Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

SAGGI/TU NON Per l'Indio Fernandez l'elemento centrale di un.film è la sua tesi. Un 'opera è grande quanto è grande la sua tesi. Per questo il soggetto è fondamentale, il soggetto innanzitutto; e il soggetto ha valore per me a seconda della sua tesi: un soggetto senza tesi non ha senso, può essere una cosa strutturata molto bene, dinamica, può essere anche molto bella, ma se non ha un contenuto sociale e morale, un messaggio o un'espressione che mostri un dolore o una situazione del popolo, per me non ha senso. La tesi sarebbe perciò il fulcro, il messaggio che si vuole trasmettere con il.film,_e deve . avere un contenuto sociale. Per esempio, in Maria Candelaria, la tesi era la purezza della tribù o della razza. La sottotesi sarebbe la storia che deriva dalla tesi: nell'esempio precedente, ciò che emerge attraverso la vita di questi personaggi che si vedono vittime di altri. Non vivono la loro vita come uccellini, ma sono spinti a smarrirsi o a soffrire. E questa sottotesi può essere più forte della tesi stessa. Si tratta dell'aneddoto o trama dei fatti paralleli al punto centrale: Più che essere le perle di una collana, sono come collanine che fanno parte di un'unica grande collana; questa è la sottotesi. Evidentemente ci deve essere un' equilibrio fra i due aspetti, il che non è facile. Può prevalere l'aneddoto, oppure la tesi può impregnare di sé tutto il.film, cosa che a Fèrnandez non sembra del tutto sbagliata. Molte volte gli argomenti o le storie sono tanto puri che resta la semplice tesi, come in uno dei film messicani di · maggior successo, Rio Escondido. In questo film la tesi è la necessità di procurare educazione e salute in un Messico di capi-tribù, il dovere di un governo di educare perché l'educazione è l'unico mezzo per salvare e coltivare la gente rendendola cosciente del suo valore e dei suoi diritti civili ... La sottotesi sarebbe il fatto che finisce l'acqua e la crisi che deriva da questo problema, elementi per drammatizzare la situazione. Nega che ci sia in lui un 'evoluzione e rivendica la continuità del suo cinema: Io ho uno stile, anzi tre stili di film: quelli di violenza, forti; di masse, come Fior Silvestre, o Rio Escondido; poi ho il tema indigeno, che è Maria Candelaria, Maclovia, cose così, La rete.. Il terzo, come Abbandonata, è la cosa drammatica, il dramma puro. Sono tre cose diverse, ma vere tutte e tre, le ho prese dalla vita, dalla gente messicana. Sembra confondere tematica e stile, per cui quelli che chiama i suoi tre stili appaiono in realtà in tutti i suoi film. Un uomo èfatto anche dai suoi dubbi e Emilio Fernandez a un certo punto dubita di aver fatto veramente un cinema messicano come voleva: In un certo senso è così. Bisogna messicanizzare i messicani, secondo me. C'è un sentimento patriottico, un senso di orgoglio razziale nei messicani più messicani, quelli che conservano le tradizioni delle loro feste, i loro costumi, i loro cibi, la loro musica eccetera. Il cinema può aiutarli o contribuire alla degenerazione: per questo è un'arma a doppio taglio. Sembra che sia evidente che il suo cinema non è stato sufficiente a messicanizzare il Messico, con il che si mostra nuovamente timoroso del progresso, associato per lui alla perdita di valori: Non si può fermare il progresso, il disgraziato progresso che ci ha rovinato, ci ha privato della forma dell'essere, perfino del nostro spirito nazionale. E la faccia messicana è scomparsa, siamo imitazioni di riviste straniere. 92 Per questo continuo a essere all'antica. E posso farlo perché mi baso sul dramma rurale, e le cose della campagna sono state sempre uguali. Così l'antitesi città-campagna gli dà la possibilità di occuparsi di ciò che crede eterno. El Indio considera il suo cinema uno strumento politico per la difesa del popolo, che è sempre stato sottomesso e per questo ha dovuto fare la rivoluzione del '10. Cerca di spiegare il problema sociale, che sento molto vicino; la rivoluzione, la campagna, i poveri, e anche la città, ma quella dei poveri. lh questa direzione di impegno sociale, Emilio Fernandez sostiene sempre i 'incremento del!' educazione: In quasi tutti i miei film ho messo la necessità dell'educazione, perché credo che questa salverà il nostro paese. Tutte le volte che abbiamo toccato questo punto è stato sempre molto interessante e importante, e ha arricchito le nostre opere. Un altro tema ricorrente è il valore attribuito all'indigeno: Vorrei drammatizzare in un'opera la loro vita, perché si commuovano e prendano coscienza i disgraziati governi che lasciano emarginati i veri padroni del nostro paese, la nostra vera razza. Li ignorano completamente, lasciano che muoiano, che si estin~ano. Ho sentito dire da spagnoli, criollos o rinnegati che siano, che il Messico non sarà libero finché tutte le strade non saranno lastricate con cadaveri di indios. Voglio far capire ai governi che c'è un dramma, che c'è fame ... ma se facessi un film, per esempio, sull'anello di miseria che circonda questa città, direbbero: È colpa loro, perché non restano nel loro paese? Questo direbbe il governo. La violenza dell'Indio è ormai uno degli elementi mitic( che hanno influito sulla sua definizione stereotipata. La sua vita durante la rivoluzione e la sua formazione di militare sembrano giustificare ai suoi stessi occhi un'aggressività che teoricamente non troverebbe spazio nel sofisticato mondo del cinema. Ma nel Messico dei suoi successi questi aneddoti sembravano mantenere l'attività cinematografica a contatto con lo spirito popolare del folklore messicano. Emilio Fernandez diceva che i ruoli che si sono interpretati come attore segnano la vita quotidiana e dichiarava la sua predilezione per i ruoli violenti che lo caratterizzarono anche nella realtà. Perlomeno sembra che sia così, nel caso del contadino che uccise a Coahuila: L'incidente è stato una cosa molto spiacevole, molto rapida, è successo tutto in un minuto, e lo descrive cinematograficamente: cercando degli scenari naturali per un.film nel suo stato natale, Coahuila, scelto precisamente per un vago senso di debito nei confronti del paese natio, gli dissero di un villaggio anticamente chiamato Las Torres nel campo di Venustiano Carranza. C'erano lì dei gitani, e io gli avevo dato lavoro, li amo molto e loro amano me, perché sono gitani, perché vivono con indipendenza e con orgoglio ... È una vita bella, la loro, sono una razza molto bella. Il villaggio er.a proprio quello di cui avevo bisogno, e io mi sono. fermato con loro, hanno tirato fuori un tappeto e strumenti e ci siamo seduti, avevano vino, vino di uva, da tavola ... Avevano una bottiglia e mi offrirono un bicchiere, a me e ai due amici che mi avevano portato lì e a un giornalista, anzi due, che c'erano lì, e tutti parlavano, ci fecero vedere la chiesa e tutto, quando arrivò un camion, che veniva proprio da Viesca, e sentimmo degli spari e delle grida e arrivarono dei tipi molto ubriachi,

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