Linea d'ombra - anno IX - n. 62 - lug./ago. 1991

Vento e paesaglio nei romanzi di iamonti Rosa Dimichino Due morti segnano l'inizio di due romanzi di Francesco Biamonti, L'angelo di Avrigue (1983) e Vento largo (1991, entrambi Einaudi) nel primo quella di Jean-Pierre, un ragazzo olandese vittima della droga. Morte volontaria, morte involontaria? "Egli salì al passo dell'Annunciata per andare sulla rupe, in cima, da dove Jeari-Pierre era caduto". Morte come "caduta". Certamente la psicanalisi rifuggirebbe dal classificarla come suicidio. Biamonti conferma: "L'ultimo gesto di JeanPierre si stampò nel cielo sereno: il febbrile aggrapparsi delle sue mani a quei fragili rami". Ma subito dopo ecco '1un altro gesto del ragazzo, un po' più lontano dalla morte ma forse già nel suo alone: mozziconi di 'senior service' spenti con cura, strisciati contro la pietra". Morte come "alone". In Vento largo a morire è Andrea, il "passeur". Qui si tratta di morte naturale, ma altrettanto improvvisa: Varì, il protagonista, "Non riusciva a immaginare: non aveva sentito dire che a Luvaira qualcuno fosse sul punto". E qui il ricordo, l'elogio funebre: "Ne abbiamo fatto del cammino insieme,( ...). ne abbiamo conosciuti nomadi e viandanti. Eravamo due passeurs onesti (...). Non abbiamo mai lasciato nessuno di qua del confine". Che cosa accomuna queste due morti? Certamente la dimensione spaziale: il paesaggio reale e insieme immaginario dell'entroterra ligure ai confini con la Francia, che si restringe in uno spazio più angusto ma reso più vasto dalla doppia valenza: la frontiera, passaggio fatale, metafora stessa della morte. Non si può, e non si deve, lasciare "nessuno di qua del confine": ciascuno insegue il suo destino ed è crudeltà richiamare indietro chi se ne va. Ma è necessario anche chiedersi che cosa accomuna queste due vite. La risposta è ancora nelle loro morti: in quella "caduta" del- !' "angelo", in quell'onestà del passeur; in quell'"alone" che avvolge la figura di Jean-Pierre, in quel silenzio (che "si posava sul silenzio") della "strana" veglia funebre di Andrea. Jean-Pierre e Andrea, personaggi solitari e incontaminati inseriti in paesaggi di antiche ed estreme solitudini, come le voci narranti, Gregorio e Vari. Clandestini, emarginati; in una parola: irregolari. Innocenti però. Alfieri tutti di "una tacita morale libertaria" che Calvino intravvede indicandocene l'esito: "le solitudini sommandosi non s'annullano". _Ademergere è ancora una volta il tema della frontiera: nel gioco metaforico di Biamonti essa rappresenta non soltanto il passaggio obbligato della morte, ma il pas;,aggio obbligato della vita ("È destino di noi esseri deboli, di noi uomini, cambiare strada. Sotterfugi per vivere"), e della sua essenza: l'amore. Amore di frontiera, vissuto momento per mo.mento nel rischio, nell'assenza, e per questo reso più forte. "Où sont tous 20 CONFRONTI mes amants / tous ceux qui m'aiment tant? I Ils ont d'autres rendez-vous". Non è quindi soltanto il paesaggio ligure a evocare Montale, ma è la poesia magica del- !' assenza, che accompagna dilaniando e addolcendo il sentimento d'amore, che li apparenta. Un altro amore, quello della terra, per la collina piuttosto che per il mare, sembra arricchirsi di accenti pavesiani nel suo tono epico o, meglio, mitico: il "male del ferro" e l'apparizione del pastore che parla provenzale nell'Angelo di Avrigue; gli uliveti "di pace precalinda e le altre. Suore del nostro tempo Assunta Mariottini Il non detto, lasciato alle parole del cuore e dell'intelligenza, sembra essere forse il momento più importante, la chiave di lettura di queste Lettere a un amico. Cronache di liberazione alfemminile plurale (Marietti, pp.150, L. 22.000), pagine che testimoniano di unitinerario spirituale, religioso, umano e politico nel senso più alto. Le ha scritte Linda Bimbi, attualmente segretaria della Federazione Internazionale Lelio Basso per il Diritto e la Liberazione dei Popoli, ma protagonista è un gruppo di donne di cui Linda è la voce. Dal '68 al '72 la loro vicenda si dipana nel vivo di un' America latina e di un Brasile percorsi da quei fermenti che· da Medellfn indicano con forza i nuovi soggetti della storia, l'aspirazione ad una liberazione che è partecipazione, ricerca di nuovi modelli di vita, nuove progettualità. Da qui la scoperta di un quotidiano aperto ai bisogni della gente: degli emarginati finalmente autori della propria emancipazione umana e storica, tesi nello sforzo di rendere praticabile una solidarietà che è, al tempo stesso, Vangelo e progetto politico. Questo gruppo di donne, suore per giunta, matura insieme una presa di coscienza che è scelta di campo, elaborazione comune di rapporti umani impegnati a fianco degli ultimi, dei senza storia. Camminando insieme a loro lungo un viaggio meditato e sofferto, arriveranno allo "strappo", al ritorno nel mondo senz'altra ·garanzia che la nuova straordinaria scoperta, "la responsabilità di un cammino tutto nuovo e sconosciuto, da inventare giorno per giorno nel confronto permanente tra Vangelo e vita". Il destinatario di queste lettere - scritte I ria" minacciati dai rovi in una "terra di fame" in Vento largo. Un amore che è fede, legame indissolubile, secondo il dettato verghiano: "Chi nel passato aveva creduto in una qualsiasi forma di felicità terrena, al di fuori di possedere una casa in paese e una campagna rocciosa, si era perduto" (così nell'Angelo di Avrigue); "Paese senza speranza, con una chiesa che crolla. Ma tu lo sai! Non l'avessimo mai visto. Io mi sono ritirato qui. Sto mica male" (così in Vento largo). Di questo paesaggio terribile, da cui ci si muove o a cui sempre si ritorna, personaggio centrale in entrambi i romanzi è il vento, declinato come su un pentagramma musicale nelle diverse chiavi, capace di flettersi in tutte le possibile tonalità. "Vento largo" è un vento provenzale, di frontiera, dalla musicalità solenne, un vento che '.'cambia sovente direzione e inquieta i naviganti". tra la primavera del '73 e l'estate del '78 -è un interlocutore attento e disponibile al confronto, all'emozione di un dialogo fatto di ricerca, di dubbi, di ascolto, Lelio Basso. Basso, non è un personaggio qualunque: antifascista è stato tra i ricostruttori del socialismo italiano, assieme a Nenni e Pertini, tra i fondatori della Costituente e della Repubblica, studioso del marxismo, attento soprattutto alle figure e alle esperienze di frontiera, alla fine degli anni Settanta, in grande autonomia e solitudine, sceglie di schierarsi dalla parte delle ragioni dei popoli. Il suo impegno trova un momento alto nella creazione del Tribunale Russell, un organo giuridico, di denuncia delle violazioni dei diritti umani e difesa degli stessi. Protagonista del socialismo.italiano e internazionale, sempre contrario ad ogni dogmatismo, ateo professo, pure "negli anni Settanta era preso da autentica meraviglia di fronte al nascente impegno dei cristiani per la liberazione e vedeva nella condivisione della fraternità un segno di tempi nuovi". L'incontro tra questi due vissuti, apparentemente tanto diversi e lontani, ma assai vicini e aperti alla conoscenza e a una amicizia fatta di stima e gratitudine reciproca, è di quelli importanti, di quelli che lasciano il segno per sempre. Per questo le Lettere a un amico, oltre che documento minuzioso e "da dentro" di un percorso e di una presa di coscienza al femminile, testimoniano con la forza dei futti umani anche della libera possibilità di un intreccio tra culture e vicende affatto differenti, ma pure rivolte a una "rotta tenace in armonia con il grande sommovimento dell'universo".

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