LA CASA D'ESTATE Johan Borgen traduzione di Rolando Bolognesi Johan Borgen è nato a Christiania nel 1902. Dal 1923 è entrato nella redazione del quotidiano di Oslo "Dagbladet" e ha esordito come narratore nel 1925, con i racconti di Mot Morket. Del '37 è la raccolta Barnesinn (Anime infantili), i cui racconti hanno a tema dominante quello dell'infanzia oppressa dagli adulti, dalla scuola e dalla famiglia. Durante l'occupazione nazista della Norvegia, Borgen fu arrestato per gli articoli che andava scrivendo. Raccontò più tardi le sue prigioni in Dager pa Grini (Giorni a Grini,1945). Esule in Svezia, vi aveva pubblicato nel '44 Nordhal Grieg, sul giovane scrittore caduto nel cielo sopra Berlino nel 1943. Dopo la guerra si impose definitivamente ali' attenzione della critica e del pubblico con le raccolte Hvetebrodsdager (I giorni della luna di miele, 1948), Noveller om kjarlighet (Novelle sull'amore, 1952), Natt og dag (Notte e giorno, 1954), che intrecciano ironia, satira, eros e psicologia. La maggior parte dei racconti parte dall'infanzia e la confronta con l'età adulta degli stessi protagonisti. La trilogia di Lillelord (Lillelord, 1955, tradotto in italiano presso Iperborea; De morke kilder, Le fonti oscure, 1956; Vi har am na, L'abbiamo preso, 1956) abbraccia un arco di tempo che va dal 1912 al 1945 e ambienti diversi, nell'analisi di una borghesia in crisi di cui denuncia il comportamento ambivalente e ipocrita. Ih Lillelord l'autore mette a nudo l'animo del protagonista Wilfred Sagen nella sua doppiezza e complessità. Nel 1961 raccoglie il meglio dei suoi racconti, cui seguono i Nye norede taken (Nuovi racconti, 1965) e romanzi, novelle, testi teatrali, memorie, in una fitta produzione interrotta dalla morte nel 1979. Il racconto che pubblichiamo è tratto dalla raccoltaNoveller i utvalg, la scelta dei migliori racconti, del 1961. (R.B.) La casa era piccola e rossa ed era disposta come se, fin dal tempo dei tempi, fosse stata creata con il paesaggio: un azzurro scorcio verso il lago e un piccolo sentiero che, dal molo, saliva tra bassi campi riparati dal vento; mentre tutt'attorno, tra il verde ondeggiante della collina, le campanule chine si chiudevano verso sera. Quella mattina, quando se ne andò, gli sembrò che la casa sanguinasse. Ogni autunno quando se ne andava via, e ogni anno un po' di più, gli sembrava che la casa sanguinasse e volesse ntmmentargli che la vita si era accorciata di un'estate. Avviò il motore della barca e fece un ampio giro nell'ampia baia. Lo faceva per poter guardare la casa un'ultima volta. Questa poteva essere vista solo là dove il golfo si apriva e, passandoci avanti velocemente, quella appariva e dopo un attimo spariva. Gli capitava spesso di pensare: che ci sia. ancora la casa? Quella casetta per lui diventava un miraggio, racchiusa in una fessura della montagna, vicina al lago, ma protetta dal vento, aperta allo scintillio del sole e del mare quella poteva diventare il sognò di ogni uomo che desiderava una casetta vicina ad un golfo, ma nascosta al mondo. Durante in lunghi inverni che trascorreva in città poteva anche venirgli il dubbio che quella casa esistesse per davvero - così come tante altre volte gli era capitato - poteva sembrargli che la casa fosse frutto della sua fantasia , qualcosa di troppo bello, perfino il compenso per una realtà più splendente. Per due volte girò con la barca nel golfo, per poter guardare ancora la casa, per sincerarsi che fosse sempre là, prima dell'addio. Ma ogni volta la delusione si rinnovava. Sì, la casa c'era, ma 22 non era altro che il miraggio di una casa, perché, quando questa, coperta dal promontorio, scivolava via ali' orizzonte per l'appunto, non esisteva più. Allora di nuova la paura di avere dimenticato qualcosa lo assalivaeaumentavaogni volta che la lasciava e soffriva come se la tradisse. Un bel giorno si accorse che la sofferenza cresceva per un solo motivo: un'altra estate era stata cancellata dal procedere del tempo. Che cosa poteva aver dimenticato? Aveva lasciato sempre tutto in ordine: la secchia dell'acqua capovolta, la caffettiera anche, le lenzuola appese sotto il letto per via dei topi. Il ramaiolo agganciato al proprio chiodo, a destra, sotto la gronda. Comunque, man mano che la distanza tra lui e la casa aumentava, dentro di lui cresceva la paura di aver dimenticato qualcosa. Eppure non aveva scordato nulla! Attraccata la barca al molo, camminò per mezzo miglio verso la stazione. Strada facendo si fermò dove di solito riposava, appoggiò i bagagli di fronte a sé e ~rizzò la schiena. Era come se quel tragitto, che tra una sosta e l'altra conosceva a memoria, ogni anno si-allungasse di un po'. Il fatto era che aveva il fiato sempre più corto, era inevitabile. Pure inevitabile era che ogni volta si sentisse attirato indietro. Era una sensazione che aveva già provato, quando si trovava in città, ma ora non lo abbandonava più. Tutto questo gli arrecava turbamento. Più l'estate si allontanava nel tempo, più la casa gli sembrava reale. La paura di aver dimenticato qualcosa diventava quasi un'ossessione. E poiché in un altro periodo dell'anno non c'era mai andato, per lui la casa esisteva solo in estate. Un giorno decise di riprendere il treno perché c'era qualcosa che non quadrava.· Prese il treno in quella stazioncina, poi andò vers sud per una stretta mulattiera. Era d'autunno. Le betulle stavano perdendo le foglie e nell'aria trasparente il panorama era ampio e libero. Quando slegò la cima della barca s'accorse che lo scintillio color · oro del mare mutava in argento. Era ancora caldo. Sembrava che, dietro quella realtà, ci fosse ancora una specie d'estate - una stagione che, nella sua mente, corrispondeva vagamente a qualcosa. Quando fu al largo, su quella piccola barca, cominciò a rimuginare dentro di sé. Qualcosa non andava - in lui oppure a casa. Per un'estate s'era concesso di tornare e al posto e al tradimento. · Mente girava dentro la baia vide del fumo che usciva dal
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