Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

Fotodi ShepordSherbell(Sobo/Conlroslo) disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà". Di qui l'irrazionale distruzione dell' ambiente naturale e dello stesso "ambiente umano". Quest'ultimo effetto, al 'quale "si è ancora lontani dal prestare la necessaria attenzione" sembra configurarsi come il prossimo orizzonte della riflessione e dell'iniziativa papale. "Ci si impegna troppo poco - scrive Wojtyla-per salvaguardare le condizioni morali di un'autentica 'ecologia umana'" minate soprattutto da gravi fenomeni come la "moderria urbanizzazione" o dalla mancanza di attenzione a una "ecologia sociale del lavoro". Ambiente, struttura sociale, educazione formano l'uomo ma possono anche produrre "specifiche strutture di peccato impedendo la piena realizzazione di coloro che da esse sono variamente oppressi". Occorre perciò "demolire" tali strutture. Con "coraggio e pazienza". Si apre qui il capitolo più discutibile dell'enciclica e dell'intero magistero di questo papa. Qui trovano fondamento le critiche. di "oscurantismo" o di "sordità" o "cecità" alle ragioni di chi non appartiene a Santa Madre Chiesa. IL CONTESTO Wojtyla ribadisce i principi della sua etica che pone al centro la famiglia fondata sul matrimonio ("prima e fondamentale struttura di ecologia umana"), il primato dell'educazione religiosa, la sottovalutazione della differenza sessuale e del ruolo della donna, la denuncia dell'aborto e della contraccezione con una violenta campagna contro una "concezione distorta del problema demografico" che produce "campagne sistematiche contro la natalità" - una denuncia che proprio in base alle condizioni delle aree più povere rilevate dall'enciclica appare del tutto irresponsabile e, se calata nella realtà concreta, perfino cinica. Non si discute, è ovvio, il diritto dèl papa di ribadire i principi della sua morale, ma si dà il caso che Wojtyla richiami gli Stati a legiferare in nome di essa, con tutte le conseguenze I?revedibili e verificabili. · · Su questo piano le critiche sono difficilmente· contestabili (Paolo Flores d' Arcais vi ha costruito sopra buona parte del suo pamphlet "antipapista" su "Micromega" - la parte condi visibile, diciamo). In tale reiterazione dei principi dell'etica cattolica - tra l'altro perfettamente ignorati dai "laicissimi" e opportunisti cattolici dei paesi ricchi, e tragicamente presi sul serio, per convinzione o per impossibilità di fare altrimenti, dai cattolici dei paesi poveri-in questa rivendicazione solenne e orgogliosa sta la radice, anche, di quella "assenza dell'altro" dall'enciclica rilevata ancora da Cacciari, fondatamente. L'altro inteso come le altre-culture, le altre religioni - l'interlocutore possibile di un dialogo. Nello sforzo di Wojtyla di opporsi strenuamente alla guerra, nella recente vicenda del Golfo, la preoccupazione per questo dialogo, minato dal conflitto, era sembrata costante e nettissima. Qui è scarsamente avvertibile, invece, Wojtyla parla da cattolico, ovviamente, e i suoi interlocutori sembrano esclusi- . vamente le masse cattoliche da un lato e i governi dall'altro. Il resto del mondo, da conquistare all'equità, alla pace e alla democrazia, è oggetto dell'opera di "evangelizzazione" di cui la dottrina sociale è uno strumento. Sono passati cento anni dalla Re rumNovarum. Per quanti errori abbia commesso e per quanti orrori abbia prodotto il socialismo, ciò non basterà a nascondere i limiti di quella enciclica e dell'intera dottrina sociale cattolica, la sua frequentissima connivenza con le ragioni e gli interessi padronali, che di fatto isolava la protesta e la lÒtta del movimento operaio. Non basterà nemmeno l'esperienza storica dei "socialismi reali" a cancellare errori e orrori storicamente prodotti dalla "chiesa reale", dai sistemi e dai poteri che ha ispirato più o meno direttamente, dalle angosce e dalle repressioni che la sua "morale" ha radicato negli individui e nelle folle. Niente di questo può essere dimenticato, nemmeno oggi che l'argomentare del papa si articola su temi e su linee che si possono sentire più vicini e che la personalità stessa di Karol Wojtyla rende comunque credibili, sinceri, oltre che autorevoli. Ma questa vicinanza risulta soprattutto "politica" e forse, ma in senso lato, "culturale". È riscontrabile appunto, in questo caso specifico, nel superamento del generico interclassismo della tradizionale dottrina sociale della chiesa, che qui si evolve in un programma di più definito e impegnato lavoro politico-sindacale, con precise discriminanti (è comprensibile come ciò inquieti l'establishment del capitalismo, da Pininfarin_a allo "Wall Street Joumal"). Sul piano delle libertà, invece, di quelle che appartengono alla sfera più personale e individuale e che non possono essere conculcate da nessuna legiferazione, .e sul piano della ricerca più profonda e misteriosamente complessa, "trascendente" direbbe il papa, che aiuta chiunque, credente o no, questa enciclica, come tutto l'insegnamento di Wojtyla, lascia perplessi o lontani. Ci aspettano altri cento anni di solitudine, come minimo. 7

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