Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

un tale progetto, perché permette alla macchina di adattare la sua potenza alle diverse situazioni ambientali. Proprio questa caratteristica aveva indotto negli anni Venti W. Cannon a comprendere, sulla scia di Claude Bernard, padre della moderna fisiologia, il metabolismo di un organismo in base al principio della regolazione termica, gettando in tal modo nuova luce sulla meravigliosa capacità di un organismo di mantenere costante la propria temperatura corporea a dispetto di tutte le avversità esterne.L'ecologia· raggiunse u·nasimile visione dell'organismo negli anni Quaranta e Cinquanta, allorché G. Hutchinson e il suo allievo H. Odum interpretarono le comunità vegetali e· animali come· sistemi autoregolantisi che, in presenza di influenze avverse provenienti dall'esterno, si stabilizzano per mezzo di meccanismi di autoconservazione. Lo studio dei meccanismi di regolazione era dettato dall'interesse di poter prevèdere la reazione di ecosistemi nei confronti di disturbi ambientali. La seconda versione della teoria degli ecosistemi, quella bioeconomica, trae la propria plausibilità dall'aspetto termodinamico della metafora della macchina. Così come una macchina trasforma carburante fossile in calore e questo, a sua volta, in energia cinetica, questa versione· considera le comunità vegetali e animali alla stessa stregua di sistemi di trasformazione del1'energia che lungo una catena alimentare estremamente articolata trasformano ·l'energia solare in energia chimica, termica o cinetica. Per una posizione di questo tipo, il nodo centrale consiste nello stabilire il rapporto tra input e output energetico per poter fare affermazioni circa l'efficienza della conversione energetica. Nello stagno di J unge, per esempio; la luce del sole viene catturata dalla microflora del fondale del lago, dal plancton e dalle piante lacustri, per essere convogliata sotto forma di alimento vegetale a rane e pesci, e in un secondo tempo sotto forma di alimento a base di carne a cicogne o aironi. A ogni tappa di questo ciclo, tuttavia, si disperde gran parte dell'energia iniziale; solo una minima parte di essa viene utilizzata, e anche i processi di crescita, . autoconservazione è attività degli organismi stessi richiedono la loro parte. Questo rapporto fra input solare e output di biomassa è variabile; secondo il "maximum power principle" di H. Odum, in determinate condizioni ambientali gli ecosistemi tendono nel corso della loro evoluzione a un utilizzo ottimale dell'energia solare. Nella versione termodinamica della teoria degli ecosistemi l'attenzione è rivolta non tanto alla facoltà di un sistema di ovviare a perturbazioni quanto alla sua facoltà di minimizzare l'entropia. L'ecosistema inteso come categoria ,netafisica Fu nel corso degli anni Sessanta, inizialmente soprattutto negli Usa, che l'idea dell'ecologia uscì dai propri confini e abbandonò le facoltà universitarie per penetrare alla fine persino nella coscienza dell'uorriÒ della strada. Una concezione scientifica assunse le dimensioni di una Weltanschauung, un termine tecnico assurse a insegna di un movimento sociale. Come si spiega questa consonanza tra scienza e movimento di protesta? Che tipo di esperienza storica si insediò nel mondo dei termini tecnici? Qualunque fossero i diversi aspetti del movimento ecologista, tutte le sue manifestazioni erano attraversate da una comune nota SCIENZA/SACNS di fondo: la preminenza del tutto al di sopra del perfezionamento delle parti. Sia che la polemica vertesse sull'energia atomica, sull'agricoltura industriale o sulla chimica, sotto accusa era sempre l'intensificazione unilaterale della produttività, che non si curava dei costi accollati alla natura o alla società. Si scoprivano effetti collaterali per ogni dove, e ovunque veniva110denunciate le responsabilità per tali relazioni. Dal momento che il segreto del successo delle moderne istituzioni è racchiuso nel perseguimento di uno scopo specifico nel modo più efficiente, esse sì mostrano strutturalmente indifferenti rispetto a effetti secondari. La protesta si indirizzò contro un tale difetto strutturale del mondo moderno, reclamando quindi, in prima istanza, attenzione per l'insieme. Non c'è da meravigliarsi se nell'ecologia la protesta e la scienza si trovarono solidali. L'ecologia non aveva forse fatto valere sempre le sue istanze antiriduzionistiche? Non aveva forse perseguito programmaticamente, da tempo, l'indagine sull' interdipendenza degli effetti? Il desiderio di unire ciò che è separato, di guarire quanto è stato lacerato - questa aspirazione alla totalità trovò nell'ecologia un linguaggio convincente, perché questa scienza era stata a sua volta influenzata profondamente dall '.eredità romantica. La scienza ecologica diventò lo schermo su cui si proiettava la protesta antimodernista, essendo essa stessa nata da una simile tradizione. Così la protesta si poté associare alla scienza. In un simile carattere ibrido dell'ecologia va individuata - come fa rilevare L. Trepl - la chiave per il successo. storico del movimento. Esso riuscì a condurre la critica alla modernità in nome dell'ultima istanza stessa del mondo moderno, la scienza. Il punto di contatto fra la cerchia dei biologhi specialisti e il resto della società fu stabilito dal concetto di ecosistema. A. Tansley, nel suo orto sperimentale di Oxford, non si era certo potuto immaginare la straordinaria ascesa del suo concetto a slogan. del secolo; non è affatto esagerato affermare che tale concetto potrebbe diventare una C,:\tegoria-chiave nella Weltanschauung dominante alla fine del secolo. A ben vedere, il fenomeno non sorprenderebbe più di tanto, perché questo concetto ha tutte le carte in regola per svolgere un simile ruolo. Possiede una portata di dimensioni universali, non limitandosi a tener conto. di piante e animali - come già il concetto "comunità vivente" -ma essendo in grado di includere anche, da un lato, la natura inanimata e, dall'altro, l'uomo. La sua profondità di campo, poi, è regolabile a piacere, ragion per cui il concetto è applicabile a qualsiasi ordine di grandezza: gli ecosistemi sono presenti in ogni dimensione, dalla cellula fino al pianeta, racchiusi uno nell'altro come bambole russe, dal piano microscopico fino a quello macroscopico dell'occhio del satellite. Gli ecosistemi sono a dir poco onnipresenti e si prestano come chiavi universali per la comprènsione dell'ordine del mondo naturale. Anzi, essi non solo assurgono a simboli di ordine, ma addirittura a simboli della vita. Finiscono per essere interpretati quali ecosistemi tutti quei complessi processi di scambio reciproco da cui dipende la sopravvivenza di un gruppo di esseri yiventi. Perturbazioni eccessive - così afferma perlomeno la visione ecologista del mondo - minacciano di lacerare tessuti vitali. Ne consegue che questo concetto si presta a meraviglia a farsi carico di ogni sorta di ansia vagante; ecosistemi stabili giungono a 27

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