LUGLIO/AGOSTO 1991 · NUMERO62 LIRE10.000 I mensile di storie, immagini, discussioni e spettacolo AUDENS:OGGETTIVITÀ, E ICAE,STETICA FORSTELRA:PUREZZRAAZZIALEP/ALAZZESCHI: I F LMDELNEOREALISMO INCONTRUI.S.A.:LESLIFEIEDLERI,CHARFDORDM, ONTHEELLMAN JACOBL:ASPECIUEMANAEILSUODESTINO INDIA/KUWAITU/ .R.S.S. BORGEN l BOUDJEDRA f l COUTO RAMIREZ i TACHTSIS
1948.Nasce Totip. 700 miliardi di vincite. 6o.ooomilionari. Anno dopo anno. TOTIP. Dal 1948 al lavoroper l'ippicaitaliana.
A·P·E·R·T·U·R·E LACOLLANADI LINEA D'OMBRA I TESTIPIÙATTUALIDELPENSIERORADICALE/LIBEROEDERETICODELNOSTROSECOLO• TRA NARRATIVAE SAGGISTICA,FILOSOFIAE SOCIOLOGIA,STORIAE POLITICA• TRESEZIONI COMPLEMENTARI: SAGGI,NARRAZIONI,MANUALI. APPENA USCITI ArnoSchmidt IL LEVIATANO OIL MIGLIORE DEI MONDI Unatragediachesi ripete (Il Leviatano) unodei più bei raccontimai scrittisullaguerra,segunoda Tina o de/l'immortalità, unafarsachenon hafine(Tinaelapunizionedeglintellettuali). li volumeriproponedueracconticonsideratidallacriticatrai miglioridiSchmidt, il piùbizzarro, il menoirreggimentabile maestrodellaletteraturatedescadeldopoguerra. AA.VV. UNLINGUAGGIO UNIVERSALE Un'organicar ccoltadiintervistecon . i maggioriscrittoridi linguainglese. GranBretagna: Ballard,Barnes, McEwan,Swift,/shiguro,Kureishi, Rushdie. Irlanda: Banvil/e. Canada: Ga/lant,lgnatieff,Ondaaljie. Africa: Breytenbach,Coetzee,Gordimer, Soyinka. India: Desai,Ghosh. Nuova Zelanda: Frame. FrancescoCiafaloni KANTE I PASTORI Identitàe memoria,utobiografiae politica,Italiacontadinae Italiaindustriale,radiciprovincialie ambizioni universali,SudeNord,destraesinistra,TogliattieSilane,noiel'America.Itestiquiraccoltisonolatamente autobiografici. Spotrebbeanchedire chesitrattadinarrazionid fatticapitatiaunocheavevamenodivent'anniquandoi carriarmaticonlastella rossaentraronoeBudapestecheha cercatodi continuareaoccuparsidi politica,a sinistrae inbasso,senza dimenticarsenemai. AA.VV. VIOLENZA ONONVIOLENZA I testi fondamentalid undibattito attualissimo.La violenza"levatrice dellastoria"o affossatricedi ogni civiltà?Leriflessionip ùrigorosedaglioppostifrontiedachisicollocain mezzo,perrenderepiùcoscientile sceltedeglioppos~ori:deipacifisti, deinonviolenti. Gli autori: Enge/sTolstoj,Gandhi, Benjamin,Weil,Bonhoeffer,Gatti, Capitini,Fanon,Mazzo/ari,Arendt, Bobbio,Anders. VOLUMI PUBBLICATI Heinrich Boll LEZIONI FRANCOFORTESI LelezionidipoeticatenutedaBolinel 1963sonopreziosenel rivelareil metododiscritturadell'autore, il suo mododilavoraresullarealtà.Bolinon vuoleoffrirealcun• breviario",può unicamentedimostraredi"conosceregli elementidellav~aumana".Il suo umanesimo è quellodi uno scrittorechetentadiricostruirequalcosachevalgaa ridareall'uomoe allasocietàunvoltoumano,responsabile solidale. Voices IL DISAGIO DELLAMODERNITÀ Il nostromondosta rapidamente cambiando. I problemidell'intelligenzaartificialeodellasocietàpost-industrialecitoccanodirettamente, stanno trasformando l'ambienteincuiviviamo. Èindispensabile rifletteresuicambiamentie trovarechipossaaiutarcia capireloscenariochesistadelineando,pienodinuoveidee,nuoveincertezze,nuovesperanze nuoveangosce.17grandinomidellacultura mondialenediscutonoconluciditàe passione. IL DISAGIO DELLA MODERNITÀ :itt~: J ~:~~:~~ED~~lm MAI ESISTITESEMBRANO COSI SCONTENTI DELPRESENTEECOSI SPAVENTATI DAL FUTUROf • COSA C'~ CHE NON VA, NEL MONDO CUI APPARTENIAMO! QUALI SONO I COSTI UMANI E SOCIALIDELLAMODERNITÀ!• NE PARLANO, AMIS, am, IELLOW, BRIEFS,CASTORIADIS,DAHRENDORF,GALTUNG,GELLNER,GIDDENS,/GNATIEFF,KOIAKOWSK/, IASCH, PAZ, ROTHSCHILD,TAYLOR, TOURAINE,WALLERSTEIN. -------------------------------------- Desidero essere informato sui prossimi titoli e sulle iniziative di Linea d'ombra. NOME___________ _ COGNOME___________ _ INDIRIZZO_____________________ _ CAP___ _ ETA' ATTIVITA' TrovoLDOin □ edicola □ libreria, Oda amici, □ biblioteca LeggoLDOdalnumero__ SezionidiLDOpreferite_______________ -,--__ Data_______ _
GLISCRITTORI ELAPOLITICA Il MONDO DOf'O LAFINEDELLA SECONDAGUERRAMONDIALE• STOttlEDIGUERRA f DI PACE,DI ~ffitJri' ~.Wi,A~ARE; UN'EPOCA QI TRANSIZIONE• PMIAJ,/0, 110U. CHCM4SKY,ECO, GO«OIMEI(, GRASS,HAU, HAUI• f:J: ~IJ=:rEWr.· LevN.Tolstoj DENAROFALSO Unromanzobrevedellavecchiaiadi Tolstoj,chehadatoil megliodellesueriflessioniteoricheneitestinarrativi,mettendoa puntoun"genere"di"raccontoteorico"odi teoriatrasformatainvicenda. Denarofalso è divisoinduepartispeculari:nellaprima unacambialefalsificata,passandodimano inmano,provocaluttoecorruzione;nella seconda,bastache unasola persona dimostrilaforzadellaveritàedellagiustizia perchétutto possa pos~ivamente cambiare. Voices GLI SCRITTORI E LAPOLITICA È la traduzioneitalianadi unaseriedi dibattitiorganizzatiper il Canale4 della television~inglesealloscopodiaccostare ilpubblicoallainterpretazioned imaggiori dilemmidelnostrotempo.12grandiuomini dipensieroeartisticontemporanei discutonodelrapportoNord/SudeEst/Ovest,dell'impegnodegliscrittorinellalottapolitica (GordimerSontag),dellaguerra(Vonnegut e Boli), di crisi e di economiae di Europa,diprospettivemondialiperil futuro. AldoCapitini LETECNICHE DELLANONVIOLENZA Lanonviolenza è una"rivoluzionepermanente"checoinvolgedalprofondogliatteggiamentidelsingoloedellacomunitàche trasformae"apre"aglialtri.Questovolume descriveimetodidilottacheallanonviolenzasirifanno,compresal descrizionedelle campagnenonviolentecontroil razzismo, inAfricae inAmerica.Unlibroimportante, anzifondamentale, inquestomomentodi crisidellasinistra. APROPOSITO DEICOMUNISTI INVITO Al PCIPUCHt, SAGGIAMENTE, SISCIOLGA• I COMUNI• ~Jml\ ~T~~!~~~:11~~ DEGLI INTEWTTIIAU • PERCHf SOi.O Il PCIDOYREIIECAMBIARENOMEr • IOTTEGHEOSCURI EPALAZZO • Il ROSSOE Il YElDI! • MIUTANZAEYOlONTARIATO • AHfNO/CE, ELSAMORANT!, l'ICCOI.O MAN/fESTODEI CO. MIJN/STI(SENZA CIASSE ESENZA PAIITITO/ · LASTRANAVICENDADIUNA MA, CELLAIADALVOLTOSFREGIATO• NELLAGERMANIADELLADISFATTA.UNARICOSTRUZIONE-INCHIESTASUGLIANNIDELLAPERSECUZIONEDEGLIUREI • UNATESTIMONE SENZASTORIA E SENZA ~I,'/~~ ~~o:li '10 ALTIET!RRIIILISUL PASSATO TEDESCO • NELLATRADUZIONE DI //IJ'(11LE/SEI/fOIITINI GOntherAnders DISCORSOSULLE TREGUERREMONDIALI Delgrandefilosofodella"discrepanza" (tra possibilttàe realtàdell'uomonelmondo moderno),analizzatoredellalogicaautodistruttivadell'umanità,teoricodeigruppi pacifistiedecologici.Ilmondonon è piùlo stesso.eglidice,"dopoAuschwttze dopo Hiroshima".Leferitedell'olocaustoedell'atomicanonsonorimarginabili; è dalla coscienzadellelorounicitàedallaconcreta possibilitàdellafinedel mondoche bisognapartireperribellarsi. Linead'ombra APROPOSITO DEICOMUNISTI Anchela redazionedi "Linead'ombra"ha volutodirelasuasullacrisichetravagliail comunismoitaliano,da una posizione decentrata,di "senzatessera"chenon hannointeress1di carrierao di schieramentodentroilPCI.Nelvolumesitoccano i punticrucialideldibatttto:l'ereditàleninista e togliattiana,le colpestorichedel partito,lacrisidiidentitàchetravagliabase efunzionari, ilruoloambiguodeglintellettuali,glischieramenti interni,lrapportoela · comunanzadi certimetodicon gli altri partiti'e conil "palazzo", il rapportoconi Verdi,el'invitoalPCI,paradossalemanon troppo,"perchésisciolga",perchéinventi nuoveformediversedaquelletradizionali di Partito. AlbrechtGoes LAVITTIMA Pubblicatoperlaprimavoltanel1954, La vitima siaffiancautorevolmente alleopere cheriflettonosulpassatodellaGermania - conaffinitàsoprattuttoconquelledi Boli. Goes,pastoreprotestante,siè basatocomenarratoresullesueesperienzedi vita,chesonostateterribiliperchéegliha fattolaguerrasbattutodaunfronteall'altrocomecappellanomilitare.Come.ogni inchiestachesi rispetti,e anchecome ogni"mistero"religioso, Lavittima conducea una"rivelazione" lacuiscopertalasciamoal lettoredi fare. --------------~-------------------~- Agli abbonati allà rivista è riservato uno sconto del 20% circa (Lire 10.000 anziché Lire 12.000) sul prezzo di copertina dei primi cinque libri ·della nostra collana." Aperture", minimo due titoli (il vo(ume·di Aldo Capitini "Le tecniche della nonviolenza" è esaurito). Compilate questo tagliando: TITOLISCELTI__________________________ _ abbonatoa LDOdalnumero____ nuovoabbonamentoindata_____________ _ □ PagamentoeffettuatosulVs c.c.p.N.54140207 O Allegoassegno O Pagatoa mezzovaglia Intestare spedirea Linead'ombraedizionisrlViaGaffurio4, 20124Milano-tel.02/6690931
Gruppo redazionale: Alfonso Berardinelli, llNEDA I I MBRA Gianfranco Bettin, Grazia Cherchi, Marcello Flores, Goffredo Fofi (direttore), Piergiorgio Giacchè, Gad anno IX luglio/agostol 991 numero 62. Lemer, Luigi Manconi, Santina Mobiglia, Lia Sacerdote (direzione editoriale), Marino Sinibaldi. Collaboratori: Adelina Aletti, Chiara Allegra, Enrico Alleva, Giancarlo Ascari, Fabrizio Bagatti, Laura Balbo, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano Benni, Andrea Berrini, Giorgo Bert, Paolo Bertinetti, Francesco Binni, Lanfranco Binni, Luigi Bobbio, Norberto Bobbio, Giacomo Borella, Franco. Brioschi, Marisa Bulgheroni, Isabella Camera d'Afflitto, Gianni Canova, Marisa Caramella, Cesare Cases, Roberto Cazzola, Francesco Ciafaloni, Luca Clerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Cottinelli, Alberto Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Delconte, Roberto Delera, Stefano De Matteis, Piera Detassis, Carlo Donolo, Riccardo Duranti, Saverio Esposito, Bruno Falcetto, Giorgio Ferrari, Maria Ferretti, Ernesto Franco, Guido Franzinetti, Giancarlo Gaeta, Alberto Gallas, Nicola Gallerano, Fabio Gambaro, Roberto Gatti, Filippo . Gentiloni, Gabriella Giannachi, Giovanni Giovannetti, Paolo Giovannetti, Giovanni Giudici, Bianca Guidetti Serra, Giovanni Jervis, Roberto Koch, Filippo La Porta, Stefano Levi della Torre, Marcello Lorrai, Maria Maderna, Maria Teresa Mandatari, Danilo Manera, Bruno Mari, Edoarda Masi, Roberta Mazzanti, Roberto Menin, Paolo Mereghetti, Diego Mormorio, Maria Nadotti, Antonello Negri, Grazia Neri, Luisa Orelli, Maria Teresa Orsi, Pia Pera, Cesare Piailciola, Gianandrea Piccioli, Giovanni Pillonca, Bruno Pischedda, Oreste Pivetta, Pietro Polito, Giuseppe Pontremoli, Sandro Portelli, Fabrizia Ramondino, Michele Ranchetti, Marco Revelli, Marco Restelli, Alessandra Riccio, Fabio Rodriguez Amaya, Paolo Rosa, Roberto Rossi, Gian Enrico Rusconi, Nanni Salio, Paolo Scarnecchia, Maria Schiavo, Franco Serra, Joaqufn Sokolowicz, Piero Spilà, Paola Splendore, Antonella Tarpino, Fabio Terragni, Alessandro Triulzi, Gianni Turchetta, Federico Varese, Giordano Bruno Ventavoli, Emanuele Vinassa de Regny, Tullio Vinay, Itala Vivan, Gianni Volpi, Egi Volterrani. Progetto grafico: Andrea Rauch/Graphiti Ricerche redazionali: Alberto Cristofori, Natalia Delconte Pubblicità: Mìriam Corradi Esteri: Pinuccia Ferrari Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Rina Disanza Hanno contribuito alla preparazione di questo numero: l'agenzia di stampa ASPE di Torino; le case editrici Einaudi, Iperborea, Jaca Book e Mondadori; le agenzie fotografiche Contrasto di Roma e Grazia Neri di Milano e l'Università di Firenze. •Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano Te!. 02/6691132. Fax: 6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. - Via Famagosta 75 - Milano Te!. 02/8467545-8464950 Distrib. librerie PDE - Viale Manfredo Fanti 91 50137 Firenze - Te!. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini 6 Buccinasco (Ml) -Te!. 02/4473146 Pellicole: Grafotitoli - Sesto S. Giovanni (Ml) LINEA D'OMBRA - Mensile di storie, immagini, discussioni. Iscritta al tribunale di Milano in data 18.5.87 al n. 393. Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo Ill/70% Numero 62 - Lire 10.000 I manoscritti non vengono restituiti. Si pubblicano poesie solo su richiesta.Dei testi di cui non siamo stati in grado di rintracciare gli aventi diritto, ci dichiariamo pronti a ottemperareagli obblighi relativi. 4 6 8 9 12 17 Marco Restelli Renata Pisu E. M. Forster Alfonso Beràrdinelli Geoffrey Hawthorn Francesco Binni L'India dopo Rajiv Una minoranza a Città del Kuwait Un po' d'esercizio in Purezza Razziale Viaggiatori stranieri in Urss Il pragmatismo romantico di Richard Rorty Su Vineland di Thomas Pynchon e P. Scarnecchia sulla scomparsa dì Mohammed Abd al Wahab (a p.19), R. Dimichino su Vento largo di Biamonti (a p.20), A. Mariottini sulle Lettere a un amico di Linda Bimbi (a p.20). Glì · autori di questo numero (a p.78). 25 François Jacob L'uomo contro11eràla su.a specie? 27 Richard Ford Non-1uoghi e pa~saggio a cura di Riccardo Duranti 33 Monte Hellman Esiliato in America a cura di Enrico Verra 36 Leslie A. Fiedler Nuovo esame per il Post-moderno· a cura di Rocco Capozzi 49 Rachid Boudjedra La morte e l'utopia a cura di Fabio Gambaro 57 Vfctor Ramfrez La solidarietà comincia con la vita a cura di Danilo Manera Maestri e scolari: Cesare Moreno, Diario di guerre da una scuola napoletana (a p.2); Alberto Moncada: Per un'analisi radicale dell'edcicazione (a p.7). Punti di riferimento: Fernand Deligny, I vagabondi efficaci (a p.10). Immigrazione Scuola Salute: Pap Khouma, Poi sono diventato insegnante {ap.13); Lucia Rojas · e altri, È ancora lunga la strada per diventare soggetti sociali e poiitici (a p.15); Giovanni Mottura, Lettera aperta a un assessore comunale (a p.19); Giulio Angioni, Etnie (a p.21 ); Luigi Manconi, Conflitti di valori e mali minori (a p.24); Francesco Ciafaloni, Insani (a p.27); Lia Bandera, L'esperienza del Naga (a cura di G. Barella e Z. Dazzi, a p.29). La copertina di questo numero è di Lorenza Mattotti. Le foto.che illustrano il supplemento sono di Silva (Contrasto). Abbonamento annuale (11 numeri): ITALIA L. 75.000, a mezzo assegno bancario o c/c. postale n. 54140207 intestato a Linea d'ombra. ESTERO L. 90.000.
IL CONTESTO L'India dopo Raiiv Una grande 11finzione colleHiva" alla prova Marco Restelli "Una terra mitica ... un paese che non sarebbe mai esistito senza gli sforzi di una fenomenale volontà collettiva ... un sogno che tutti accettavamo di sognare ... una fantasia di massa condivisa in varia misura da bengalesi e da punjabi, da madrasi e dajat, e che avrebbe avuto periodicamente bisogno di quella santificazione e di quel rinnovamento che possono dare soltanto i rituali di sangue. India, il nuovo mito ... una finzione collettiva in cui tutto era possibile." · È verosimile che l'India all'alba della sua indipendenza, nel 1947, fosse davvero così, come ci è descritta dall'indiano e cittadino del mondo Salman Rushdie nel romanzo I figli della mezzanotte. Nelle parole di Rushdie, dunque, uno stato indiano indipendente e laico, unitario e multietnico, multiculturale e poliglotta, insomma l'India di Nehru, era "un sogno che tutti accettavamo di sognare": ma se confrontiamo quel sogno con la realtà odierna, il risultato è preoccupante sotto molti profili. Basta osservare ciò che è accaduto in occasione delle recenti elezioni politiche. Per rifarci alla parole di Rushdie, abbiamo visto "la santificazione e il rinnovamento" attraverso il "rituale di sangue" nell'omicidio del leader del Congresso-I, Rajiv Gandhi, discendente della "mitica" dinastia di Nehru, simbolo unificante della nazione. Dopo quai-ant' anni di egemonia dei Nehru-Gandhi il Congresso-I (la "I" sta per Indira) e l'India stessa aspettano ora con il fiato sospeso un rinnovamento non più procrastinabile (eppure non è detto che in futuro non vi sia ancora un Gandhi per l'India: non certo il figlio maschio Rahul bensì, probabilmente, l'abile figlia maggiore, Priyanka, che in molti descrivono simile alla nonna Indira). Abbiamo visto poi come la "fantasia di massa" di un'India unitaria non sia più condivisa da certi settori di importanti etnie e comunità religiose. Il più recente e clamoroso esempio è costituito dalle squadre di terroristi sikh che il 15 giugno hanno assaltato due treni massacrando molte decine di persone, allo scopo di non fai-celebrare in Punjab le elezioni (che al momento in cui scriviamo non si sono ancora svolte) e riaffermare così l'ingovernabilità del Punjab stesso da parte di Delhi. La trama di sangue del terrorismo sikh - cui, va ricordato, è complice solo una minoranza della popolazione sikh - si snoda da dieci anni con crescente ferocia al fine di dare vita allo stato indipendente del Khalistan, la "terra dei puri" vagheggiata dai fondamentalisti sikh. Oggi il Punjab, che era lo stato più florido di tutta l'Unione Indiana, il "granaio dell'India", il centro della "Rivoluzione verde", è paralizzato da un'autentica guerra civile fra sikh e hindu, e fra sikh e forze speciali; ma questo dramma sarebbe da tempo terminato se non fosse per la miopia politica dimostrata nei confronti della comunità sikh dai governi di Delhi - sia quelli del Congresso-I sia, più di recente, quello del grande nemico del Congresso-I, V. P. Singh. E gravi errori sono stati commessi in passato dalle autorità di Delhi anche in altri stati oggi al centro di spaventose tensioni, il Kashmir e l' Assam. Si tratta, in questi due casi, di crisi dovute a ragioni storiche assai diverse, ma con un comune denominatore: l'incapacità dimostrata da Delhi di decentrare lo sviluppo. L'India sembra scossa da vortici di forze centrifughe che 4 richiederebbero, per essere domati, politiche dotate di un respiro strategico, di lunga durata, e quindi un "centro" stabile e forte (che non significa autoritario o repressivo). Proprio ciò di cui il Paese non sembra sapersi dotare - come dimostrano i risultati delle ultime elezioni generali. È facile infatti prevedere che la debole vittoria del Congresso-I (che è cresciuto in seggi grazie al sistema uninominale ma è calato in voti e in influenza politica) costringerà il partito ad un governo di coalizione con le sinistre e alcuni partiti regionali come l' Aidrnk, o almeno a cercare l'appoggio esterno di tali forze e dei vari potentati locali che in India controllano i capi-casta e quindi i "pacchetti" dei voti; insomma, l'India già pensa alle prossime elezioni, che vedranno lo scontro decisivo fra il fronte laico e gli integralisti hindu. Nel futuro prossimo del Paese, intanto, c'è ancora un governo debole e puntellato dai compromessi - così com'è stato dalla morte di Indira Gandhi in poi. Esattamente l'esito che tutti gli indiani, di qualsiasi orientamento politico, desideravano evitare. Tornando all'eco delle parole di Rushdie, abbiamo visto inoltre come quella "finzione colletti va in cui tutto era possibile", un'India laica e multiculturale, sia sempre più minacciata dal crescere di un partito integralista e reazionario, il Bharatiya Janata Party (BJP) che seppure non ha vinto le elezioni come sperava ha comunque posto una pesantissima ipoteca sulla vita politica e culturale dell'India, dimostrando non solo di controllare quasi un quarto dell'elettorato indiano ma anche di saper imporre i propri temi, le proprie battaglie e parole d'ordine ali' attenzione dell'intera opinione pubblica del paese. Ma cosa vogliono i seguaci dell'ideologia del neo-induismo? I più estremisti risponderebbero semplicemente: "un'lndiahindu". I più moderati, gli esponenti di quelle caste urbane che da poco si sono rivolte al Bjp, preferirebbero rispondere: "restaurare i diritti calpestati della maggioranza". Cioè di quell'80% di indiani di religione hindu che affermano di sentirsi discriminati da una costituzione laica grazie alla quale il Congresso avrebbe commesso un "duplice delitto": 1) imporre culture estranee alla civiltà indiana, quali appunto il secolarismo, il liberalismo, il marxismo, il femminismo; 2) favorire le minoranze religiose (musulmani, cristiani, parsi, sikh) a discapito dei "veri indiani", gli hindu appunto. In ogni caso, la differenza fra le risposte di estremisti e moderati sarebbe più tattica che sostanziale. L'avanzata del Bjp e delle organizzazioni estremiste che dietro di esso si riparano costituisce sicuramente uno dei problemi più gravi che l'India si troverà ad affrontare nei prossimi anni: dall'affermarsi o meno dell' hindutva dipenderà l'identità stessa della nazione. Contrariamente all'immagine che ne forniscono i mass media occidentali, l'India non è affatto un paese immobile: è soggetto anzi a rapidissimi mutamenti, e soprattutto oggi. Mutamento, modernizzazione, in India significano - da due secoli a questa parte- una violenta occidentalizzazione, e tanto più da quando il paese ha conquistato, nel 1947, l'indipendenza dall'occidente: indipendenza politica, non culturale. Nel 1947 un Paese con 5.000 anni di storia, un Paese frammentato in una miriade di etnie, di lingue e di culture legate fra loro "solo" da un comune sistema sociale e religioso - cioè
il sistema delle caste, vero collante della società indiana - un Paese cui era estraneo il concetto occidentale di "stato nazionale", si trovò di fronte alla necessità di scegliere fra due strade completamente diverse: l'una, proposta dall'anziano Mahatma Gandhi, indicava u'nosviluppo olistico, ecologista, e un modello ·socialeintegrazionistico, legato alla cultura tradizionale; l'altra, proposta da Nehru, indicava come obiettivi uno sviluppo industrialista e la creazione di un forte stato centrale di cui i nuovi indiani avrebbero dovuto andare orgogliosi, uno stato laico capace di esaltare le differenze e tutelare le minoranze. La nuova classe dirigente che si liberava dagli inglesi era di cultura anglicizzata, e aderì al modello di Nehru. Non sapremo mai cosa sarebbe diventata l'India se avesse seguito la via proposta dal Mahatma. Sappiamo beneinvececos'èl'Indiaoggi: una nazione "moderna" sotto molti aspetti, con un mercato de( videoregistratori in enorme espansione, il 10%della popolazione che vive secondo standard europei ... e il presidente del Bjp, Advani, che cerca (cor1successo!) di rida,revita all'antichissima celebrazione del Ram yatra truccando la carrozzeria di un fuoristrada Toyota per farlo assomigliare al mitico carro del dio Ram, l'eroe del Ramayana, veneratissimo dagli hindu. A bordo del suo fuoristrada ormai divinizzato Advani ha condotto un'immensa folla di fedeli hindu all'assalto della moschea Babri di Ayodhya, nell'Uttar Pradesh, odiato simbolo dell' "invasore" islamico: lamoschea sarebbe infatti statacostruita 500 anni fa per ordine di un imperatore della dinastia musulmana dei Mughal proprio sul luogo ove sorgeva un tempio dedicato a Ram. Ayodhya, per di più, è una delle sette città sacre dell'induismo. Non è importante che gli archeologi abbiano negato ogni veridicità storica alla leggenda della distruzione del le elezioni in Indio (foto di R. Bedi/Comero Press/G.Neri). IL CONTESTO tempio hindu per mano musulmana: è importante che oggi, con cinque secoli di ritardo, milioni di hindu siano comunque decisissimi a "vendicare l'affronto" e ad abbattere la moschea. E'importante che a bordo della sua Toyota divinizzata il leader del Bjp abbia provocato un bagno di sangue nell'Uttar Pradesh, poi la caduta del governo del laico-progressista V. P. Singh (il cui Janata Dal aveva preso le parti dei musulmani) e infine, nelle recenti elezioni, il trionfo del Bjp nell'Uttar Pradesh, lo stato più popoloso dell'Unione Indiana e tradizionalmente uno dei più influenti. Dunque, un induismo alla riscossa? Alcontrario: un induismo che nega le proprie radici e la propria identità, tradizionalmente integrazionistica, tollerante e non-violenta. Il Bjp non è fondamentalista: è reazionario, nel senso pieno del termine. Non recupera i fondamenti dell' hindutva: politicizza la religione per reagire a uno stato di cose che vede minacciata la cultur? tradizionale. Ma nel farvi ricorso, la distorce irrimediabilmentt Al Bjp sono affiliate organizzazioni come la Rss, che già Nehr aveva definito "là versione indiana del fascismo" e che si resero fra l'altro colpevoli dell'omicidio del Mahatma Gandhi, lui, un hindu così devoto, accusato di tradire l'induismo per eccesso di "tolleranza" verso i musulmani. Il Bjp e Advani non sono altro che una tragica caricatura dell'induismo, che ha fatto inconsciamente propri gli ideologismi e le forme espressive della politica occidentale. È vero che talvolta in India non sarebbe inutile "restaurare i diritti della maggioranza": ad esempio, il diritto di leggere i Versi satanici di Salman Rushdie che il governo di Rajiv Gandhi vietò per conquistarsi le simpatie dei musulmani. Tuttavia, sea restaurare i diritti dellamaggioranza degli indiani sarà il Bjp, l'India diventerà la tragica caricatura di se stessa.
1L CONTESTO Una minoranza più minoranza di altre I bidun a Città del Kuwait Renata Pisu Per dieci giorni sono andata in giro per Kuwait City che forse in italiano sarebbe meglio chiamare Città del Kuwait, così come Mexico City la chiamano Città del Messico, mica Mexico City. Strano che mi abbia colto questa voglia di purezza linguistica mentrè me ne andavo in giro per questa città fatta a misura di automobile, pomposa, deserta, sventrata, avvolta in una perenne caligine per il fumo dei pozzi di petrolio in fiamme che soltanto quando il vento soffia dal nord si riversa compatto sulla città e la ricopre di un manto di notte. I kuwaitiani non sanno che anche l'Italia ha fatto la guerra per "liberarli". Vale la pena di farglielo presente, ora come ora? Direi proprio di no. Due ufficiali italiani, osservatori dell'ONU, ci sono rimasti male quando si sono sentiti dire dai kuwaitiani. "Ma come, e' eravate anche voi" Hanno avuto un sussulto nazionalista. Io ho avuto soltanto un sussulto liguistico: Kuwait City in italiano bisogna chiamarla Città del Kuwait. Così, tanto per mettere le cose a posto per quel tanto che è possibile. E poi; come si fa a dire a gente che non si sente per niente "liberata" eh~ anche noi siamo andati a liberarli? Io, prima di andare a Città del Kuwait, non sapevo nemmeno che questa gente esistesst;. Ma ora che l'ho incontrata voglio parlarne. Non sapevo nemmeno che esistesse e in realtà è gente che non esiste: _sonouomini, donne e bambini che è come se fossero trasparenti, invisibili. Si chiamano bidun che in arabo significa "senza", ossia senza nazionalità, senza documenti, senza identità. I bidun e' erano già prima che scoppiasse la guerra del golfo e se la passavano malissimo; ora, a guerra finita, stanno ancora peggio. E poi non è che siano un'esigua minoranza: in un paese che conta circa duè-milioni di abitanti, i bidun sono dai 250 ai 300 mila, la comunità più numerosa subito dopo quella dei palestinesi che sono 350 mila. Ma i bidun non sono stranieri e quel che non si riesce a capire è come mai non gli sia mai stata data la cittadinanza: l'Emiro ha paura che non siano sudditi fedeli? O il privilegio della cittadinanza kuwaitiana è un ben·e tanto prezioso che è meglio · riservarlo a pochi per non spartire troppo la ricca torta? Pensare che di petrolio che cola ce n'è per tutti ... Comunque i pidun sono i discendenti di quei kuwaitiani che nel 1921, quando venne promulgata la prima legge sulla cittadinanza, non andarono a registrarsi o· perché non erano stati informati, o per pigrizia, o perché pensavano che non c'era bisogno di dichiararsi kuwaitiani visto che lo erano. Ma la non kuwaitianità è ereditaria: dal 1921 vige la regola del chi e' è e' è, regola che la scoperta del petrolio ha reso ancora più rigida. Sono ospite di una famiglia di bidlin. Arrivo da loro, alla periferia di Città del Kuwait, nel quartiere di Doha, verso le tre del pomeriggio ma fuori è buio come se fosse mezzanotte. Sono tutti in casa, uomini donne e bambini, in tutto una dozzina di persone ma c'è un andare e venire continuo da case vicine, amici o parenti. Sediamo in circolo per terra su dei cuscini, beviamo tè. Parla per primo Ahmed, il vecchio della famiglia. Dice: "Io ho commesso lo stesso errore che aveva commesso mio padre: per il mio piacere ho voluto sposarmi, generare dei figli. E ho messo al mondo altri bidun ... Ora mi hanno tolto il lavoro: mi hanno detto che non hanno più bisogno di me". Il vecchio era capo squadra nelcorpo dei Vigili del fuoco prima dell'occupazione irachena. Prendeva, essendo bidun, un terzo della paga che prendevano gli altri pompieri. Gli avevano dato un tesserino con la fotografia, dove e' era scritto il suo nome e alla voce "nazionalità" era segnato: "bidun". Ma era qualcosa, era pur sempre un documento: ore non ha più nemmeno quello ... Mi mostra l'unico documento che ha, il suo certificato di nascita: anche gli altri mi mostrano i loro certificati di nascita, fogli scritti in arabo, ingialliti, sgualciti, piegati e dispiegati più volte a ogni richiesta di documenti. · Khalib è il maggiore dei figli di Ahmed, ha trentadue anni. Mi sventola sotto il naso il suo certificato di nascita. Mi dice: "Se io ti dico che questo sono io, tu ci credi? No, perché non c'è la foto. Ma quando uno nasce che foto vuoi che gli mettano? È un neonato, anche se ci fosse la foto tutti i neonati sono uguali, no? Così io non posso dimostrare che sono io... Potrei essere lui", e indica un ragazzo che è entrato in quel momento vestito-con una lunga tunica bianca, "o potrei avere rubato questo certificato. Potrei essere un delinquente ricercato dalla polizia, insomma non c'è certezza di me. E allora sai che cosa fanno di questi giorni ai posti di controllo? Se arrivi con la tua macchina e ti chiedono i documenti, tu prima di tutto non puoi guidare perché essendo bidun non puoi avere la patente in quanto quella sarebbe un documento; no? prima guidavamo lo stesso perché non c'erano controlli, ma ora che c'è la legge marziale ti fermano. E anche se sta guidando uno che la patente ce l'ha, un tuo amico kuwaitiano, o un egiziano, o un palestinese, chiedono lo stesso i documenti a tutti, Tu gli fai vedere il tuo certificato di nascita e loro ti sbattono dentro perché non ci credono che sei quello che sta scritto sul foglio. Per questo ora noi non usciamo più di casa. Stiamo qui tutto il giorno a mangiarci le mani, a disperarci ... Niente lavoro, niente soldi, niente di niente ... Quando c'erano gli iracheni io non avevo lavoro ma uscivo tutti giorni e spazzavo le strade. Mi sembrava che fosse un modo per aiutare il paese, non volevo vivere in un immond_ezzaio... Ma hanno detto che questo era collaborazionismo ... E ora che faccio? Come mantengo i miei figli? Mia moglie è kuwaitiana, ha i documenti: Ma ti pare giusto che io che sono forte e sano devo starmene chiuso in casa e lei invece deve andare a lavorare e mantenerci tutti? E poi lei, guardala, è incinta, guarda come è già grossa":La donna è seduta per terra all'altro capo della stanza. Si accarezza il ventre e dice sorridendo: "Qua dentro c'è un altro piccolo bidun". Già, il bidunato è ereditario. chi è figlio di bidun è bidun a sua volta. Anche sposandosi con chi una nazionalità qualsiasi ce l'ha, i bidunrimangono sempre bidun. Ma chi sono i biduri? Me lo domando, glielo domando. Il ragazzo che è entrato poco prima si mette a fare delle smorfie, si tira gli occhi con le dita fino a farne fessure, si schiaccia il naso: Dice. "I bidun sono piovuti dalla Luna, sono mostri venuti dallo spazio". Khalib si agita, comincia a inveire, l'amico che mi traduce non riesce a seguire quel fiume di parole, a imbrigliarlo. Prendo appunti, mozziconi di frasi gridate che diventano scarabocchi sul mio quaderno e che ora trascrivo senza tentare di dare un ordine: "Animali siamo, ecco cosa siamo ... bestie, bestie perché per noi non ci sono diritti umani ... Ci voleva l'Emiro del Dubai, tre anni fa, aveva detto al nostro Emiro: tu hai jl problema dei bidun, lasciali venire da me che gli dò la nazionalità. Ma il nostro Emiro ha
risposto no, per carità, i bidun sono miei cari figli ... prima o p@ili sistemeremo tutti. Ma io so come, so quale è l'unico modo di sistemarci. Fare come ha fatto Saddam con i curdi, metterci in un campo tutti assieme e ammazzarci con i gas ... Noi siamo arabi, io sono kuwaitiano, mio padre è kuwaitiano, non ci sono dubbi, c'è scritto sul certificato di nascita che siamo nati qui. E allora perché siamo bidun? Chi lo capisce? Lo capisci tu? Perché non possiamo· andarcene? È chiaro, non possiamo andarcene perché non possiamo avere un passaporto. Guarda ora chiamo mio figlio e ti faccio vedere che scempio ..." Si volge alla moglie, la donna dice qualcosa a una ragazzina chè esce di corsa e torna poco dopo tenendo per mano un bambinetto di otto anni che mi bacia sulle guance, lo sguardo un po' spaurito, ancora ansimante perché stava fuori in strada a giocare a pallone. Il padre gli dice: "Fai vedere l'orecchio alla signora" e il bambino si solleva i capelli che gli coprono l'orecchio destro che è deforme, nero, enorme, una polpetta di carne tritata e rinsecchita, il lobo pendulo a dismisura. "Ecco l'hanno ridotto così i medici perché è un bidun. È nato con l'orecchio malformato, bastava un semplice intervento di plastica. Invece l'hanno tenuto in ospedale per tre mesi, gli hanno tolto la pelle dal torace ... tira su la maglietta e fai vedere alla signora ..." Il bambino tira su la maglietta e il torace è tutto una cicatrice. Rimane con la'maglietta tirata su a coprirsi l'orecchio. Forse preferisce mostrare lo scempio del torace che quello dell'orecchio. "Cosa posso fare per mio figlio ridotto così? Lo so. che lui non mi perdonerà mai per averlo fatto nascere come io non perdono mio padre". Guardo di sfuggita il vecchio che sta ascoltando e i nostri occhi si incrociano: mi fa cenno che è così, che queste parole non suonano come una bestemmia o almeno questo mi sembra di capire che voglia intendere.. · · Khalid continua a parlare, a inveire, la sua voce orij.sispezza ora tuona. Ripiglio a scrivere smozziconi di frasi. Dice Khalid: "Ho chiesto di portarlo a curare in Germania, in Italia ... I soldi li posso trovare, almeno li potevo trovare prima: Ma mi hanno riso in faccia. Mi hanno detto: e come fai a uscire dal paese senza passaporto? lo voglio solo un foglio dove si dica che posso uscire e rientrare per portare mio figlio in un posto dove lo curino. Voglio che mio figlio anche se è bidun abbia un orecchio umano. Ma chi me lo da questo foglio, questo lasciapassare? Chi? Noi siamo schiavi, noi siamo prigionieri di que~to paese che è il nostro paese. Lo sai che nemmeno alla Mecca possiamo andare? Ti dico che andrei ovunque. Ma dove? Nessuno ci vuole. E se qualcuno ci vuole, l'Emiro dice no, sono i miei cari figli. Così si sbatte la testa contro il muro. E poi, dimmi, tu,ami la tua terra o la tua nazionalità?" Non so che rispondere ma d'istinto opto per la cosa concreta, la tèrra. "Brava, anch'io amo la mia terra: L'ho spazzata la terra durante l'occupazione perché voglio bene a questa terra dove sono nato. E così anche se mi accettassero in un altro paese io magari ci andrei ma continuerei a amare la mia terra, ci penserei sempre. Lo sai che nemmeno alla Mecca possiamo andare? Ti pare giusto in un paese musulmano? no, no, così non si può andare avanti. Non abbiamo da mangiare, non abbiamo soldi, non ci danno lavoro. Dimmi, se domani vado a rubare, di chi è la colpa?" Il padre solleva la testa. Ammonisce il figlio. "No, questo non lo devi nemmeno pensare". Il giovane con la tunica bianca, quello che aveva fatto prima strane smorfie, mi spiega che se un bidun viene arrestato perché sospetto di avere commesso un qualche delitto, viene portato non in prigione ma al Deportation Center, in quanto non essendo kuwaitiano deve essere espulso. Ma essendo bidun non può essere rimandato al paese di provenienza, che non c'è perché lui è nato in Kuwait, lo attesta il certificato di nascita: quindi rimane lì, per anni e anni, per sempre. Muore in attesa di una impossibile estradizione. Mi dice èhe tanti bidun sono usciti dal Deportation center IL CONTESTO quando sono arrivati gli iracheni che hanno aperto le prigioni. "Che dovevan.ofare? Dovevano dire no grazie? Dovevano dire preferiamo rimanere qui tutta la vita perché siamo bidun?" Khalid si è calmato, sta bevendo il suo tè. Gli offro una sigaretta ma mi dice di no: lui fuma sessanta sigarette al giorno ma non ha ·mai fumato una sola sigaretta davanti a suo padre, per rispetto. Però gli dice quelle cose orrende, gli dice che non gli perdona di averlo fatto nascere. E il vecchio capisce. Prosegue Khalid, "Sai che hanno detto dopo la liberazione? Che i bidun che sono scappati quando gli iracheni hanno aperto le prigioni erano filo Saddam. Ma ha senso una cosa simile? Che senso ha? Lo sai tu?Lo so io? Lo sa l'Emiro? E ora tutti i bidun sono sospetti. Mio padre, quando c'era la guerra Iran-Irak, una volta al comando dei Vigili del Fuoco ha sputato sul televisore che faceva vedere Saddam Hussein che parlava delle sue vittorie. Lo hanno accusato di essere filo-iraniano. Invece no, non lo era, solo che sapeva che Saddam non era una brava persona. Lo hanno multato, due settimane di paga. E ora i bidun sarebbero tutti filo-iracheni; che senso ha? Lo sai tu? Lo so io? So solo che ora non mi danno più nessun lavoro perché sono bidun, peggio dei palestinesi ci trattano...Epoi quelli una nazionalità almeno ce l'hanno, sonopalestinesi, se ne fanno vanto, non sono bidun. Sai che i miei figli si vergognano a andare a scuola? Anch'io mi vergognavo a scuola quando mi ·chiedevano di dove ero e io dovevo dire che ero bidun ... Ero molto bravò a giocare a pallone ma non mi hanno mai fatto entrare in squadra. Avrei potuto diventare fantastico, un altro Maradona: ma no, noi bidun non possiamo giocare nemmeno a calcio, niente possiamo fare. Prima della guerra era una tragedia, ora è peggio".·· Parla il vecchio, con .voce lenta, implorante. Dice: "lo per me non chiedo niente, vorrei solo che lasciassero lavoraré i miei figli. Questo soltanto chiedo. Ma non vogliono. Sono andato dal comandante dei Vigili del fuoco tre settimane fa e gli ho detto: perché non prendi mio figlio? Lo sai che è un vero bidun, lo conosci, è venuto qui tante volte. E sai cosa mi ha risposto? Non posso. Perché potrebbero accusarmi di aver preso·un falso bidUne io ci rimetterei il posto. Questa è la tragedia di noi veri bidun". Stavo già per andarmene, per salutare tutti ma. ho voluto rimanere ancora per farmi spiegare la storia dei veri e falsi bidun. Me l'ha spiegata Khalid, sempre furioso, sempre gesticolando. La storia è questa: visto che in Kuwait c'era questa anomalia dei bidun, dai paesi vicini sono entrati clandestinamente iraniani, irakeni, sauditi e altri che hanno bruciato i loro documenti e si sono dichiarati bidun sperando che prima o poi ci sarebbe stata una sanatoria. A falsificare un certificato di nascita senzafoto non ci vuole molto. Così ora anche tra i bidun ci s.onoquelli di serie A e quelli.di serieiB. ma siccome sono tutti bidun, cioè senza documenti, come si fa a distinguerli? Sono uscita dalla casa dei miei amici bidun con il sospetto che non fossero veri bidun. Loro sostenevano di esserlo. lo pensavo che anche se non lo erano lo erano, nel senso che erano dei senza: senza lavoro, senza diritti, senza nazionalità, senza un Emiro al mondo che si preoccupasse di loro. "Non puoi far niente per noi? Non puoi parlare con qualcuno dell'Alto Commissariato per i rifugiati?" mi ha chiesto Khalid quando eravamo già sulla soglia della porta. "Noi . siamo dei rifugiati, siamo come dei profughi qui nelle nostre case". Ho parlato con un funzionario dell'Alto Commissariato che ho incontrato la sera dopo in albergo. Mi ha detto che loro si interessano soltanto dei rifugiati nei campi di raccolta e che parlare di rifugiati in città non ha senso. Ho parlato anche con dei giornalisti americani. Mi hanno detto che hanno scritto qualcosa di questa storia dei bidun ma che è troppo complicata, negli Stati Uniti la gente non capisce. Non è roba che va dritto al cuore, che commuove .. Nemmeno la storia del bambino con l'orecchio deforme? No, nemmeno quella. "Pensa ai bambini curdi" mi hanno detto. 7
IL CONTESTO Un po' d • esercizio in Purezza Razziale E.M.Forste-r Edward Morgan Forster ( 1879-1970) è stato uno dei più grandi scrittori in lingua inglese del Novecento. Accanto ai romanzi e ai racconti che gli hanno dato fama (Monteriano, 1905, Camera con vista, I908, Casa Howard, I9JO, Passaggio in India, 1924) ha scritto numerosi saggi, critiche, interventi politici e letterari che sono apparsi nelle più prestigiose riviste culturali dagli anni Venti agli anni Sessanta. Garzanti ha ristampato di recente Aspetti del Romanzo ( 1927). Di lui "Linea d'ombra" ha pubblicato nel n. 34 il saggio la ragion d'essere della critica.Il breve testo che segue è apparso nella rivista "Time and Tide" del 18 marzo 1939, nella rubrica "Notes on the Way". (Marcello Flores) Facciamo un po' d'esercizio in Purezza Razziale. Offro me stesso per questo scopo di dissezione. Se quello che so di me stesso è corretto, provengo da una vecchia famiglia inglese, ma è una correttezza, sfortunatamente, deforme. Non è facile ripercorrere i-rami del mio albero genealogico. Devo risalire da mio padre a sua madre, poi alla madre di lei e quindi a suo padre. Seguendo questo zig zag arrivo con soddisfazione nel seno di una famiglia che si chiamava Sykes e ho una chiara visione di un percorso che risale a parecchi secoli. I Sykes possono risalire fino a un certo Richard di Sykes Dyke che prosperò da qualche parte verso il 1400. Questa famiglia non combinò mai nulla di impressionante, sia dentro i propri argini, che si trovavano nel Cumberland (gioco di parole con dike, argine, ndt), o fuori di essi, nello Yorkshire, continuando tuttavia a lasciare segni della loro presenza. I Sykes fecero soldi e si sposarono con altro denaro, divennero sindaci di Pontrefact o di Hull, assunsero Miss Anna Seward come governante e uno di loro, un quacchero, nel Settecento fu imprigionato per le sue opinioni nel castello di York dove morì. Discendo da una vecchia famiglia inglese e ne sono fiero. In altre direzioni, sfortunatamente, la prospettiva è meno esauriente. Se prendo una curva sbagliata e abbandono i Sykes, il buio scende quasi d'improvviso sulle mie origini. Quello della signorina Jones è un caso che viene a proposito; e anche mortificante. La signorina Jones era una vedova che non molto tempo fa sposò uno dei miei bisnonni. lo discendo direttamente da lei, non so assolutamente nulla di lei e vorrei in ogni <:asoscoprire il suo nome da ragazza. Desiderio vano. Scompare nelle nebbie del passato come Richard di Sykes Dyke, ma molto più presto. Avrebbe potuto essere chiunque, avrebbe addirittura potuto essere non Ariana. Quando la sua ombra mi attraversa la mente non mi sento affatto di appartenere a una vecchia famiglia. Dopo questa dissezione continuiamo a fare il nostro semplice Esercizio Razziale. Consiste in questo: potete dire i nomi dei vostri otto bisnonni? Questa scommessa ve la do almeno otto a uno. La Famiglia Reale certamente potrebbe dirlo, come potrebbero i nobili e alcuni signorotti che sono vissuti indisturbati in un quieto angolo dell'Inghilterra per circa duecento anni. Ma lamaggior parte della gente che conosco (e probabilmente la maggior parte della gente · che legge queste righe) non potrebbe. Qualche volta possiamo ricordarne sei o sette, raramente tutti e otto. La mente umana è così disonesta e snob che noi respingiamo istintivamente gli otto come qualcosa che non ha importanza, come se non avessero parte nella nostra costruzione biologica. Non appena ognuno di noi guarda al proprio passato, le porte si spalancano sul buio. Due 8 porte iniziali - il padre e la madre - e dietro ognuna di loro altre due, poi le otto dei bisnonni, le sedici dei bis-bisnonni, le trentadue, sessantaquattro, centoventotto degli ulteriori antenati, finchè il ricercatore barcolla. Anche se le famiglie da cui proveniamo si incrociano, riducendo il totale dei nostri progenitori perchè qualcuno può valere per due volte, anche se hanno praticato la rigida economia domestica dei Tolomei, il totale diventa presto enorme lo stesso, e in esso i Sykes sono niente in confronto alle signorine Jones. Su un passato così equivoco - il nostro comune passato - noi costruiamo la ridicola dottrina della Purezza Razziale. In futuro la situazione sarà leggermente meno ridicola. I registri di nascita e matrimonio saranno conservati con maggiore attenzione, l'illegittimità scoperta con maggiore furbizia, così che milioni di persone, in capo a duecento anni, potranno appartenere a una Vecchia Famiglia. E sarà loro di grande conforto. E anche conveniente, se i governi continueranno a pretendere esami di razza. I cittadini potranno richiamarsi a un antenato Ariano se il loro governo è Ariano, a un antenato Cretino se il loro governo è Cretino e così via, e se non potranno dimostrarlo verranno sterilizzati. E questo recherà loro un grande sconforto. Ma la sterilizzazione non servirà a gran che, dal momento che il danno è già stato compiuto ai giorni nostri, la confusi~ne è già avvenuta, l'unione fra razze diverse ha già avuto luogo. E dubbio se sia mai esistita un'entità come la "razza pura", ma sicuramente essa non esiste nell'Europa di oggi: l'internazionalismo dell'Impero Romano e quello del Medio Evo ha condotto a questo. Di conseguenza in futuro non vi potrà mai essere una razza pura. L'Europa è bastarda per sempre, e così l'America. Non è straordinario che governi che pretendono di essere realistici cerchino di basarsi su qualcosa così oscuro e romantico come la razza! Un linguaggio comune, una stessa religione, una medesima cultura, questo è ciò che appartiene al presente, può essere rintracciato, può venir verificato. La razza, invece, appartiene a un passato sconosciuto e inconoscibile. Dipende da chi andò a letto con chi nel 1400, per non parlare della signorina Jones, e quale storico potrà mai scoprirlo? La comunità della razza è una illusione, e tuttavia la fede nella razza è una forza psicologica che cresce e con cui dobbiamo fare i conti. La gente ama avere la sensazione di appartenere tutta a una medesima parte, e uno dei modi per indurre questo sentimento è dir loro che discendono da una stirpe pura. Così si spiega la facilità con cui i dittatori danno a bere la loro pseudo-scienza. Essi non hanno un atteggiamento cinico e ingannano pure se stessi con quanto vanno dicendo. Ma hanno colpito con estrema chiarezza un punto debole dell'apparecchio umano: il desiderio di sentirsi al cento per cento, senza guardare alla percentuale reale. Un professore tedesco predicava l'altro giorno sulle origini del popolo germanico. Secondo lui la purezza della stirpe nordica non è ancora provata e non se ne dovrebbe parlare come se lo fosse. Se ne dovrebbe invece parlare come di un fatto, perchè di questo si tratta, e le prove della sqa esistenza giungeranno .non appena gli studiosi saranno sufficientemente energici e coraggiosi. Ha parlato proprio di "coraggio" della ricerca. Si è presentato come un ricercatore disinteressato perchè ha rifiutato di appoggiare ciò che sapeva essere vero con argomenti che riteneva falsi. La verità è un a priori che può attendere finché non si sia trovato il cammino giusto verso di essa: la verità della purezza nordica che ogni tedesco poss_iedeper istinto nel proprio sangue. Ho amici
in India che sostenevano di discendere dal Sole e guardavano dall'alto in basso quelli che venivano soltanto dalla Luna, ma non erano tesi per questo e di tanto in tanto sembravano dimenticarlo, e neppure lo ponevano alla base della violenza politica o della crudeltà; è toccato all'Occidente giungere a questo. Dietro il nostro problema degli otto bisnonni si staglia la figura civilizzatrice di Mendel. Vorrei che il nome di Mendel venisse ricordato sui giornali spesso come quelli di Freud o di Einstein. Egli incarna un principio benefico e aiuta a imprimerce- ·10 in testa anche quando lo affrontiamo superficialmente. Ci suggerisce che nessuna stirpe è pura, e che in ogni momento può dar luogo a forme inaspettate, che tuttavia essa eredita dal passato. I suoi notissimi esperimenti avevano a che fare con i semi di pisello; È impossibile studiare gli uomini con la precisione con IL CONTESTO cui si studiano i piselli: vi sono coinvolti troppi fattori. Anch'essi, tuttavia, continuano a diffondere caratteri recessivi e ci costringono a mettere in dubbio il credo della purezza razziale. Mendel non voleva provare nulla. Non era un ricercatore "coraggioso", era soltanto un ricercatore. Tuttavia ha messo inconsapevolmente un'arma preziosa nelle mani della gente civile. Non sappiamo com'erano i nostri antenati, nè come saranno i nostri discendenti. Sappiamo solo che siamo tutti bastardi, tutti con i capelli scuri e tutti con i capelli chiari, e che dobbiamo imparare a non morderci l'un l'altro. Grazie a Mendel e a pochi semplici esperimenti possiamo vedere relativamente chiaro nel problema della razza, se decidiamo di guardarvi dentro, e possiamo fare qualcosa per combattere fa pomposa e pericolosa immondizia che oggigiorno viene prescritta nei luoghi alti della terra. ' Viaggiatori stranieri in Urss dopo la rivoluzione Alfonso Berardinelli Il bello del libro di Marcello Flores L'immagine dell'URSS (Il Saggiatore pp. 420, L. 55.000) è che è difficile parlarne. Non si può usarlo strumentalmente, o sottometterlo a una tesi politica univoca. Credo che, proprio per questo, metterà piuttosto in imbarazzo sia i lettori ancora affezionati alla continuità di una sinistra cresciuta intorno al mito dell'URSS, sia i lettori che immaginano una sinistra asettica, del tutto immune dal suo passato. Il libro;poi, oltre a essere appassionante (racconta con equanimità "epica.", direi, una storia intellettuale e morale straordinaria: il romanzo politico-culturale per eccellenza di questo secolo), è anche "stressante" per la tensione problematica e drammatica che si trova in ogni sua pagina. Si tratta, ovviamente di una vicend_a corale, che trascina con sé gruppi e generazioni di intellettuali, politici, tecnici, giornalisti, operai e militanti. A volte semplici · · osservatori che finiscono per diventare testimoni di primaria importanza. Altre volte, uomini, donne che cercavano nella realtà rivoluzionaria e nella patria del comunismo la soluzione a problemi personali, sociali e di cultura che nel mondo occidentale sembravano insolubili. In ogni caso si trattava di riuscire a vedere, prima ancora che a giudicare, la realizzazione in atto di quello che probabilmente è stato il solo grande mito creato dalla cultura occidentale moderna: il mito della Rivoluzione, cioè di una trasformazione rapida e ràdicale di tutta la società, dall'apparato politico alla vita quotidiana, dal modo di intendere, produrre e consumare cultura, alla re-invenzione teorica e pratica dei processi lavorativi. Ma prima che una creazione dei russi, si potrebbe dire che il mito dell'URSS sia stato una creazione di tutto l'Occidente. Un mito necessario: perché sarà anche bene ricordare ai "razionalisti" che non è possibile liberare l'agire politico da una forte immaginazione progettuale e che, comunque sia, la politica produce mitologia. A volte di qualità migliore, più spesso di qualità scadente o· pessima (i politici si nutrono comynque di un mito: quello secondo cui sia possibile guidare e dererminare la vita di intere società da un luogo eminente, specializzato in decisioni). Nel mito dell'URSS e della rivoluzione c'era, al grado più alto, più concentrato, proprio questa idea della Politica come attività assoluta, privilegiata: quintessenza dell'agire umano. Dirigere efficacemente la Storia manovrando un apparato partitico e statale in cui si incarnasse qualcosa come una "scienza" della storia: cioè coscienza di classe e tecnica di direzione delle masse, arte della lotta e pedagogia capace di creare un "uomo nuovo". Era questo che appassionava l'intero Occidente: e non solo gli oppressi, non solo il movimento operaio e gli intellettuali marxisti o più generalmente anti-borghesi. L'esperimento di trasformazione radicale e accelerata di un paese, la sua tardiva ma concentrata modernizzazione, non potevano che appassionare perfino coloro che credevano nello sviluppo capitalistico come va ore supremo. Controllo delle masse e controllo dei processi produttivi, uso integrale (e inevitabilmente dispotico) delle risorse umane e della forza lavoro: era il mito della forza, della rapidità, del perfetto e ferreo dominio razionale, condiviso da tutta la cultura occidentale per la quale l'industria, la macchina, la modernità e la modernizzazione erano l'imperativo assoluto del XX secolo. Solo quei critici della borghesia e del capitalismo che erano anche critici della modernizzazione forzata e dell'industrializzazione come fine primario, saranno più spesso in grado di non essere travolti e accecati troppo a lungo da una visione ottimistica di quello che accadeva in URSS. Ricordo solo i casi più noti, più esemplari e insieme estremi: quelli di George Orwell e di Simone Weil (che, tra l'altro, riusciMaksim Gorkij saluta Romain Rolland in visita in URSS(foto di M. Ozersky, da URSS. Realtà e poesia nell'immagine, Sytco 1989. 9
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