Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

la vecchia infanzia, l'attacco di cuore di mio padre le ripetute istruzioni sui miei bottoni e le mie scarpe Ho lasciato il mio amore seduto a capo tavola. Mia moglie deve chiedersi dove sono stato e io devo spiegarle che si era sbagliata, che non sono mai stato forte ma solo irrigidito dal freddo con la mia luce solare nel ghiaccio Adesso sei sola, veramente sola, E DAL VIVO IL CANTAUTORE Peppo De/conte Avevo coltivato per anni, quasi in segreto, la mia viscerale simpatia per Leonard Cohen, ma mi è capitato di andarlo a sentire dal vivo solo pochi anni fa, nel maggio '88, in un vecchio cinema di Milano riadattato a palcoscenico minore per l'industria discografica: cantautori o solisti, ma non gente da palasport. Ed era stata una serata indimenticabile (un aggettivo che mi sarei sentito di usare assai più appropriatamente se avessi avuto la fortuna di al)dare a un suo concerto quando avevo vènt'anni). Indimenticabile per quel tanto di inconsueto che mi è capitato di vivere: per il contatto semplice e informale dell'artista con il suo pubblico, per il clima rilassato da jam session tra amici che si notava sul palco, per la gioia pacata e intensa che si leggeva sui volti degli ascoltatori (dai 16 ai 60, letteralmente). Alla fine ero uscito carico di emozioni, ruminando a ruota libera sui massimi sistemi, in attesa di allungare la notte in birreria o ritrovare la voglia di coricarmi. · Riflessione n. 1: l'immagine (o come dicono gli altri il look): una faccia (e una voce) così non può che venire direttamente dagli anni Cinquanta. Proprio in quel tempo, dimenticato o mistificato da mitologi e da rivenditori di decenni usati, il giovane Leonard inizia il suo "romanzo di formazione" e lo fa da benestante ebreo-canadese, cavalcando molte culture e molti privilegi. Legge i poeti proibiti come Pound, ma si aggiorna anche sui fenomeni d'attualità come la beat generati on; studia e si laurea alla McGill University di Montreal, ma è aperto a esperienze assai più "irregolari"; segue gli albori del rock 'n' roll, ma anche la splendida maturità della canzone d'autore di lingua francese; strimpella prestissimo la chitarra, ma altrettanto precocemente scrive versi (e, come dirà lui stesso spudoratamente, "al solo scopo di far colpo sulle ragazze" ... Uno scopo limpido aiuta a far bene un lavoro). Ma soprattutto i fatidici Cinquanta "on the road" lo aiutano a sentire presto la sua vocazione nomade e a sperimentare trapianti (occasionali ma non troppo) nella solitudine dell'isola greca di Idra o nella formicolante New York degli artisti. Sicuramente un decennio che lo segna e lo rende subito antipersonaggio impenetrabile alle facili emozioni che si sarebbero trasformate facilmente in mode nei decenni successivi. Al successo discografico viene spinto quasi a forza dall'amica Judy Collins, prima interprete di Suzanne. Quando si decide è già oltre i 30 anni: tutt'intorno sta montando la "grande onda" e le sue nude ballate con voce e chitarra, storie asciutte e crude, viste da un'ottica spietatamente privata, sembrano fatte apposta per disorientare in mezzo a tanto rumore. Qualcuno lo sosrettava già allora di snobismo, qualcuno confondeva la mancanza di enfasi con il distacco dal sociale. Oggi l'ottusità di tante orecchie all'ammasso è persino più onesta: chi non capisce, chi non si orienta si limita a chiedere "cos'è 'sta lagna?". POESIA/COHEN sei tu quella che restava in piedi, io ho tradito il finale, sono crollato a terra sotto i grossi fiocchi di neve proprio come mio padre, proprio come _suopadre e di nuovo non mi importa di nessuno, possono andarsene tutti al diavolo, è l'unico lusso quaggiù dove tutto cambia in niente di nuovo, e tu aspetti di essere abbattuto per vendetta dal tuo doppio. da Death of a Lady's Man, 1978 Ma il bello di questo strano e coerente migratore canadese sta innanzitutto nella sua incapacità di cambiare piumaggio. Eppure al suo pubblico ci tiene e ce la.mette tutta per continuare a sedurre. Una volta ha dichiarato: "Yeats diceva che i poeti, come le donne, devono sempre lavorare per essere belli e interessanti. Aveva ragione: io non-ho mai smesso di lavorare". Riflessione n. 2: quel modo di scrivere canzoni è unico; è da poeta, semplicemente. Perché non c'è dubbio che Cohen (in tutta umiltà) è un poeta che fa anche il cantautore, e non viceversa. Il che, in soldoni, vuol dire cominciare dalla poesia come si comincia dall'infanzia, da un'attività creativa terribilmente distante dai ritmi artificiali e dalle tecnologie di oggi e tuttavia rifiutarsi di essere ... passato. Chi fa canzoni in questo modo, e poi (coerentemente) se le canta e se le suona, non potrà mai accettare la smorfia della velocità, l'ossessione di andare sempre di corsa e di cambiare sempre abito e pelle solo perché è necessario adeguarsi per sopravvivere. A Cohen (all'uomo senza età per cui costruire canzoni è un lungo gioco senza fretta, una gioiosa gestazione e una tormentata ricerca per trovare alla fine delle creature semplici e perfette come haiku) non interessa la sopravvivenza m·asolo la vita. Riflessione n. 3 (a notte fonda): solo questo tipo di uomini non sono definitivamente crocifissi dalla paura, paura della solitudine o paura del mercato (che poi forse è lo stesso). Cohen è uno dei pochissimi che ha saputo comunque attraversare il deserto dell'industria musicale esattamente come desiderava farlo: cioè da straniero, da viandante déraciné che porta ovunque con naturalezza la ua dignità di uomo alla ricerca di un senso. Egli accusa la società dello spettacolo di averlo appestato con il successo, di averlo espropriato della propria energia; e tuttavia resta imperturbabile per più di vent'anni a guardar crescere come un'onda gigantesca quell'assordante silenzio che sommerge ogni "stile"; e nel frattempo tenta senza sosta di trovare la sua libertà "come un uccello sul filo e un ubriaco nella notté". Un analogo effetto fa quella sua voce, monocorde e profonda, dietro cui sembra nascondersi con disinvolta autoironia una sorta di ricerca mistica, ma vissuta laicamente, senz'altro annullamento che quello nella magia del linguaggio e dell'amore. A ben riflettere, non può che essere così,, ai giorni nostri, la voce di un bardo della coscienza individuale (ma non individualista) che ci racconta la sua estrema avventura, quella che meglio sanno raccontare gli emarginati o gli autoemarginati. E Cohen (pur con tutti i suoi privilegi) è l'uno e l'altro: l'uno per le sue origini di ebreo e di provinciale canadese; l'altro per le sue scelte di sradicamento .che ogni volta deve ricostruire (nell'eros, nell'emozione, nel dolore o nella solidarietà) le condizioni per continuare a sentirsi vivo. Forse per tutto questo Leonard Cohen, un cantautore venuto prima del. Diluvio (nella canzone angloamericana accadde sul finire degli anni Sessanta) è ancora vivo e vitale molti lustri dopo il Nulla. Riflessione n. 4 (a posteriori, cioè oggi). Avevo promesso un breve ed equilibrato saggetto su un poeta/cantautore. Mi ritrovo a consegnare una dichiarazione d'amore. Per un eroe dei miei anni Cinquanta. 69

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