Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

come se stessi per saltarmi addosso e riempirmi di schiaffi; non sono più il tuo negrettino, sono troppo grande ormai, non ti posso più salire sulle spalle. Vattene, Maimouna: quando fa così caldo, mi viene voglia di ammazzarti. MAIMOUNAMa chi ti credi di essere, piccolo merdoso, per pensare di poter sfidare la natura? Io non ti chiedo cosa ti piace, non ti chiedo di cosa hai voglia. Perfino le pietre si accoppiano tra di loro, e tu non sfuggirai a questa sorte. Anche se non ti va, esci lo stesso o ti prendo a schiaffi. Te ne resti lì a fumare come una puttana all'interrogatorio. Chi ti ha insegnato a fumare da solo? Un uomo può fumare tra gli alberi, bevendo birra, palpando le ragazze~ma uno che fuma da solo è un vizioso; che vergogna, penseranno che è colpa mia che ti ho fatto diventare un vizioso, penseranno che non ho saputo insegnarti niente della vita, crederanno che non ho fatto il mio dovere di sorella maggiore. Eppure, quand'eri piccolo, ne ho passate di serate a prenderti a schiaffi e a insegnarti tutto, a prepararti per bene, a spiegarti le donne, e mi sembrava che tu capissi. A sette anni ti ho fatto il disegno sul quaderno, ho perfino lasciato che.mi toccassi perché poi non restassi troppo sorpreso, la prima volta; ti ho spiegato tutto per bene: e çosì e cosà, e dentro e fuori e tutto, è semplice, l'uomo, la donna:, la vita, tutta la musica, non c'è altro da sapere, non c'è altrn da imparare. E sembrava che tu avessi capito; che vergogna, non hai capito niente di niente. E mentre dov~esti STÒRIE/KOLTiS esser fuori a strofinarti con le vicine, te ne rimapi in cortile con i vecchi e ti strofini con la' moto. Avrei dovuto picchiarti più spesso. Non avrei dovuto fidarmi. Avrei dovuto pensarlo, che eri un vizioso. All'età che i ragazzi vanno a spiare le ragazze mentre fanno il bagno, tu, lo ricordo bene, preferivi arrampicarti dietro ai camion a respirare il gas dei tubi di scappamento, e rientravi tossendo, col mal di testa, drogato come un americano. Adesso non mi resta che piangere: ormai è troppo tardi. Te ne rimani nel tuo angolo con il tuo vizio, e mi abbandoni nel mio con il mio disonore. Eppure se.i così bello, Petit Abou, sei così bello che mi dai voglia di piangere. Se tu mi lasciassi fare, piccolo r~spo, ti farei diventare così bello che le vicine impallidirebbero, soprattutto Fatoumata. Se potessi farti le treccine, se potessi scurirti un po' la pelle con la crema, se tu ti lasciassi mettere Soir de Paris e stirare la camicia, cucire i pantaloni, lucidare le scarpe, allora, Petit Abou, potrei andare così fiera per le strade di Tabataba! ~utta via questo straccio pieno di grasso, finirà per farmi piangere. Cos'hai contro le vicine, dì? È vero che tanto belle non sono e che meriteresti di meglio; ma hanno passato tante di quelle ore a pettinarsi, a profumarsi, a mettersi in ghingheri, soprattutto Fatoumata; e adesso eccole là, le civette, che ronzano davanti alla porta aspettando che esci. Non sono peggio di altre, in attesa di meglio. E se non ti piacciono le vicine, allora va' a bere birra con gli amici e, dopo, va' a puttane. Ma fa caldo, è tardi, e ti devi 63

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