SCIENZA/BERT reditus. Va avanti, ritorna, poi va più lontano, poi due volte meno, poi più che mai ..." (Pens. 319). · L'interazione, ii rapporto tra il tutto e le parti che Desèartes vedeva in termini di scomposi.zione/ricomposizione di una macchina, di un orologio, in Pascal è pienamente compresa nel suo significato moderno, e valutata in termini potremmo dire sostanzialmente biologici: "Le parti del mondo hanno tutte un tal rapporto, tali concatenazioni l'una con l'altra che credo impossibile conoscere runa senza l'altra e senza il tutto( ...). Occorre, per conoscere l'uomo, sapere perché_ha bisogno , d'aria per vivere; e per conoscere l'aria occorre sapere perché essa è legata alla vita dell'uomo (...) Quindi, essendo tutte le cose causate e causanti, aiutate e adiuvanti, mediate e immediate, e tutte collegate da unlegame naturale e insensibile che lega tra loro le più lontane e diverse, ritengo impossibile conoscere le parti senza. conoscere il tutto quanto conoscere il tutto senza conoscere le singole parti" (Pens. 84). · · È il linguaggio attuale della complessità, che si ricollega a un aspetto che Mayr ritiene fondamentale nella biologia moderna: "Se ci volessimo chiedere quale sia l'elemento più tipico dell'attuale ricerca evoluzionistica dovremmo usare il termine interazione". Interazione tra l'individuo e l'ambiente, e non solo l'ambiente inanimato ma gli altri individui della stessa specie e di specie diverse, animali e vegetali. Interazione anche a livellointracellulare: - · "ognì tratto.ereditato è determinato non solo da un qualche gene, ma dal loro aggregato totale, dal loro complesso." Tutta questa variabilità, questa incertezza, questa impredicibilità della natura non possono che lasciare l'uomo solo e sgomento. "Noi voghiamo - dice Pascal - su di un mare (milieu) vasto, perennemente incerti e fluttuanti, spinti dall'una all'altra parte. Ogni termine al quale pensiamo di ormeggiarci e di fissarci vacilla e ci abbandona; e se lo seguiamo si sottrae alla nostra presa, scivola via e fugge in un'eterna fuga. Niente si ferma per.no~:questo è il nostrostato naturale e tuttavia il più contrario alle nostre inclinazioni: bruciamo dal desiderio di trovare un assetto stabile e un'ultima base sicura per edificare una torre che si eleva all'infinito; ma ogni nostro fondamento cede e la terra s'apre fino agli abissi". (Pens. 84) Una natura senza leggi, dunque, dove la conoscenza oggetti va, vanto della nostra scìenza razionale, si rivela insufficiente, se non teniamoconto del complesso sistema di.interazionicui nonpossiamo sottrarci. La,natura pascaliana è d'altra parte un concetto più che una realtà: "L'abitudine è la nostra natura( ..) ma che cos'è la natura? Ho una gran paura che questa natura sia anch'essa una prima abitudine, così come l'abitudine è una seconda natura" (Pens. 120). Davanti a questa solitudine angosciosa qual è il compito dello scienziato? Su questo punto sembra che Monod (1970) non si discosti da Descartes: la ricerca della verità, con i mezzi di cui disponiamo: la ragione e l'esperienza. Afferma Descartes: "Coloro che ricercano la retta via della verità non devono occuparsi di alcun oggetto di cui non possano avere una certezza uguale a quella delle dimostraziopi dell'aritmetica e della geometria" (Règle Il). Analogà fiducia nella "retta via" in Monod: "la natura è oggettiva, la verità della conoscenza non può trarre origine che dal confronto sistematico del1aragione e dell'esperienza"; e anche per 34 Monod non ci sono dubbi che il linguaggio della natura sarà, in ultima analisi quello della chimica e della fisica. Pascal ci crede poco: "l'uomo è così felicemente costruito che non ha alcun principio vero e ne ha molti ottimi falsi( ...) nulla gli mostra la verità, tutto lo inganna( ..) La ragione e i sensi, oltre che mancano di per sé di sincerità, si ingannano a vicenda l'uno con l'altro." (Pens. 92) E la guerra (per Pascal inconciliabile) tra esperienza e ragione è la principale causa di errore. I sensi, la memoria, l'immaginazione, le abitudini sono "facoltà ingannatrici" (puissances trompeuses) e la ragione da sola non basta. Il concetto di "verità scientifica" ci riporta al problema delle "leggi". Come osserva Mayr "nell'ambito delle scienze fisiche, se una legge è valida per un particolare insieme d1fen()meni, essa è di solito valida per tutti gli insiemi simili.( ...) In biologia, dove ci si imbattein un così gran numerodi fenomeni unici edovepraticamente tutte le cosiddette leggi hanno eccezioni, la credenza nella universalità delle leggi ha condotto, invece, a molteplici generalizzazioni non valide e a controversie". L'unicità è caratteristica di · moltissimi sistemi complessi, e le generalizzazioni possono avere un senso solo se formulate in termini probabilistici. Di qui l'importanza della statistica nella biologia moderna; il rischio è che, attraverso la statistica, ricompaia lo spettro del "tipo medio", cioè di fatto dell'essenza platonica. Qualche sospetto in questo senso esiste: ad esempio la tendenza ad applicare dati epidemiologici (cioè statistiche su popolazioni) direttamente ai singoli individui, ciò che è logicamente privo di senso. Analogamente molti farmaci (il cui dosaggio "medio" è calcolato dai produttori per essere efficace in un individuo "medio") risultano spesso sovradosati per i soggetti reali (Lancet 9.2.91). Per Descartes come per Monod la verità è una: lo scienziato si trova quindi a dovere compiere scelte definitive, anche esistenziali, una volta per tutte, per quanto ciò possa essere doloroso e fonte di angoscia. Un tale atteggiamento porta spesso a conflitti infiniti ed esasperati tra ipotesi scientifiche, che talora possono essere fruttuosi, ma più spesso allontanano i risultati. Così ad esempio a proposito delconcetto di "specie". La lotta (scientificamente corretta) contro I' essenzialismo portò molti scienziati a praticare un nominalismo estremo e improduttivo: le specie sono fla~us vocis, raggruppamenti arbitrari, in quanto esistono solo gli individui. Questa ripresa a livello scientifico del medioevale scontro tra nominalisti e realisti era basata su falsi presupposti. In realtà esisteva una terza via, come è evidente dalla attuale definizione di specie: "Una specie è una comunità riproduttiva di popoJazioni, isolate riproduttivamente dalle altre, che occupa una nicchia specifica in natura" (Mayr). Le specie pertantò esistono, senza che ciò riproponga in alcun modo concetti_come "essenze", "idee" o "universali". Proprio questa incapacità, diffusa non solo tra gli scienziati, di vedere una terza via, un nuovo livelfo di conoscenza che esca dalle regole arbitrariamente stabilite, è- secondo Mayr - un ostacolo al progresso scientifico. '"Molte delle controvèrsie di lunga durata della scienza furono determinate dall'incapacità degli avversari di vedere che due punti di vista contrapposti non esauriscono tutte le alternative esplicative possibili".
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