VERITA 1·v1ROSIMIGLIANZA · Pascal, Descartes .•. e la storia della biologia cli Mayr Giorgio Bert · È uscita finalmente in italiano (ottobre 1990, ed. Bollati Boringhieri) la Storia del pensiero biologico (in inglese, meglio, "crescita del pensiero biologico") di Emst Mayr, uno dei grandi protagonisti della "sintesi evoluzionistica" degli anni Trenta e Quaranta. Si tratta di un'opera fondamentale non solo per il biologo ma anche (e forse soprattutto) per lo studioso del pensiero occidentale: la biologia si avvia infatti a diventare quello che è stata la fisica fino alla· prima metà di questo secolo: la scienza dominante, quella da cui può nascere probabilmente la _vera rivoluzione scientifica. Lo straordinario sviluppo di concetti come ecologia, etologia o complessità nell'ultimo decennio ne costituisce certamente un segnale. · È difficile· valutare appieno l'influenza che il pensiero di Descartes (e la successi va sintesi newtoniana) ha avuto e continua ad avere sull'immaginario scientifico occidentale. E certo non può essere sottovalutato l'aspetto rivoluzionario, in pieno XVII secolo, della regola cartesiana di "non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi essere tale con evidenza". È il libero esame contro l'autorità; la ragione contro i sillogismi; la base necessaria per la ricerca scientifica moderna. In certo qual modo, Dio viene allontanato dalla natura, dove restano a rappresentarlo le leggi divine che la regolano. Indagare queste leggi non è quindi orgoglio empio e blasfemo ma, al contrario, ricercare il progetto divino e, in certo qual modo, dimostrare con la sola ragione che Dio deve esistere. Mettere in luce, nel linguaggio /lineare e perfetto della matematica, l'armoniosa perfezione della natura significa glorificare in essa il creatore. · Sfortunatamente proprio in queste radici del pensiero cartesiano si annidano gli elementi che hanno, per quasi tre secoli, respinto . la biologia (il termine stesso è ottocentesco) e la medicina ai: margini della scienza. Componens mysteria naturae èum legibus matheseos recita l'iscrizione tombale di Descartes; proprio questa convinzione che la scienza si esprima in linguaggio matematico avrà un'influenza deleteria sul pensiero biologico, destinata a durare fino ad oggi. La natura cartesiana, prodotta da Dio, è "perfetta e interamente compiuta nel contesto dell'universo. Poiché Dio non è soggetto a cambiamenti, anche la natura è, per quanto possibile, invariante, ciò che permette di riconoscerne le leggi e di concepire quindi l'esistenza di un Legislatore. Il linguaggio semplice e essenziale della matematica è quindi il più adatto a descrivere ciò che è vero. Il probabile, il verosimile, esistono, certo, ma "par conjecture", e "ne nous rendent pas plus savants" (Règle Xli). Semplificare, dividere le difficoltà in particelle sempre più piccole, ricomporre l'unità a partirè dagli elementi più semplici e secondo un ordine logico: ecco le basi del pensiero scientifico. E, per quanto riguarda l'uomo, separare nettamente il corpo, un automa, una m_accbina(come automi e macchine sono gli animali), dall'io pensante, indivisibile e non oggetto di studio se non nei suoi rapporti col corpo. Lo studio del corpo, l'anatomia e la fisiologia, è quindi (e tale rimane negli attuali ordinamenti universitari) la base della medicina, perché perfino lo spirito dipende dal temperamento e dalla disposizione degli organi, così che "se è possibile trovare qualche mezzo che renda gli uomini più saggi e più abili di quanto non sono stati finora, credo che esso. vada trovato nella medicina". (Disc. VI parte), scienza peraltro della complessità, e pertanto "dubbiosa e incerta" (Med. I). L'anima è infatti in parte influenzata dal corpo: è ben di qui che nascono le passioni; se questa macchina, questo "orologio" non è a punto l'anima stessa ne risente. La nascita del pensiero biologico, quale ce la presenta Mayr, è la storia di un lungo, faticoso cammino, pieno di deviazioni e di strade cieche, per liberarsi dal pensiero cartesiano e trovare un .metodo scientifico proprio. Liberarsene amalincuore, ovviamente, in quanto gli studiosi della vita condividevano spesso le_idee e i principi della scienza cartesiana; di qui il conflitto tra i fatti e lo sforzo di fare quadrare quei fatti con i principi dai quali, assai più che nel caso delle scienze fisiche, sembravano divergere. Unmondo inprincipio invariabile, sottomesso a leggi definibili in termini matematici che permettono previsioni attendibili: questo il mondo della scienza da Descartes in poi; un mondo che, almeno fino a questo secolo coincideva con quello della fisica. Un mondo dove i.Itutto poteva, anzi doveva essere scomposto in parti. per capirne il funzionamento; un mondo da orologiaio, deterministico, essenzialista, reversibile. Di qui lo sforzo continuo da parte di coloro che studiavano le scienze della vita di introdurre in·qualche modo matematica nèi loro modelli. Qu11ntoai fisici, osserva Mayr, essi guardavano (e in parte guardano ancora) alla biologia come a una pseudoscienza, solo parzialmente sperimentale; una disciplina da "collezionisti di francobolli", essenzialmente osservati va e classificatoria, parente più della storia che della scienza vera e propria. Donde un certo complesso di inferiorità da parte di biologi e medici quando non potevano tradurre le loro ipotesi in numeri o in esperimenti; e questo nonostante, come osserva Delbrtick, non vi siano "fenomeni assoluti in biologia: ogni cosa è vincolata al tempo e allo spazio. L'animale, la pianta o il microrganismo sono solo un anello della catena evolutiva delle forme in cambiamento, nessuna delle quali ha alcuna validità permanente" (cit. da Mayr). In biologia, in altri termini, non esistono leggi ma fenomeni, concetti. Nulla è stabile né reversibile. Quanto al "tipo medio", all' "essenza" che ha dominato da Platone in poi il pensiero occide~tale, essa non ha senso in un campo dominato dall'unicità e dalla variazione. E sull'essenzialismo Mayr scrive alcune delle sue pagine migliori. Proprio l'idea dell'invariabilità dell'essenza, del tipo, che domina la scienza occidentale e che Descartes non pone in discussione, si avvera essere il peggior ostacolo al progresso biologico. Quello che il biologo essenzialista vede è la "scala naturae", in cui gli organismi sono disposti dai più semplici ai più complessi in una catena armoniosa secondo le leggi del Creatore, non la comparsa o l'estinzione delle specie o il trasformarsi dell'una nell'altra. Per l'essenzialista non è concepibile una discendenza comune, e la variazione apparente tra individui di una stessa specie è puramente accidentale. La natura provvede comunque a eliminare gli ·individui eccessivamente devianti proprio per mantenere l'invarianza del "tipo medio" che, a livello di essenza, è assolutamente stabile. 31
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