Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

che afferra qualcuno, lo lancia in aria, lo riafferra per rilanciarlo, è un poliziotto infiltrato, dicono, che stava tentando di togliere dall'asta la bandiera del Perù. E adesso migliaia di braccia, di pugni serrati, di persone fuori di sé gli piombano addosso lanciandoselo come uno straccio. "Linciatelo, giustiziatelo, strappategli i coglioni", gridano, e l'uomo scompare, inghiottito da questa marea di disperati finché viene scagliato fuori dal recinto, dove continuano gli spari, ora contro gli alberi, in aria, contro le auto che da distanze considerevoli e a gran velocità tentano di rompere la barriera e avvicinarsi. Raggiungo la zona più convulsa, mi guardo intorno, spintono, continuo a cercare tra le facce stralunate, tra i corpi svenuti per la fame o le percosse, tra quelli che dormono in piedi ... Ma niente, non ci sei, non ti vedo, eppure lo so, sono certo che sei a pochi passi da me e stai a tua volta cercandomi. Siamo qui, qui dentro, anche se non siamo ancora riusciti a trovarci, tra le minacce, gli spari e il fetore che diventa . sempre più insopportabile, gli scoppi d'ira, i pestaggi, le riss~ che · la disperazione, la fame e questa calca scatenano, ma perlomeno ora è possibile gridare, gridarlo ... Andar via, andarsene, ecco il problema. Prima era stato ribellarsi, nascondersi, lottare, diventare indipendenti, ma ora niente di questo era più possibile, non perché si era ottenuto o non ve ne fosse più bisogno, ma perché non era il caso di concepire ad alta voce, e nemmeno sottovoce, idee simili, e così seguitiamo a parlare tra di noi, passeggiando guardinghi lungo il Malec6n quasi deserto, sebbene non siano ancora le dieci di sera. Il problema non è dire "bisogna andarsene". Lo so quanto te, diceva l'altro, il suo amico. La questione è come uscire di qui. Sì, diciamo, come riuscirci. Su uno o due pneumatici di camion ricoperti da un telo, dici tu, e un paio di remi. Lanciarsi in mare. Non c'è altra via d'uscita. È vero, è vero, dicevo io, è l'unica soluzione possibile. Io, mi dici, posso procurarmi i pneumatici e il telo. Tu devi nasconderli nella tua stanza. La mia famiglia non deve sapere niente. Ma il più difficile non è questo, dicevi. C'è l'altro aspetto. I controlli. Sai che ci sono controlli dappertutto, che di notte non ci si può nemmeno avvici- . nare alla spiaggia. La cosa più difficile è propdo raggiungere la costa con i pneumatici, i viveri e qualche bottiglia d'acqua. Sì, dicevo io, è vero. Bisogna innanzitutto esplorare il terreno, fare dei sopralluoghi, individuare il punto migliore. Mi hanno detto dalle parti di Pinar del Rfo, dicevi, là le correnti sono più forti, possono trascinarci, portarci al largo. Qualche imbarcazione ci raccoglierà. In mare aperto sono obbligati a farlo, qualcuno ci vedrà e ci prenderà a bordo. Ma ascolta, dico io, potremmo essere raccolti da una nave russa, o cinese, 6 cubana, e ritrovarci qui, non più sul Malec6n a passeggio, ma in galera ... Ora stanno affibbiando cinque anni per questi che loro chiamano espatri illegali, dici tu. E quelli legali? chiedevo io. Se volessimo andarcene, potremmo forse farlo tranquillamente come succede in qualsiasi posto del mondo o in quasi tutti? Certo che no, dicevi. Ma sono loro a fare le leggi e a sbatterci in galera ..È vero, dicevo io. Il problema non è solo raggiungere la costa, ma la costa di fronte. Arrivarci, in un qualsiasi modo, ma arrivarci. Senza che loro si accorgano che stiamo ventilando di tagliare la corda. Loro, loro, dicevo io. Ma per quanto stiano ali' erta, non possono prevedere ogni mossa; anche se vivono solo per questo, non possono controllarci, starci alle calcagna ogni secondo. Forse, dicevi, hai ragione. E durante STORIE/ ARENAS il ritorno (nella stanza era meglio non parlare di queste cose) studiavamo i dettagli del piano, la fuga, le varianti, ma ora è di· nuovo scomparsa, la furba si è rinfilata con un guizzo tra gli escrementi. Mi è riscappata mimetizzandosi. Tra la folla si sente uno strillo. Una donna saltella istericamente, portandosi le mani alle coscie. "Una bestia, una bestia", dice, "mi è entrata addosso una bestia". E continua a dimenarsi, finché le esce dalla gonna. Eccola là che riprende la corsa, cambia colore e cerca di nascondersi, la maledetta, tra le scarpe e i piedi infangati, si arrampica su una gamba, salta su una schiena infilandosi tra colli sudati, sopra il tumulto di corpi che ripiegando formano in terra un ammasso. Anch'io ci passo sopra, calpestando la faccia di qualcuno (una donna, un bambino, un vecchio, non so) senza forza per lamentarsi, e proseguo ora· a quattro zampe, scatenando ogni tanto una valanga di improperi, calci, spintoni, senza mai perderla di vista, ormai a distanza ravvicinata ...Ma loro, effettivamente sì, controllavano tutto, osseryavano e ascoltavano tutto. Prevedevano tutto. Perciò arrivarono molto presto. Scesi in fretta pensando che eri tu. Invece erano loro. E tutto in quel momento si svolse, accadde come se fosse già accaduto. Tante volte avevo pensato (l'avevo atteso), avevo calcolato che sarebbe potuto succedere, e ora che FotoPublifoto(do Gli uominidel comunismo, De Agostini 1974) 55

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