LA NATURA COME SISTEMA Per una critica dell~ ecologia · Wolfgang Sachs traduzione di Anna Martini Lichtner Una settimana fa, durante l'ultima tappa della tradizionale marcia della pace da Perugia ad Assisi, mentre salivo lentamente su per la collina fino alla basilica, mi resi conto, più o meno all'altezza di san Damiano, che una conferenza che si rispetti, incentrata sul tema dell'ecologia, deve necessariamente partire da san ·Francesco. Non certo per presentarlo come campione dell'amore cristiano per la natura, bensì per il fatto che a mio avviso san Francesco e i frati francescani rispecchiano a meraviglia la doppia faccia dei movimenti contestatori. San Francesco è l'emblema della prima grande protesta contro la nascente societ~ mercantile: l'abbandono del commercio paterno, il rifiutò volontario dell'accumulazione e la speranza in un dissenso d'élite possono essere letti come un primo tentativo di far valere una diversa logica sociale. Rimane da appurare se questa sua impresa abbia avuto successo o sia semplicemente fallita. A mio avviso, è vera sia l'una sia l'altra ipotesi. Per un verso, il suo esempio ebbe un effetto dirompente: in men che non si dica il suo movimento impresse all'intera cristianità una straordinaria spinta progressista, ispirando nei secoli seguenti tutte le grandi campagne a favore della gente minuta e dei poveri di questa terra; a tutt'oggi i sostenitori francescani della teologia della liberazione rappresentano la cattiva coscienza della Chiesa.D'altro canto, la protesta di san Francesco rese ancor più forti proprio quelle potenze contro cui si era sollevato: il suo movimento fu cooptato come ordine religioso, la· sua predica in favore della povertà spianò la strada a una pastorale della devozione per la borghesia urbana, e i dissidenti si ritrovarono nelle missioni dell'America latina quali araldi della potenza della chiesa. In retrospettiva, vittorie e sconfitte si alternano: san Francesco rivela la breve distanza che nel destino dei movimenti sociali separa i trionfi dalle tragedie. Ai nostri giorni, il movimento ecologista presenta una ambiguità simile. Da un lato esso ha rovesciato alcuni assiomi profondamente radicati nell'era industriale, ha aperto situazioni conflittuali fino a quel momento impensate e prodotto nuove forme di sensibilità. D'altra parte, anche gli attuali poteri puntano sulla · mobilità e sulle riforme: l'industria scorge nella coscienza ambientalista una diversificazione della domanda, la politica trova nuovi ambiti di intervento, mentre la scienza traduce l'ansia derivata dalla situazione di crisi in necessità di ricerca e finanziamenti. Il significato del termine "ecologia" sta lentamente assumendo un nuova connotazione; parole d'ordine che un tempo venivano agitate dalla base in segno di protesta contro un'élite si abbattono sempre più spesso dall'alto sopra le teste dei cittadini. L'ecologia si trova oggi - in parte, naturalmente - nella fase di passaggio da disciplina dell'opposizione a disciplina della classe · dominante. Sul piano epistemologico vorrei rendere comprensibile un tale rivolgimento mediante l'analisi del mutamento di concetti quali "ecologia" ed "ecosistema" da categorie dell'opposizione a categorie del potere. L"'ecologia" raduna sotto la sua insegna gli elementi più disparati: occupazioni di aree edificabili e simulazioni al computer, attivismo politico e perfino una disciplina accademica. Quale concetto peculiare dello spirito di un'epoca, l'ecologia è nata da un connubio tra protesta e scienza. Se da un lato il movimento d'opposizione opera contro la tecnica e la razionalità scientifica, dall'altro è proprio da quest'ultima, da una disciplina scientifica, che deriva i suoi concetti-guida. Il movimento ecologista si presenta come un movimento di critica alla modernità che non si richiama, con1e taluni suoi precursori, a un dogma, a un'estetica o al Medioevo, bensì all'istanza principale della modernità, la scienza stessa. Ne consegue che la chiave per la comprensione della trasformazione da sapere protestatario in sapere egemonico va ricercata nell'ambivalenza, per nori dire nella contraddittorietà, dei concetti-guida. Ripercorrerò la storia della scienza ecologica per cercare di scoprire come mai a essa possano attingere tanto una critica della modernità quanto un dominio della natura nella sua più ampia accezione. La coloritura romantica dell'ecologia Ascoltiamo per esempio Friedrich Junge, un maestro di campagna che in un suo compendio del 1885 a uso dell'insegnamento scolastico rese popolare la visione ecologica della natura. Junge accompagnò i suoi allievi (e i lettori) fino allo stagno del paese, dove mostrò loro il bacino d'acqua e la sabbia, richiamando la loro attenzione sui salici, gli ontani, le canne, le ninfee e le alghe, spiegando loro le caratteristiche delle tinche, delle sanguisughe, delle rane, degli spinarelli, delle anatre, delle cicogne e delle rondini. Ed ecco che cosa gli premeva maggiormente: "Consideriamo lo stagno come un insieme. Così come l'animale è composto da singoli organi che nella loro totalità formano la creatura intera e così come, similmente, la pianta è articolata in singoli organi - ·allo stesso modo anche lo stagno dispone dei suoi organi. Sono gli animali, le piante e la materia non organizzata ... Così, l'esistenza di un essere superiore dipende in sostanza da quella di uno inferiore che gli deve essere sottomesso, e anzi la creatura più sviluppata dello stagno, l'animale, dipende in ultima analisi dalle sostanze non organizzate che rendono possibile l'esistenza della flora; sono infatti questi gli apparati che trasformano la materia inorganica in una struttura complessa di cui vivono gli animali ... In questo senso formano tutti un'unità." Il titolo del libro di Junge, Lo stagno come comunità di vita, annuncia programmaticamente quel modello di percezione che Junge intende promuovere: la natura, nella sua molteplicità e complessità, si compone di insiemi integrati. Risulta subito chiaro come alla base di una simile percezione si trovi uno schema mentale tipico della tradizione romantica, risultante da due assiomi: "Il luogo crea la comunità" e "La comunità sostiene gli individui". Mentre la scienza classica di impronta newtoniana postulava un'omogeneità di spazio nella quale i luoghi venivano definiti solo in quanto punti d'intersezione di linee geometriche, il pensiero romantico insisteva sul fatto che i singoli luoghi presentano una loro specifica qualità e una loro propria consistenza. Nel concetto di "paesaggio", per esempio, che fu all'origine di un' altra disciplina di ispirazione romantica quale la geografia, prese consistenza il concetto di uno spazio qualitativamente articolato. Alexander von Humboldt, di cui Junge descrisse fra l'altro la 25
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