Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

SCIEN~/BERT Ora, la moderna sintesi evoluzionistica si basa su due principi: varianza e selezione naturale. È sulla variazione individuale che si basa tutta l'evoluzione: la selezione può, appunto, "scegliere" i fenotipi più adatti (nel senso che lasciano una maggiore discendenza) proprio perçhé non e istono, nemmeno all'interno della medesima specie, due individui identici (se si eccettuano i gemelli monoovulari). Contrariamente a quanto un pensiero ingenuamente deterministico induce a credere, la natura è in continua modificazione: è la cultura se mai a essere tendenzialmente invariante. Alla sostanziale unicità biologica fa riscontro la notevole somiglianza se non identità tra gli individui per quanto riguarda ideologie o principi, pregiudizi o convinzioni: il conformismo non è un carattere biologico ma una scelta di vita, e non sempre obbligata. · In altri termini, gli uomini non nascono. uguali, e la biologia non fornisce appoggi alla teoria dell'eguaglianza sociale. La confusione (o l'arbitraria estrapolazione di concetti) può portare a risultati esiziali. È interessante osservare che la Déclaration des droits de l 'homme et du citoyen (26.8.1789) proclama, correttamente che "les hommes sont (...) égau~ en droits_;, Di "égalité des droits" parla anche la Costituzione del 1791. Nella costituzione del 1793 (anno I) invece compare un cambiamento radicale: "to.us les hommes sont égaux par la nature et devant la loi". Nel 1795 (anno III) la natura fortunatamente sparisce: "L'égalité consiste en ce que la loi est la meme pour tous". Nel cuore del popolo però, (e nel cervello di molti intellettuali) la definizione giusta resta quella del 1793: ricordiamo i versi, un po' agghiaccianti, cantati sull'aria della Carmagnole: "Il faut raccourcir les géants/ et rendre les petits plus grands/To~s à lameme hauteur/Voilà le vrai bonheur" ... Commenta sconsolato William Bateson "neppure nelle opere della pat1istica compaiono fantasie così lontane dalla verità fisiologica come quelle che i razionalisti dell'Enciclopedia adottarono a fondamento dei loro schemi sociali". Sembra oggi alquanto necessario un modo di pensare autenticamente biologico, non semplificato, non cartesiano, non basato su implacabili "leggi di natura", per allontanare l'orrore di quel "raccourcir les géants et rendre les petits plus grands": orrore che persiste nella nostra cultura. Varianza non significa gerarchia. Da parte di molti non biologi, troppo spesso Darwin è ancora confuso con Spencer, autore, come nota Mayr, di nessun interesse per la biologia se non fosse che "le sue idee furono molto più vicine di quelle di Darwin alle false interpretazioni popolari". "La sopravvivenza del più adatto", "la lotta per la vita", la natura con unghie e artiglì, il pesce grosso che mangia quello piccolo ... A causa di questa confusione c'è stato chi ha descritto Darwin come un fautore del capitalismo, delle spietate leggi del mercato e così via. Mayr cita al proposito l'affermazione di uno studioso marxista secondo cui "Darwin e Wallace estesero l'etica capitalìsta del laissez-faire dalla società alla natura intera per fondare una Weltanshauung a partire dall'utopia sostenuta dai nuovi capitani di industria". Sciocchezze: non esistono indicazioni né tanto meno prove in questo senso. È vero invece che darwinisti, marxisti (e cartesiani) sono spesso assai più limitati, rigidi e ideologici dei loro 32 modelli. In verità è lo stesso Darwin ad annotare "mai dire superiore e inferiore"; e "il più adatto" in termini evolutivi non è necessariamente né il più forte né il più bello né il più intelligente ma, semplicemente, quello in grado di assicurare una discendenza più numerosa. Se dovesse sopravvivere solo il fenotipo "migliore" in termini estetici, muscolan o intellettuali non avremmo Andreotti, che in fondo è il prezzo da pagare per dimostrare la falsità della pseudoeugeneticarazzista. È ancora Mayr a ricordarci che i concetti biologici portati fuori dal contesto a cui si riferiscono vanno presi con molta cautela (io direi decisamente scartati). Un rischio che non corrono soltanto i fautori del liberalismo più sfrenato o i razzisti ma anche, sul versante opposto, taluni ecologisti militanti che, ahimé, riscoprono al pari di Descartes le "leggi di natura", concepite per di più in senso normativo, e minacciano punizioni e cataclismi a chi le viola. Torniamo ora a una formulazione cartesiana che, sotto forma di quello che Mayr definisce "riduzionismo esplicativo" è ancora dominante nel pensiero scientifico ingenuo. Si tratta della convinzione che per comprendere il tutto sia necessario analizzarlo nelle sue componenti. Ne sono tuttora convinti molti biologi molecolari e genetisti, soprattutto se di estrazione fisica, chimica o matematica. Un approccio del genere è del tutto improduttivo quando applicato a fenomeni complessi: "Nei fenomeni più comuni, e probabilmente più importanti della vita le parti costituenti sono così interdipendenti che esse perdono il loro carattere, il loro significato, e invero la loro autentica esistenza quando .sono separate dal tuttci funzionale.( ...) È quindi essenziale investigare le situazioni in cui parecchi sistemi interrelati funzionano in modo integrato" (R. Dubos, Man Adapting, 1965).

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