STORIE/ ARENAS Pagine e pagine che-hanno avuto la meglio contro televisori, giradischi, radio, transistor, marmitte rotte, strilli, salti, sciacquoni, visite indesiderate, .continui black-out ... borghese, tutti armati, che manganellano, caricano, assassinano quelli che arrampicati sugli alberi, sulle grondaie, sui tetti delle case circostanti tentano di avvicinarsi, di arrivare fin dove siamo noi. E adesso loro stanno deponendo davanti a sé le scatole di cartone ton il cibo (un uovo sodo e un pugnetto_di riso), lungo il reticolato. Se ne stanno tranquilli guardando dentro il recinto. Quando uno di noi tira fuori una mano per afferrare la scatola, loro alzano un piede e ce la schiacciano o ci allungano un agile calcio in petto. Se qualcuno grida, le risate coprono gli arli. Altri, più sadici o più raffinati, aspettano che chi è dentro abbia afferrato la scatola e quando sta per sollevarla gli spaccano il braccio con una manganellata, tra un nuovo scroscio di risate. Ma non sei nel gruppo che a calci e gomitate ha raggiunto il reticolato e nemmeno tra quelli che si ritraggono col braccio rotto. Forse sei lassN, sui tetti dell'ambasciata o all'interno dell'edificio, insieme con l'ambasciatore ad accudire i malati gravi, le puerpere e i vecchi. Sì, era lì che avrei dovuto cercarti subito, sarai certamente tra i malati o magari malato grave, perciò non ero riuscito a incontrarti. Altrimenti mi avresti raggiunto tu. E ora, a ritroso, tra calci e percosse per raggiungere in qualche modo l'edificio ... era arrivato. Era arrivato a quel momento in cui la vita non solo non ha più senso, ma non ci si chiede nemmeno più se qualche volta l'abbia avuto, dico, riferendomi naturalmente a me stesso. In un tono sommesso e forse quindi più tragico tra quelle pareti crollanti. E aggiungo: perché non si riesce neanche più a esser tristi. ~erfino la tristezza è abolita dal chiasso, dall'invasione di scarafaggi, dalla sirena delle autopattuglie, dal!' affanno di procurarsi il cibo. Sì, anche la tristezza ha bisogno di un suo spazio, almeno di un po' di silenzio, per poterla custodire, mostrare, portare in giro, Nel- !' inferno non è possibile nemmeno esser tristi. Semplicemente si vive (si muore) giorno per giorno, dico, dissi. E tu mi rispondesti: scrivi, scrivi queste cose, comincia a scrivere la tua sofferenza e ti sentirai meglio. In realtà è da tempo che pensavo di farlo, ma a che pro? Per te, per te stesso, per noi due, mi dici. Ed è proprio vero. Con minuzia delirante dò sfogo ininterrotto al mio spavento, alla mia rabbia, al mio odio, al mio fallimento, al nostro, fallimento, alla nostra impotenza, a tutte le umiliazioni, inganni, burle e, dulcis in fundo, pestaggi, calci, persecuzione accanita. Tutto, tutto. Tutto il terrore riversato sulla carta, sul foglio bianco, nascosto con cura, una volta riempito, sotto il falso tetto, nei dizionari o dietro lo stipetto: la mia vendetta. La mia vittoria. Carcere per azzannare, carcere per naufragare senza poter più risalire a galla, carcere per claudicare e una volta per tutte dimenticare, non riuscire più a concepire l'esistenza del mare, tanto meno la possibilità di varcarlo... La mia vittoria, la mia vendetta. Camminare per strade sventrate, perché i tubi sono spaccati, schivando edifici pericolanti che cascano a pezzi tra negozi chiusi, mercati chiusi, cinema chiusi, parchi chiusi, bar chiusi che esibiscono a volte cartelli (giustificazioni), CHIUSO PER RINNOVAMENTO, CHIUSO PER RIPARAZIONI. Quali riparazioni? Quando finiranno queste riparazioni, questi lavori? O perlomeno, quando avranno inizio? Chiuso, chiuso, tutto chiuso ... Arrivo, apro i vari catenacci, salgo di corsa la scaletta improvvisata. Ed è lì ad aspettarmi. Le tolgo la fodera e ne contemplo la fredda struttura impolverata. Ne pulisco con le palme il dorso, la base, i lati. Mi siedo disperato, felice, davanti a lei, sfioro con le dita i tasti, e tutto subito si mette in moto. Il tic tac, la musica comincia, poco a poco, poi più rapida e ora velocissima. Pareti, alberi, strade, cattedrali, facce, spiagge, celle, notti stellate, piedi scalzi, pinete, nuvole, centinaia, migliaia, un milione di pappagalli, sgabelli, un rampicante, appare tutto, tutto arriva, tutti si danno convegno. I muri si allargano, il tetto scompare e navighi, navighi, navighi trascinato, sollevato in alto, salvato, protetto da questo suono cadenzato, da questa musica, questo tic tac ininterrotto. La mia vendetta, la mia vittoria ... Corpi incrostati di escrementi, bambini sprofondati nella melma, mani che frugano nella merda. Mani, migliaia di mani, tonde, sottili, tozze, ossute, di dorso, di palma, unite, protese, aperte, serrate, che grattano capelli, testicoli, braccia, spalle, che schiaffeggiano, si sollevano, si abbattono inerti, nere, gialle, livide, di cera, diafane, rugose e sbiancate da giorni e giorni di fame; gonfie, martoriate dalle percosse per aver tentato di afferrare una razione di cibo fuori dal recinto, dove ora le autopattuglie circolano avanti e indietro munite di altoparlanti che tuonano minacciosi: "Chi vuole consegnarsi alle autorità cubane può farlo e ritomerà,a casa propria". E giorno e noue, giorno e notte gli spari, la sete, le minacce, la fame, i pestaggi. E ora, all'improvviso, iltemporale, l'acquazzone che placa la polvere, annebbia alberi, automobili; casematte e unità militari, i soldati in assetto di guerra che ci circondano ... Il tipico acquazzone di primavera, imprevisto, torrenziale. Alcuni cercano di ripararsi con le mani, altri inclinano sul petto la testa come se cercassero rifugio in se stessi. Molti, addÒrmentati, continuano il loro sonno, l'acqua gli scorre sulla fronte, sulla faccia, sugli occhi chiusi, senza riuscire a svegliarli. Altri fanno il tentativo di accovacciarsi cercando riparo sotto i vicini, ma li assale una valanga di proteste, spintoni e qualche calcio tirato nel mucèhio. Approfitto della sorpresa, dello stato quasi di calma provocato dal temporale per farmi largo e osservare le facce inondate dalla pioggia, i corpi contratti e scossi da brividi, nella speranza di trovartì. So che sei da qualche parte qui intorno, forse a pochi passi da me. "Vogliono farci arrendere per fame, malattia, terrore. Anche questo temporale, certamente l'hanno scatenato loro, è un loro espediente", dice una donna impazzita sotto il diluvio, mentre traccia nell'aria segni di croce e strani gesti ... E tomo, dopo aver fatto il pieno di rabbia, di paura. Corro per le sordide scale, apro la sfilza di catenacci e mi precipito con il cervello in fiamme nello stanzino improvvisato. Il mio tesoro, cerco il mio tesoro che mi accingo ad accrescere, la mia vendetta, la mia vittoria che è andata ingrandendosi e ora non ha più dieci, venti, cento pagine, ma centinaia. Centinaia di fogli rubati al sonno, agli incubi, .a] riposo, alla paura, combattuti a pugni col calore, coi rumori della strada e dei vicini; in una feroce lotta contro le zanzare, l'odore (anzi gli odori) pestilenziali che vengono dal basso, dall'alto, da ogni piano, ogni luogo. Migliaia di pagine conquistate al pianto infernale di bambini che sembrano averlo concentrato non appena mi siedo davanti alla tastiera. Pagine e pagine che hanno avuto la meglio contro televisori, giradischi, radio, transistor, marmitte rotte, strilli, salti, sciacquoni, visite indesiderate, continui black-out... In lotta con l'oscurità, veloce, sempre più veloce, prima che loro tomino, per spuntarla contro il buio ... E di nuovo il trambusto, luci, fari, razzi che esplodono da ogni lato, illuminando la Quinta I}. venida e tutta 57
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