T. Il protagonista di L'età dell'oro, che fa ciò che vuole sempre, non è secondo lei un uomo libero? Relativamente. Cerca di essere libero, calpesta i pregiudizi, ma poiché lo fa rabbiosamente, già questo indica che non è libero. Tende alla libertà, come tutti gli uomini, ma dov'è la libertà? Sappiamo che la libertà di Simone non è buona per tutti, però per lui è buona. C. Nell'Angelo sterminatore gli amanti che si isolano dagli altri invitati ponendosi fuori dalle convenzioni sociali, finiscono per suicidarsi. Questo suicidio è una specie di libertà? Quello dei due amanti è un a'utoplagio. Nel 1933, sulla rivista "Il surrealismo al servizio della rivoluzione", ho pubblicato un testo dal titolo Una giraffa. In ogni macchia della giraffa, una scena diversa. In una si sentiva la voce di un uomo e poi quella di una donna. La donna supplicava, diceva: "Mio piccolo cadavere, vieni qui ..." Si fa luce, e si vedono galline che becchettano in terra. Anche agli amanti dell'Angelo sterminatore ho fatto dire frasi irrazionali. Le ricordate? T. "Ora arriviamo al mare." Poi la voce dell'uomo dice: "Il suo rictus! Orribile!" C'è dentro anche un ricordo personale, madrileno, di quando studiavo ingegneria. C'erano un ragazzo di 17 anni, studente di medicina, e una ragazza di 15. Avevano tutto quel che volevano, le famiglie erano d'accordo perché si sposassero, potevano vedersi quando volevano. Un giorno, senza motivo apparente, si uccisero insieme in una trattoria di Madrid. Il loro amore era platonico, puro: la ragazza era vergine. Perché lo fecero? Dovettero pensare che l'amore era incompatibile con la vita quotidiana, con il mondo così com'è. "La società è insopportabile, abbandoniamola insieme." È un fatto commovente, dà le vertigini. Senza arrivare a tentare il suicidio, mi sono sentito così trai 13ei 18anni, ero innamorato in questo modo. E credo che un fatto di questo genere non abbia soluzione sociale: accadrebbe lo stesso in una .società capitalista come in una comunista. T. Nell'Angelo sterminatore il tempo è molto lento, un tempo soggetti~o. A maggior concentrazione dello spazio, della prigione, maggior dilatazione del tempo. Perdurando segregazione e malessere, il tempo diventa come un'eternità. Nel cinema il tempo e lo spazio sono flessibili, obbediscono al regista. In questo film, essendo i personaggi segregati, è come se il tempo non esistesse. Quanto tempo stanno rinchiusi nella casa? Dieci minuti, dieci giorni, dieci anni? Non lo sappiamo. Stanno in un altro tempo. Per questo ci sono le ripetizioni: il tempo non è _lineare. C. Tutto è mo to fisico: la fame, la sete ... , ...il diso~dine, la malattia, il sudore, la barba che cresce, la sporcizia che si accumula. C. È il lato intensamente materialista del film. Questi personaggi che non producono niente, corrono in cambio il rischio di soffocare nei propri resti e detriti. Tutto va degradandosi. I servi INC~NTRI/BUNUEL se ne sono andati, leforze produttive hanno smesso di somministrare mezzi di sopravvivenza alle classi consumatrici. C'è an,che un aspetto di parabola marxista. Sarà anche molto marxista, come lei dice, ma resta il fatto che il film in Unione Sovietica non hanno voluto distribuirlo. Una interpretazione marxista del soggetto può essere legittima: la società borghese non ha più movente storico, ristagna, ha perso ogni capacità creativa ... Può anche essere, benché io non ci abbia pensato al momento dell'elaborazione. T. E la carica finale, mentre ipersonaggi si riÌrovano di nuovo imprigion,ati nella chiesa? È la rivoluzione? No, è la repressione poliziesca, la polizia che attacca dei manifestanti. Non so: è un'immagine che mi torna spesso alla mente. C'è anche in Tristana e in qualche modo nel finale del Fantasma della libertà. Sono ricordi di Saragozza. Forse, nel1' Angelo sterminatore, la carica di polizia non ha nessun rapporto Con la nuova segregazio.ne dei personaggi dentro la chiesa, si tratta di due fatti che coincidono •per caso. Ma io ho sentito l'immagine in questo modo; subito, e in nessun altro: la facciata della chiesa, colpi d'arma da fuoco, grida, gli agnelli che entrano nel tempio. Se i critici non trovano spiegazioni migliori, potrebbero sempre dire che mi piacciono le situazioni di caos, che sono un anarchico. (Ride.) T. Cosa scegliamo: marxista o anarchico? Dev'esserci in me una vena anarchica, perché, è noto, noi spagnoli siamo tutti anarchici, se si raschia un po' sotto la superficie. No, sto scherzando. Forse sono un anarco-nichilista ... però pacifico. Col pensiero posso metter bombe in molti posti: in un ministero, una fabbrica, un ingorgo automobilistico, un posto dove c'è musica a tutto volume. Mal' unico gruppo cui oggi potrei affiliarmi è la Società protettrice degli animali. Però mi piacerebbe anche essere un dittatore e condannare a morte un sacco di gente. Col pensiero, ripeto. "Che ha fatto, questo ragazzotto?" ... "Maestà, suonava la chitarra a tot decibel." ... "E allora, ghigliottinatelo!" T. Ma prima di finire, vorrei insistere ancora sul valore della ripetizione nel film. Si suppone che la ripetizione debba chiudere il cerchio invece di aprirlo, ma nel film è il contrario. È un'idea mia, molto personale. Nei miei film mi ripeto molto, e mi ripeto quando parlo, eccetera. Non dovrei farlo notare a voi, pazienti intervistatori! Sono uomo di ossessioni. Quanto a ciò che lei dice, nel finale del film non c'è liberazione. Se non momentanea. La situazione di segregazi'one si ripeterà indefinitamente. I personaggi torneranno alla situazione iniziale, torneranno a fare gli stessi gesti. Sono usciti dalla segregazione in casa di Nobile, ma eccoli segregati nella chiesa. E adesso nella chiesa sarà l?eggio, perché non si tratta di venti persone, si tratta di duecento. E come un'epidemia che si estende all'infinito. ·Copyright José de la Colina, Tomas Pérez Turrent. Da Luis Bufiuel. Prohibido asomarse al interior, Joaquìn Mortiz/ Pianeta, Città del Messico 1986. 87
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