coi;nincioa guardare me stesso come un oggetto che dico: "Il mio carattere ambizioso non è creazione mia, ma del mio retaggio biologico e del mio ambiente. Il senso di colpa non è mio, è un riflesso condizionato dalla mia società, che ha stabilito che-è male desiderare la morte di un altro". Il desiderio mi è "venuto", non è frutto di una scelta cosciente; eppure è irrevocabile al pari di un fatto compiuto, mi appartiene come un omicidio commesso. È solo quando comincio a paragonarmi agli altri che dico: "Tutti di tanto in tanto hanno desideri del genere. L'importante è che nessuno di questi desideri si traduca in atto". Ma in quanto soggetto so che la peccaminosità del quo desiderio non è in alcun modo mitigata dall'essere replicata, in altre persone o mediante desideri e azioni che possono o non possono precederla o seguirla. Questo perché l'alternativa all'interno della soggettività non è l'alternativa etica tra bene e male, ma l'alternativa religiosa tra innocenza e colpa. Eticamente la questione è: "Cedo o resisto alla tentazione ?" Se resisto sono buono. Secondo la religione invece so di essere un peccatore senza aver necessariamente ceduto alla tentazione, ma per il solo fatto di essere incorso in essa. Tu Mi accorg che tu esisti come soggettività al pari di me. Paragonando le vostre vite vedo che non siamo uguali in niente, e che ogni ineguaglianza impone a chi è inferiore di riconoscere un'autorità e a chi è superiore di assumersi delle responsabilità Queste ineguaglianze possono essere di due specie, ineguaglianze estetiche che nessuno di noi può correggere, e . ineguaglianze etiche che a entrambi è comandato di correggere. Sei più bello e intelligente di me. La tua bellezza e la tua intelligenza sono doni che hai ricevuto dalla natura, non il i:isultato di atti volontari da parte tua. Io non sono stato così avvantaggiato, e nessuno di noi due può far nulla per livellare o ribaltare la differenza. D'altra parte, io so le tabelline fino all'undici e tu solo fino al dieci. Questo sapere non mi è stato regalato, ma l'ho appreso da altri e posso insegnartelo, in modo che l'ineguaglianza scompaia. Ma può essere che, siccome tu sei più intelligente, imparerai la tabellina del dodici prima di me e l'ineguaglianza sarà addirittura capovolta; adesso sei tu a poter insegnare a me. La tua autorità estetica su di me è soggettivamente necessaria perché non sei stato tu a trovare i tuoi doni, ma i tuoi doni ti hanno trovato. Ciò che mi si chiede è un'ammirazione passiva che non pretende che tu in cambio t'accorga di me, ma si rallegri del fatto che ci sono molte cose da fare al mondo, che io non posso fare ma tu sì. · • Se fossi stato io ad essere superiore a te esteticamente, mi sarebbe stato chiesto di non esigere la tua ammirazione, ma d prendere atto che il possedere i doni di cui tu sei privo m'imporn di fare una quantità di cose che a te non vengono chieste. Invece la mia superiorità etica su di te è casuale, perché sono io ad aver trovato quella verità matematica supplementare e non
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