Linea d'ombra - anno IX - n. 62 - lug./ago. 1991

L'UOMO CONTROLLEÙ LA SUA SPECIE? François Jacob traduzione di Saverio Esposito L'uomo è diventato il primo prodotto dell'evoluzione in grado di dominare l'evoluzione. Dominare significa, in questo caso, che l'uomo è il primo essere vivente che ha rifiutato di piegarsi alle leggi della natura. A rifiutarsi di essere un animale o di essere soltanto un animale. Questo rifiuto egli lo ha espresso sin dalle sue origini. Da quando i contadini della preistoria sono riusciti a modificare dei cereali a proprio piacere. Da quando gli allevatori hanno addomesticato cani, cavalli e bovini favorendo i caratteri che a loro interessavano. Da quando i medici del Rinascimento, sezionando cadaveri per determinarne l'anatomia, hanno desacralizzato il corpo umano. In questa lotta dell'umanità contro la condizione animale, la scienza non ha mai smesso di fornire delle armi. Le più recenti provengono dalla biologia. Quella che chiamiamo biologia molecolare mira a spiegare le stupefacenti proprietà degli esseri viventi - le stesse che, ancora poco tempo addietro; sembravano esigere il ricorso a una forza vitale - grazie alla struttura e alle interazioni delle molecole che compongono gli organismi. Questa biologia è nata da decisioni individuali, prese da un piccolo numero di scienziati tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Cinquanta, scienziati che venivano da orizzonti molto diversi: biologia, fisica, medicina, microbiologia, chimica, cristallografia, ecc. Rendendosi conto che al centro dello studio del mondo vivente si trovavano i problemi posti dalla genetica, essi inventarono una nuova biologia. Non c'era nessuno che li spingesse in questa direzione: nessun ministro della ricerca, nessun direttore di qualche istituto, nessun industriale li impegnò su questa strada. Al contrario, fu la curiosità del singolo, un modo nuovo di considerare vecchi problemi che spinse questo pugno di uomini e donne alla soluzione del problema della ereditarietà. La storia della biologia molecolare può servire da modello per capire come una ricerca originale possa svilupparsi indipendentemente dalle eventuali applicazioni. Che sono infatti venute solo secondariamente, con la possibilità di intervenire sui geni stessi degli organismi, con ·quella che viene chiamata ingegneria genetica. Un altro aspetto della ricerca messo bene in evidenza dalla storia della biologia molecolare è l'imprevedibilità insita nella natura stessa dell'iniziativa scientifica. La ricerca è un processo che non ha fine e di cui non si può mai dire come evolverà. Quanto verrà trovato è dunque, per definizione, prima ignoto. Non c'è modo di poter dire dove un dato campo di ricerca potrà portare, ed è per questo che non si possono scegliere certi aspetti della scienza e respingere gli altri. La scienza o la si ha o non la si ha. E se la si ha, non si può prenderne soltanto ciò che ci piace. Bisogna accettarne anche la parte di imprevisto e di inquietante. Al contrario, l'imprevisto che caratterizza l'acquisizione di nuove conoscenze non esiste per le applicazioni delle medesime che dipendono da decisioni di individui o di società nel loro insiemy. Una società deve poter decidere se favorire o al contrario impedire una determinata applicazione di una scoperta scientifica. Ed è per questo che oggi si svolgono appassionati dibattiti per decidere l'utilizzo di u.nfarmaco abortivo oppure per sapere fin dove spingersi nella procreazione cosiddetta assistita sotto l'aspetto medico. La rappresentazione che l'uomo si fa di sé e del proprio posto nel mondo, già sconvolta all'inizio del secolo scorso dalla teoriadell'evoluzione, è stata di nuovo sconvolta dalla biologia molecolare: è il caso, per esempio, della nozione del medesimo edell'altro. Da un lato, ogni individuo di una specie porta nel suo bagaglio genetico le tracce indelèbili della propria individualità, delle sue differenze rispetto a tutti i suoi congeneri, passati presenti e futuri - a eccezione dei veri gemelli. Dall'altro lato, gli organismi, per quanto appaiano così diversi, sono sempre costituiti dagli stessi materiali, dalle stesse cellule, dalle stesse molecole. Ciò che distingue un leone da una farfalla, una mosca da una gallina o un verme da una balena, non sono tanto differenze. negli elementi cl:iimici costituenti quanto nell'organizzazione e nella distribuzione di questi elementi. Bastano piccoli cambiamenti che ridistribuiscono le stesse strutture per modificare profondamente la forma e il funzionamento degli organismi. Si tratta di utilizzare gli stessi elementi, di aggiustarli ritagliando qui o là, di congegnarli in combinazioni diverse per produrre oggetti nuovi di complessità crescente. In breve, le creazioni dell 'evoluzione sono il risultato di un lento e incessante bricolage molecolare. E l'ingegneria genetica non fa null'altro che imitare in laboratorio il bricolage della natura. · Gli sviluppi della scienza appaiono a volte come unaminaccia contro l'ordine stabilito, ordine della natura e ordine sociale. La lotta dell'umanità per affrancarsi dalle costrizioni animali entra spesso in conflitto con i miti che cercano di spiegare la condizione umana e di alleviarla. Quando la ricerca affronta campi nuovi, quando apporta mezzi per agire sul corpo o sullo spirito o sull'ambiente, allora essa diventa inquietante. Questo anche nelle società che fanno ormai da tempo una tradizione della libertà della ricerca. Se la biologia moderna appare tanto spaventosa è perchf affronta ciò che si trova proprio nel cuore non solo di ogni sistema vivente, ma anche di ogni sistema sociale e cioè della strutturazione intellettuale e affettiva di ogni essere umano: la riproduzione e l'ereditarietà, due campi rimasti a lungo sacri. Pèr ogni società è difficile abituarsi all'idea che si possa congelare un embrione umano e scongelarlo 100o 1000anni più tardi per impiantarlo nel ventre della sua bis-bis-bis-bis ... cugina, in cui potrà dar origine a un bebè in tutta tranquillità. O l'idea che si possano prelevare dei 25

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