Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

SAGGI/PONIATOWSKA di Juan Nepomuceno Rulfo. Adesso mangiamo a casa della Colombella. Abbiamo molte cose in sospeso noi e te. Molte cose in sospeso. Il suo sguardo un po' maligno Juan Rulfo, scaltro, parla di cattiverie, con il ciglio fermo, i peli delle sopracciglia duri come setole, il suo sguardo sotto le palpebre pigramente alzato, un po' maligno. Perché Rulfo non è affatto un santo, nossignori, signore e signorine, come neppure lo fu Orozco, come non lo è nessuno dei grandi a cui Jalisco ha dato vita salvo Augustin Yaiiez, che doveva essere vescovo di Papantla e sbagliò strada e diventò di pietra, tutto scolpito a colpi di martello, statua di se stesso, pronto con molti anni di anticipo per la posterità. Non ho conosciuto Orozco ma credo che assomigliasse molto a Juan Rulfo; entrambi di grandi gesti inesorabili, possessori entrambi della purezza dei duri, alienati e compatti come zolle di tepetate, questa argilla secca che macchia di giallo certe regioni di Jalisco, beffandosi entrambi del culto della morte e della vita, girando le spalle all'esterno, amanti dell'uomo e dolenti per il suo inutile sacrificio. Orozco 76 Rumori Periodicdoell'associazio"nReumori" perlacriticadellapoliticaedellascienza AnnoI - NumeroO- Lire3.000 Movimento'90 Statutodell'Ateneopisano InformaticaeSocietà Complessttà DifferenzSaessuale Obieziondei coscienza Saggie articoli di A. Sisinno,V. Santoro,T. GrecoF, .Manzo, L. Piccioni,V.LaveniaO, .Brino & C.BertoniA, .M.laconoG, .cannataF, .Martinelli, G.SantiniS, .Belli,R.TabucchGi, ruppoMetis, ProgettoLeonardo. e/oChiaraBodeiL, ungarnGo ambacornti.31, 56100Pisa. visse la rivoluzione e seppe dipingerne il sanguinoso panorama, le vittime innocenti e gli eroi traditi. Rulfo si riempì l'anima di parole e ce le ha rese come pietre, ce le ha tirate addosso per colpirci al petto e farci vedere una volta per tutte con una sola frase che sembra emergere dalla terra, nuda, triste, isolata, spoglia, ciò che già prima avevano detto José Eustasio Rivera, R6mulo Gallego, Rafael Muiioz, Mariano Azuela, Martfn Luis Guzman, Augustfn Yaiiez. I mulattieri di Rulfo parlano quasi come se non fossero anime viventi e l'informazione che danno è assoluta, definitiva. Rulfo sembra parlare dal fondo del tempo, con una voce antica, terribile, la pùra essenza della terra. Come se ci mettesse in mano una zolla e dicesse: "Prendi, questo è ciò che posso darti." Rulfo lo ha già decifrato. Quando si legge Rulfo, si sente soffiare il vento sulla terra secca, si sente la dimenticanza, si sentono le ceneri. Anche la tristezza. Rulfo allora si alza come un personaggio desolato che avanza camminando su questa terra spoglia, violenta, aspra, dalle notti lunghissime. Per Rulfo ciò che avviene fra uomini e donne è quasi sempre atroce Per Rulfo tutto ciò che avviene fra uomini e donne è atroce. Poche situazioni più atroci di quella di Pedro Paramo fermo vicino alla porta in attesa che Susana San Juan smetta di invocare Florencio. La donna si agita tra le lenzuola mentre un uomo solo la guarda appoggiato alla porta, l'ascolta chiamare un altro, torcersi di dolore per un altro. Pedro Paramo ha aspettato tutta la vita: "Aspettai trent'anni che tu tornassi, Susana. Aspettavo ad avere tutto. Non solamente qualcosa, ma tutto quello che si potesse ottenere in modo che non ci rimanesse nessun desiderio, solo il tuo, il desiderio di te." E quando alla fine può realizzarlo, ardente di passione, Pedro Paramo chiude nella sua stanza una pazza e la vede alzarsi nuda cercando un altro nel suo delirio erotico: "Ho la bocca piena di te, della tua bocca. Le tue labbra serrate dure come sè mordessero schiacciando le mie labbra ..." Susana San Juan dice che "nascondeva le gambe tra le gambe di lui. I suoi piedi gelati come pietre fredde e che lì si scaldavano come in un forno in cui •siindora il pane. Dice che lui le mordeva· le labbra dicendole che erano come pane dorato nel forno. Che dormiva coperta, mettendosi dentro di lui, persa nel niente al sentire la sua carne che si apriva, che si apriva come un solco aperto da un aratro ardente, poi tiepido, poi dolce, che dava colpi duri contro la sua carne tenera; sempre più su, sempre più su, fino al gemito. Ma che le aveva fatto più male la sua morte. Questo dice." E Pedro Paramo la àscolta. E la vede. Ed è lì quando. Ed è lì dove. Passa la notte in piedi, appoggiato alla parete, "osservando attraverso la pallida luce dell'abat-jour il corpo in movimento di Susana; il viso sudato, le mani che'agitano le coperte, spremendo il cuscino fino allo struggimento". Queste sono le uniche notti che passa al suo fianco, notti di dolore, di calma interminabile. E si chiede quando finirà e spera che prima o poi finirà perché "niente può durare tanto, noil c'è ricordo, per intenso che sia, che non sbiadisca". Se questa non è una delle immagini più terrificanti della disgrazia amorosa, non so cosa possa esserlo ..

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