I POVERI E I RICCHI. DUE FILMMESSICANI Incontro con Luis Buiiuel a cura di ]osé de la Colina e.Tomas Pérez Turrent traduzione di Saverio Esposito Il bel libro di interviste con Luis Bufiuelcurato da José de la Colina e da Tomas PérezTurrent (Prohibido asomarse al interior, JoaqufnMortiz/ Pianeta, éxico 1986)nonha ancoratrovato un'edizione italiana.Ringraziamogli autori per averci permessodi darne un'anticipazione, scegliendo noi due capitoli che si legano direttamente all'insieme di materiali che, a cominciare dal numero scorso con le poesie di Pacheco, andiamo pubblicando in amore e omaggio alla cultura messicana e ai suoi grandi nomi. Los Olvidados è probabilmente uno dei film fondamentali per una storia del cinema (e della cultura) del Terzo Mondo, non solo del Messico, e altrettanto importante è L'angelo sterminatore come descrizione della borghesiadi quei paesi.È anzi probabileche solodalTerzoMondosi possa capire tutta la forza rivoluzionaria che sul piano delle formee delle-analisi questi due film continuano ad avere. Non è per caso che, dopo Bufiuel, pubblichiamo il ritratto di un personaggio che è il suo perfetto contrario e che oggi, in Europa, è dimenticato (anche se si annuncia a Parigi, al ·Beaubourg, un omaggio-fiume al cinema messicano che darà modo ai critici più giovani di scoprirlo) come Emilio Fernandez "el Indio". Autore di film un tempo celeberrimi come Enamorada, Maria Candelaria, La perla, Il mostro di Rfo fscondido, o Maclovia nel filone "rivoluzionario" e "indigenista", edi affascinanti melodrammi urbani come Salon México, è attraverso Fernandez che nel dopoguerra scoprimmo in Europa il cinema e, i più curiosi, la cultura messicana. Con tutti i suoi limiti,Fernandezè un "monumento" che bisognaaffrontare,eJulia Tufi6n, storica e femminista, lo ha fatto offrendo un ritratto perfettamentemoderno. (G. F.) Los Olvidados ovvero: I figli della violenza C È con Los Olvidados che è "rinato" il regista Bunuel. Inizialmente avrei dovuto fare un altro film. Scrissi insieme a Juan Larrea un soggetto per un film commerciale: Il mio orfanello, Capo!, su un ragazzino che vendeva biglietti della lotteria. In Messico si chiama ''orfanello" l'ultimo bigiietto invenduto, e i venditori lo offrono dicendo: "Si prenda il mio orfanello, Capo!" Questo piaceva molto a Larrea, e si decise che poteva essere il titolo. Del soggetto non ricordo niente. Lo proposi al produttore. Oscar Dancigers, molto in buona con noi perché El gran Cala vera era andato assai bene. · "Niente male, disse Dancigers, però è un fumettino, sarebbe meglio che facessimo qualcosa di serio. Una storia sui bambini poveri di Città del Messicò." Cominciai a lavorarci con Luis Alcoriza, ma lui aveva un altro contratto·e andai avanti scrivendo con Larrea e Max Aub. Ma non dovrei dire "scrivendo": io ·sono quasi completamente agrafo, e preferisco raccontare le mie idee e che poi qualcuno le seri và. I dialoghi vennero adattati nello stile del popolino di Città del Messico da Pedro di Urdimalas, e certamente con molta efficacia. Poi, non so perché, i nomi di questi collaboratori non comparvero nei titoli di testa, eccetto quello di Alcoriza. T. Si documentò,e come? Mi recai nei peggiori quartieri di Città del Messico, dapprima accompagnato da Alcoriza e poi da Eward Fitzgerald, lo scenografo. Questo per circa sei mesi, finché li conobbi bene. Mi muovevo con gli autobus molto presto e giravo a caso per le stradine, facendo amicizia con la gente, osservando tipi, visitando case. A volte andavo a parlare con una ragazza che avev<jla paralisi infantile. Giravo per Nonoalco, ·la piazza di Romita, una "città perduta" dentro Tacubaya. Questi posti sono rimasti nel film, ma certuni chissà se ancora esistono. T. Le interessava il tema della rieducazione dei minori? No. Mi interessava trovare p~sonaggi e storie. Presi visione dei materiali del Tribunale dei minorenni con una psichiatra, Marfa de Lourdes Rico. Potei leggere i dossier di un gran numero di casi, interessantissimi. Mi servii anche di notizie che compari vano sulla stampa, per esempio lessi che avevano trovato in una discarica il cadavere di un bambino di dodici anni, e me ne venne l'idea per il finale. T. Il personaggio del cieco venne criticato perché, si diceva, "non è un personaggio messicano". Ci fu chi disse che sembrava un èieco spagnolo uscito dal romanzo picarescp, per esempio dal Lazarillo de Tormes. Può darsi: in ogni caso, è sì un cieco avaro e furbo e schivo, ma ha anche caratteri suoi propri: fa l'uomo-orchestra, fa un poco il guaritore, venera il ricordo del dittatore don Porfirio Dfaz ... e per di più gli piacciono le bambine. T. Questo cieco potrà avere caratteri venuti dal romanza picaresco spagnolo, ma Miguel lnclan, un grande attore specializzato in parti di cattivo, gli dà una grande realtà, uno spessore autentico e lo messicanizza molto ... Si direbbe che a lei sia piaciuto molto il momento quando il cieco viene lapidato. Senza compiacermene. No. C. ... perché poco prima del lancio delle pietre si sente una musica lieve, quasi scherwsa, e quando il cieco è già a terra, che chiede pietà, un gallo o una gallina sembra osservarlo ironicamente, e la musica interviene di nuovo con una specie di... risata gallinacea. 79
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